XV

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Una settimana

🕰️

Cloe

La pioggia, anzi, il diluvio universale, si sta versando sulle strade di Greenwich.
Il lavoro di questa settimana è stato non difficile, di più. Ogni giorno arrivavano più di cento chiamate a testa e, tra tutti, ne siamo usciti esausti. Però, devo dire, che il tempo è volato - fortunatamente-.

Alcuni lividi se ne stanno andando definitivamente dal mio corpo mentre altri ci stanno mettendo più tempo. Ancora non sono riuscita a guardarmi allo specchio, specialmente con questi segni in faccia, mi fanno ribrezzo.
Tre giorni fa ero a casa di Isabel, eravamo tornante assieme dall'azienda, oltretutto, sotto il comando di Mister Gelosia, ovvero Alexander. Voleva assicurarsi che tornassi a casa con qualcuno e, questo qualcuno era proprio Isabel.

Quel pomeriggio, io e Isabel, abbiamo chiacchierato e sistemato un po' il giardino visto che, Alexander, si diverte ad allenarsi sopra i fiori. Abbiamo preso un té assieme e ci siamo raccontate le trame di alcuni libri o meglio, questo finché non abbiamo visto arrivare suo figlio con la camicia insanguinata.
Isabel si è alzata di corsa dalla sedia per andare a chiedere spiegazioni, mentre io.. ero terrorizzata.
Ero rimasta sulla sedia ad osservarlo e, lui, stava facendo lo stesso.

Mi sentivo come se stessimo comunicando mentalmente. I suoi occhi mi stavano dicendo di stare tranquilla ma, il linguaggio del suo corpo, diceva tutt'altro.
Le mani gli tremavano come se la cosa fosse successa da poco mentre, la sua bocca mi sussurrava parole dolci.
Era tutto agitato, stava iniziando a sudare freddo. Si stava sentendo un mostro.

Isabel e io abbiamo parlato a lungo di ciò che era successo qui, a Greenwich, prima del mio arrivo. Mi ha raccontato di tutto ciò che il suo ex marito le, e gli faceva.
Si era iniziato ad allenare per quello, per proteggere sua mamma.

E, in quel momento, si stava sentendo come suo padre.
'Non lo sei.. e non lo sarai mai'

In quel momento mi sono resa conto di come un essere umano possa pensarsi.
Tanti di noi, a volte, si immaginano per quello che non sono. Le nostre menti viaggiano, viaggiano facendoci creare degli scenari immaginari. Ci descrivono a loro piacimento senza pensare a come noi potremmo vivercela.
Male. Questa è la risposta.

E questo, è quello che Alexander ha vissuto, si è definito un mostro per molti anni.
E se lui dovesse essere veramente il mostro.. allora è il mio mostro.
Il mio piccolo mostriciattolo..

Non appena Isabel si è spostata, lui, lentamente, è venuto verso di me. Cercava di non fare passi bruschi per non spaventarmi ma, non sa che non è lui la causa dei miei problemi. Sono i miei problemi che infieriscono su di lui, io vorrei solo viverlo per come è realmente.

«Stellina..» mi aveva sussurrato

«È tutto ok, è.. tutto ok» mormorai alzandomi dalla sedia per andare a prendere del disinfettante

Lui mi seguì senza fiatare, probabilmente pensava che ce l'avessi con lui.. ma non era così.

«Cloe, scusami davvero io-» mormorò nel mentre che si sedeva sopra la tavoletta del wc.

«Non sei un mostro» dissi schietta pentendomi subito dopo di ciò che avevo appena pronunciato

«Tu e mia mamma avete..» feci un piccolo cenno con la testa.

«Non sei un mostro, Alexander. Non lo sei» mormorai cercando di trattenere una lacrima

Presi un piccolo pezzetto di cotone e glielo passai.

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