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«Quando lo vedrò, farò in modo che non potrà più camminare sui suoi stessi piedi», afferma autoritario Nathan mentre cerca di sistemarsi la cravatta al collo.

«Non lo farai perché, come ti ho già detto mille volte ieri, d'ora in avanti ce ne occuperemo io e te soltanto», ribatto dal bagno dove sto cercando di truccarmi in fretta per poter indossare il mio vestito per il ballo.

Se non si fosse capito, ce l'ha a morte con l'investigatore ma anche con se stesso perché, se avesse saputo dell'amicizia con suo cugino, ne avrebbe cercato subito un altro.

«Adesso ci manca anche che conosca l'avvocato», mormora sbuffando prima di togliersi violentemente la cravatta e lanciarla altrove nella stanza.

Io rimango ferma qualche secondo sull'uscio della porta comunicante tra il bagno e la nostra camera ad osservare quella scena prima di entrare in azione per cercare di calmarlo.

«Nathan, siediti per favore», lo invito a fare posando le mani sulle sue spalle in modo delicato nel disperato tentativo che si tranquillizzi.

Quando si arrabbia, diventa una belva. Tuttavia, ci stiamo lavorando su ed è già migliorato.

«Facendo così vuole rubarti a me, vuole conquistarsi il tuo cuore», esclama furioso mentre riesco a fargli prendere posto sul nostro letto.

«Ma non lo farà perché conosco i suoi trucchetti grazie a te e perché tu sei l'unico per me», cerco di rassicurarlo accarezzandogli il viso ormai rosso prima di chinarmi e raccogliere la povera cravatta da lui maltrattata.

«Questa sera non lasciare mai il mio fianco», il suo è più un comando che una proposta.

Io, intanto, faccio scivolare di nuovo il tessuto stretto attorno al suo collo per fargli il nodo.

«Neanche per andare al bagno? Lo sai che i gemelli si divertono con la mia vescica», chiedo ridacchiando prima di sistemargli per bene la cravatta sotto il colletto della sua camicia bianca e di stirare quest'ultima con le mie mani.

«No, altrimenti se mi incazzassi chi bloccherebbe la mia furia omicida?», risponde alzando un sopracciglio prima di unirsi alla mia piccola risata.

Le sue mani finalmente tornano al loro posto sui miei fianchi e mi stringono forte.

«Tu pensa a noi tre e vedrai che ti calmerai subito. Non ti vogliamo venire a trovare in prigione», gli consiglio afferrandogli dolcemente il viso per lasciargli un tenero bacio a stampo che, però, nel giro di pochissimo si trasforma in un bacio più che appassionato.

Infatti, senza quasi accorgermene, mi ritrovo distesa sul letto con Nathan sopra di me, intento a liberarmi dai miei pochi indumenti.

Tuttavia, per quanto allettante sia tutto ciò, lo costringo a fermarsi.

«Amore, devo ancora prepararmi», ammetto guardandolo dal basso mentre con il pollice traccio distrattamente la curva delle sue labbra. «Non vogliamo rovinarci il fine serata anticipando così, giusto?», il mio sorriso è certamente malizioso, proprio come quello che vedo formarsi sul volto di Nathan.

«Sbrigati a vestirti o non riuscirei a fermarmi», sussurra al mio orecchio con voce roca, facendomi rabbrividire tutta e non poco, prima di liberarmi dalla sua presa.

«Ti odio, vieni subito qui», mormoro non resistendo al suo fascino e alle sue tentazioni, mentre lo trattengo su di me tenendolo con una mano dietro il suo collo.

E così finiamo per liberarci una volta per tutte dei nostri vestiti, anche della cravatta che con cura gli ho annodato al collo. Tuttavia, non mi lamento perché mi ha permesso di sbottonargli la camicia e rivelare ai miei occhi per l'ennesima volta il ben di Dio che si nascondeva sotto.

Legame di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora