Capitolo 18

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Enea finisce di asciugarsi i capelli e si veste velocemente. Deve andare in Università ed è in ritardo. Troppi pensieri sotto la doccia.

Dopo essere stato due ore in ufficio dal suo relatore, esce sfinito. Infatti, il professore gli ha fatto cambiare l'impostazione della tesi, per la terza volta.

"Ehi", sente alle spalle.

Enea si gira lentamente. Merda, pensa.

Beatrice si avvicina quasi saltellando. "Ciao", lo saluta.

"Ciao."

"Come stai? Mi hai riconosciuta al primo colpo questa volta?"

Enea annuisce, facendo cadere involontariamente gli occhi sul seno di lei. Educatamente risponde. "Sto abbastanza bene, super indaffarato con la tesi. Te come stai?"

Lei si fa seria. "Non mi hai chiamata", dice di getto ignorando la domanda.

Enea si gratta la testa nervoso. "In effetti no."

"C'è qualche problema? Non mi piacciono le cose non dette", e Beatrice si toglie gli occhiali rimanendo tutta orecchie.

Enea sospira. Leonardo lo prenderebbe a pugni in quel momento. Ha tentato per giorni a convincerlo a non farsi sfuggire quella occasione.

"Guarda che è una figa. Hai visto che tette? ", gli aveva detto l'amico.

"Sai che ho incontrato la ragazza mora quella sera. Finalmente", gli aveva risposto Enea.

"Ma non hai capito che è una figa di legno quella."

Enea aveva scosso la testa ridendo. "Tu non hai idea di come mi sento", gli aveva risposto sincero.

Leonardo gli aveva tirato un pugno prima di mettersi a sbraitare. "Tu non hai idea di come mi sento io, ma te lo dico. Incazzato perché non capisci niente."

Enea si schiarisce la voce, allontanando i discorsi dell'amico dalla sua testa. Non vuole essere scortese, ma le parole escono da sole. "Mi dispiace, ma ho per la testa qualcun altro."

Beatrice spalanca gli occhi. "Ah! Potevi dirmelo subito", riesce a dire prima di andarsene scrollando la testa adirata.

Un barlume di colpa si fanno strada in lui. E quella sera confessa a Leonardo quello che è successo.

"Sei uno scemo! Ti sei lasciato sfuggire quella tettona per una che manco ti caga. Quasi quasi ci provo io", gli risponde Leonardo con un messaggio.

Enea evita di pensare che in effetti erano passati undici giorni e lei non si era fatta viva. "Il numero non te lo do. Glielo devi chiedere tu", digita.

"Adesso ho capito finalmente che sei un amico di merda. Non le dico di certo che me l'hai dato tu!"

"Ma lo capirebbe subito, non è mica scema. Non mi va di fare ancora di più lo stronzo."

"Infatti non sei stronzo. Sei coglione", e Leonardo aggiunge al messaggio una immagine di un cavallo.

Enea scoppia a ridere. Leonardo odia i cavalli da quando, durante una esercitazione del terzo anno, aveva preso un morso da un puledro. Gli avevano dovuto dare sei punti di sutura.

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Quella stessa sera Andrea sta leggendo il libro ingiallito che ha comprato fuori dall'ospedale.

"...All'idea di tornare a casa si opponeva un sentimento di vergogna, in contraddizione coi sentimenti migliori che si affacciavano alla mia mente. E tosto pensai alle risate dei vicini, alla mia vergogna di rivedere non solo i miei genitori ma chiunque altro. A questo proposito, spesso in seguito avrei avuto agio di osservare quanto sia incongrua e irragionevole l'indole dell'uomo, specie quando è molto giovane, quando è posta davanti ai principi della ragione che dovrebbero guidarla per il meglio in circostanze del genere. L'uomo, cioè, non si vergogna di peccare, ma si vergogna di pentirsi; non si vergogna di commettere un'azione per la quale, e giustamente, verrà giudicato uno sprovveduto, ma si vergogna di recedere, comportandosi nell'unico modo idoneo a conferirgli reputazione di saggezza..."

Andrea si appoggia il libro aperto sulla pancia e inizia a fissare il soffitto Lei ha paura dell'atto di prendere delle decisioni, non del pentimento. Una cosa strana.

Dopo pochissimo, la sua mente inizia a spostarsi da quello che ha appena letto per tornare nuovamente a quella sera a Parma. Quegli occhi elettrizzati le riappaiono davanti come due lucciole enigmatiche. Sarà la decima volta che succede.

Tutte le sue amiche le dicevano di provarci, perché se lo merita. E perché è la vita. Tuttavia, Andrea non sa se si sente pronta. Ha paura di soffrire e di far soffrire. Ha paura di rischiare e ha paura di aprirsi. Ma sa anche che è proprio la paura che l'ha tenuta in bilico su un filo immaginario per mesi. E questa cosa non le sta più bene.

Ma in quel momento voglio solo lanciarmi, ripensa alla voce di lui. E dopo poco i suoi pensieri non sono più ricordi, ma diventano fantasie.

Si immagina come potrebbe essere fare sesso con una persona diversa da Edoardo, l'unico con cui sia mai stata. A come deve essere Enea completamente nudo. A come può piacergli fare sesso, se lentamente godendosi ogni percezione o con passione mordendo ogni sensazione. Magari entrambi.

La porta si spalanca e suo padre entra in camera. Andrea sussulta dallo spavento.

"Erano pronti i risultati dell'elettroencefalogramma?", le chiede suo padre.

"Sì, tutto a posto. Potevo anche evitare di farlo", risponde ripensando al malessere che le aveva procurato.

"Con il senno del poi sono tutti più bravi", e suo padre se ne va con un sorriso, richiudendo la porta alle sue spalle.

Andrea fissa la porta, per poi riprendere a leggere.

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Il mattino seguente Enea si sveglia grazie a una leccata sul naso di Tempesta.

Apre gli occhi a fatica. "Devi andare fuori?", chiede al cane che gli scodinzola davanti. "Che palle", ed Enea con un mugugno si alza, indossa la tuta tirandosi su il cappuccio, si infila le ciabatte, prende il cellulare e una sigaretta.

"Dai tutte fuori a pisciare", dice aprendo la porta di casa. I cani schizzano fuori come saette.

Intanto che i cani annusano e girano per il giardino come se fosse un prato mai visto, Enea si accende la sigaretta e guarda il cellulare con ancora la vista annebbiata dal sonno. E in quel momento spalanca gli occhi.

"Ciao, sono Andrea", ha scritto un numero sconosciuto all'una di quella notte.

Enea rimane impietrito e poi l'eccitazione gli arriva fino alla punta delle dita dei piedi. "Sì cazzo!", urla lanciando un pugno per aria sorridendo.

Il suo vicino di casa si gira e lo guarda male. "Non avrà mica vinto l'Inter ieri sera?", chiede il vecchio.

Enea continua a sorridere come un ebete e distrattamente risponde. "Ha perso Giorgio. Ormai quest'anno lo vincete voi lo scudetto."

"Sì cazzo!", esclama il vecchio.


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