Capitolo 7

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Enea saluta e spegne il telefono. Respira lentamente.

"Allora? Mi dici che ti ha detto il dottore?", gli chiede sua madre comparendo come un razzo sulla porta.

Enea chiude gli occhi e si volta. "È tutto ok", e sorride alla madre. Poi si infila la maglietta ed esce dal bagno.

Sua madre Viola lo insegue fino in camera. "Non ti ha detto nient'altro?"

Enea prima di rispondere si strofina i capelli bagnati con l'asciugamano. "No, tutto normale. Ora però devo scappare. Arrivo tardi all'esame."

Enea velocemente si infila il maglione, prende lo zaino ed esce in quella giornata grigia. Durante il viaggio pensa se la batteria del suo computer reggerà.

Una volta arrivato in Università parcheggia. Corre sotto la leggera pioggia ed entra nell'edificio più grosso. Cammina veloce tra i corridoi, saluta diverse persone, ne ignora altre e si infila in una grossa aula bianca fresca di tintura. Sceglie un posto, appoggia il computer e si infila gli occhiali da vista. Ha caldo quindi si leva il maglione e rimane in maglietta. Si fissa per qualche secondo i tatuaggi che ha sul braccio senza guardarli per davvero, finché la schermata si illumina.

"Allora sei pronto?"

Enea solleva lo sguardo. "Me la sto facendo sotto."

"Non dirlo a me, stamattina ci sono andato tre volte", e Leonardo si siede poco distante.

Enea fruga nello zaino per cercare il caricabatteria. "Non sono riuscito nemmeno a ripassare stamattina."

"Figurati io, ero sul cesso."

"Sto computer del cazzo ha la batteria fuori gioco ormai."

"Ti ho mai detto che sembri uno sfigato con quel catorcio."

"Disse quello che il mese scorso non passava dalle porte."

"Che stronza."

Poco dopo parte un pesante brusio e la professoressa di anatomia patologica si siede alla cattedra.

Quella sera appena arrivato a casa, Enea entra in camera e si butta sul letto. Fissa il soffitto per qualche secondo, ha la mente vuota. Gira la testa a destra chiudendo gli occhi. Apre gli occhi per poi richiuderli e riaprirli. Guarda il disegno colorato appeso. Ettore e Andromaca.

Poi si alza in piedi veloce, va in bagno e sul water inizia a pensare all'esame di anatomia. Dopo averlo ripercorso mentalmente tutto, pensa di averlo fatto bene, molto bene.

Lentamente si spoglia. Si esamina le croste vicino alla clavicola dell'ultimo tatuaggio fatto. Si infila sotto la doccia. Una volta finita esce e si asciuga velocemente.

Decide di radersi la barba ormai lunga. Così davanti allo specchio inizia, i peli cadono nel lavandino e sul torace ancora nudo. Abbassa lo sguardo e ride, vedendo i peli dritti come dei moncherini. Che bastardi, ricorda. Quei bastardi sono i suoi amici che l'hanno costretto a radersi anche i capelli a seguito di una partita persa due settimane prima.

Inizia a pulire il lavandino dalla barba ormai perduta e gli si irrigidiscono i capezzoli. Enea ha freddo, quindi si infila le mutande ed esce dal bagno. Sembra aver perso cinque anni in un colpo e questa cosa lo inquieta.

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All'interno del pub sta suonando un gruppo rock. Il ragazzo alla chitarra è molto bravo, gli altri lo seguono mediocremente. Il cantante è intonato, ha una voce secca, quasi adolescenziale. La canzone parla di amore e di sesso con una prostituta ed ascoltandola Enea, senza volere, pensa all'ultima volta che ha fatto sesso, una settima fa. Si ricorda che l'orgasmo di lei era stato più precoce e rumoroso del previsto. Per lui invece era stato meccanico e accontentabile, ma se lui fosse stato la ragione femminile si sarebbe sentito sicuramente poco accontentato. Avevano interrotto la loro conoscenza con un svogliato messaggio quel pomeriggio stesso.

"Vieni alla partita sabato?", gli chiede Thomas.

Enea si distrae dalla canzone. "Ti ho già detto che non riesco, mi dispiace."

"Ma tutti i sabati ci vai?"

"È volontariato, solo quelli che mi va", precisa.

"Che palle!"

Enea si gira verso di lui. "La prossima volta non vi bidono, promesso."

L'amico sospira. "Vammi a prendere un'altra birra allora e paga tu."

Enea si gira serio e con una vocetta castrata riproduce una cantilena. "Ok, basta che non ti arrabbi patatino", e se ne va.

Intanto Thomas gli urla dell'idiota. "Ti piacerebbe avere una che ti chiami così, invece ti tocca ammazzarti di seghe!"

Enea non si volta, trattenendo una risata.

Una volta arrivato a casa saluta i suoi due cani che stanno dormendo in salotto, Tempesta e Mistica. Lento arriva in cucina e silenziosamente divora un panino placando la fame chimica.

Va in camera e mette su della musica, Alborosie. Il giorno dopo è venerdì e deve andare in Università per parlare della tesi con il suo relatore, ma non ha assolutamente sonno. Si mette così a disegnare. Continua quel disegno che ha ormai iniziato da mesi. Con la mina morbida ombreggia quella astrusa forma tonda. Quella forma tonda che intuitivamente non è poi così astrusa, Enea la trova solo impalpabile. Traccia le ultime linee di contorno e fissa il suo operato. Quanto odia i perfezionisti ossessionati, eppure lui è proprio così a volte.

Lentamente cancella tutto. Enea butta la gomma che cade per terra e stringe la matita forte. Rimane fisso a guardare il naso e le labbra già segnate. Capisce che quest'ultimi sono venuti al mondo, ma gli occhi sono assolutamente in un altro dove. Dopo diversi minuti, inizia a sentire la stanchezza. Abbandona così la matita sul tavolo.


Quando il cuore franaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora