Il viaggio in macchina dall'appartamento del mio capo fino alla casa dei suoi genitori, nonché miei futuri suoceri, è talmente silenzioso da essere più rumoroso del traffico che si irradia per le strade della città. Ho le orecchie talmente indolenzite che addirittura mi fischiano.
a rincarare la dose, ovviamente, c'è il forte imbarazzo che in questo momento sto ancora provando dopo il mio ingresso in casa Wood.
È servito un buon quarto d'ora prima che smettessi di piangere e singhiozzare, ma soprattutto per convincermi a prepararmi e a pensare che stia facendo la cosa giusta.
L'idea che io stia mettendo a repentaglio la mia vita non vuole abbandonare il mio cervello. L'unica cosa che difende le mie scelte è l'immagine dei miei genitori che, nella mia mente, balena ogniqualvolta abbia la necessità di quietare i sensi di colpa che mi affliggono.
Seduta sul sedile del passeggero anteriore, sistemo il gomito alla portiera imbottita per poi appoggiare il mento sul palmo della mia mano, rigorosamente velato da un lungo guanto nero. Guanto che sono obbligata a indossare in quanto voluto da Nathan, così come l'intero outfit che a malapena mi permette di respirare.
L'abito, dello stesso colore scuro, possiede un corpetto che, da quanto stringe il busto, non sembra esser stato creato per un essere umano ma per una bambola. Anche indossarlo non è stato facile, specialmente alzare la zip dietro la schiena, ma piuttosto di farmi toccare dalle mani del mio "fidanzato" con cui ha toccato un'altra ho preferito aggiustarmi saltellando di qua e di là nel tentativo di chiuderla.
Mi chiedo se sia veramente necessaria tutta questa messa in scena, specialmente perché non mi sento a mio agio nei panni della ragazza benestante e frivola, quale non sono. Del resto, il mio stato d'essere consiste nell'umiltà e nel duro lavoro, non nella comodità di chi è abbiente.
«Cosa ti passa per la mente?», chiede all'improvviso Nathan riportandomi così alla realtà.
Subito mi accorgo che non ci troviamo più nel centro della città ma nella sua periferia, più precisamente tra le campagne.
«Nulla», mento nella speranza di chiudere lì la conversazione ma invano.
A volte mi sembra di chiedere troppo.
«Se non lo stessi facendo, allora il tuo volto non assumerebbe le sembianze di chi sta spremendo troppo le meningi a forza di pensare e pensare», risponde subito il mio capo per poi aggiungere «quindi, dimmi che cosa ti turba e non mentirmi mai più perché altrimenti ci saranno delle conseguenze».
Conseguenze? Ma di che cosa sta parlando? Mi ha preso per un oggetto?
La paura di essermi cacciata in guai più seri di quanto credessi comincia a farsi sentire nel momento in cui lui pronuncia quelle parole, portando così il mio cuore a battere più forte nel petto e scatenando un'ondata di ansia talmente violenta che si propaga in poco tempo in tutto il mio corpo.
«Mi stavo chiedendo come comportarmi questa sera», ammetto ma senza far affiorare troppa verità, e Nathan sembra abboccare.
«Stai sempre vicina a me e sorridi, ma non parlare se non quando interpellata», consiglia il ragazzo senza distogliere lo sguardo dalla strada davanti a sé. «Ai miei genitori non piace essere interrotti», specifica ancora, il che mi porta ad accumulare altra ansia che cerco di mandare giù senza che sia troppo evidente.
Peccato che si tratti di un pessimo boccone che fatico a ingoiare.
«Da come sono vestita deduco che non sopportino nemmeno chi indossa abbigliamenti più comodi», mormoro rendendomi, però, conto solo dopo aver aperto bocca di aver detto un qualcosa che avrei dovuto tenere solo per me. Infatti, Nathan mi lancia immediatamente un'occhiataccia che parla da sola e che mi mette a tacere all'istante.
STAI LEGGENDO
Legame di sangue
ChickLit[COMPLETA] Olivia Green è una ragazza orfana di madre e di padre, coinvolti in un incidente stradale quando ancora era piccola, ma questo di certo non l'ha fermata dal realizzare i suoi sogni. Lasciata Boston, si trasferisce a New York dove intrapre...