II

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I troppi pensieri

🧠

Cloe

Il buongiorno si vede dal mattino? No, non credo. La mia mattina è partita malissimo.
I corvi hanno deciso di fare -di nuovo- le loro feci sui miei vetri, per non parlare del fatto che oggi ci sia il sole.
Si esatto, non mi piace per niente. Amo la pioggia più di me stessa.

La macchina del caffè non funziona e, per lo più, non c'è manco una bustina di tè.

Dopo aver fatto una serie di respiri mi faccio coraggio ed esco di casa per andare a vedere com'è messo il giardino.
Le foglioline verdi sono un po' umidicce, penso che abbia piovuto sta notte.
Ci sono alcuni fiori qua e là, non credo che qualcuno ci abbia mai messo mano..
'E se lo sistemassi io?'

I fiori mi hanno sempre appassionato, mi ricordo che mia madre mi portava sempre un mazzo di fiori al mio compleanno.
Ogni anno erano sempre diversi, sia come colore, che come tipologia.
Erano a dir poco stupendi.

A volte mi sembra ancora di rivedere il suo sorriso, i suoi occhi o le sue labbra mentre si muovevano in un piccolo canto.
Io suonavo e lei cantava. Eravamo solo io e lei.

L'aria londinese inizia a farsi sempre più fredda così, con una piccola pacca sulla spalla d'incoraggiamento, inizio a correre fino a varcare la soglia di casa.
Ed ecco che inizia a piovere.

~

L'ora di pranzo si avvicina e il mio stomaco piano piano si sta chiudendo, male, anzi malissimo.
Dovrei mangiare e prendere peso, e ne sono consapevole, ma.. Oh, diamine!
Non so manco io come esprimermi, mi sento come un piccolo insetto che cerca di arrampicarsi sull'albero e poi qualcuno lo lascia cadere giù per divertimento.

Io odio il silenzio, o meglio mi piace, ma non riesco a starci. Devo sentire delle voci o della musica, qualunque cosa basta che mi distraggo. Meno penso e meglio é.

La Tv accesa nella sala mi sta tenendo compagnia da circa due ore, fino a quando il campanello decide di interrompere questa mia tranquillità. Mi alzo, e la prima cosa che faccio è andare in cucina per prendere un mestolo, non si sa mai, magari è un serial killer.
Apro la porta e mi ritrovo davanti un fattorino delle consegne. 'Io non ho ordinato nulla'.

«Cloe Miller?» annuisco alla sua domanda concentrandomi sull'enorme pacco alle sue spalle.

«Questo è per lei» dice facendo arrivare dei signori per aiutarlo a mettere l'enorme pacco in casa. Io in tutto ciò sono ferma immobile davanti all'ingresso con un mestolo in mano.

Li ringrazio e chiudo la porta alle mie spalle.

'Sembra quasi un pianoforte'.
'No, non può essere quello che penso'.
Mi avvicino a tutta quella massa di cartone osservandolo per bene.
Con gli occhi vicino all'etichetta per vedere se c'è scritto che cos'è.
'Pianoforte nero lucido, Steinway'.

«COSA!? Come ci è arrivato fino a qui?»
mormoro facendo risuonare la mia voce tra le pareti di questa casa.

Questo è il pianoforte che mi regalò mia madre quando avevo sette anni.
Era nella nostra vecchia casa a Chicago e separarmene è stata una vera tortura.
Pensavo addirittura che mio padre l'avrebbe venduto ad un prezzo basso pur di toglierselo di torno. E invece no... è qui con me. Non penso sia merito suo, proprio per niente ma.. chi lo sa. Mai dire mai.
Mi avvicino a questo ben di Dio osservandolo da tutte le sue angolazioni.
Non appena apro la parte superiore noto un bigliettino all'interno.

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