Capitolo 22

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"Andrea smettila di piangere per favore."

Al suono di quelle parole, continua singhiozzando ancora più forte.

Suo padre le mette una mano sulla spalla non sapendo cos'altro fare. "Non devi disperarti così. Non riesci nemmeno a respirare."

"Non ci riesco", balbetta lei dopo qualche istante e affonda il viso nella manica del pigiama.

Valerio sospira massaggiandosi le tempie. "Vedrai che ne uscirà."

Andrea emette un altro singhiozzo prima di urlare. "E come?!"

"Con le medicine si riprenderà. Te lo prometto", le risponde cercando di nascondere la sua poco convinzione per quella insignificante risposta. Sa che non dipende da lui.

"Non ci credo", sussurra subito Andrea ricoprendosi il viso paonazzo e bagnato con la maglia.

Suo padre sente che sta ricominciando ad avere le palpitazioni, come la mattina prima mentre fissava il vuoto, sopraffatto dai pensieri, aspettando il suono della sveglia. Distoglie così lo sguardo da sua figlia, cercando di allontanare il panico. Vorrebbe piangere anche lui tutta la sua ansia e amarezza, ma sente che non può permetterselo.

Quel pomeriggio Valerio aveva tirato diversi pugni al volante prima di rientrare in casa. Aveva gridato tutta la sua rabbia in quella macchina. Aveva fissato la porta di casa sua come se fosse la porta per l'inferno invece che la porta per un luogo sicuro.

Vedere sua moglie immobile come un'ameba e sapere che dentro a sua figlia si stava rompendo qualcosa per sempre, senza che potesse evitarlo, era davvero la dannazione per lui. Le persone a cui voleva più bene al mondo, si stavano sgretolando davanti ai suoi occhi e lui con loro.

"Senti Andrea, tua madre è depressa. Te l'ho già detto e dobbiamo cercare di farci forza per lei. Lo psichiatra le ha dato dei farmaci che la faranno stare meglio. Purtroppo le cose non accadono solo agli altri, ma io e te non possiamo permetterci di colare a picco."

"È una stronza", sussurra lei provando per la prima volta in vita sua dell'odio.

Valerio scatta in piedi e tira un pugno contro l'armadio. Andrea sussulta ancora più sconvolta. Suo padre respira forte fissando il pavimento, cercando di allontanare la rabbia, la frustrazione, la miseria per quella situazione.

Dopo qualche secondo ritorna composto, ignorando il suo cuore pronto per scoppiare, e si gira verso sua figlia con lo sguardo più dispiaciuto di sempre. Si sente uno stupido uomo umiliato.

Andrea lo fissa con gli occhi rigati di rosso e ricolmi di lacrime che non smettono di nascere. Guardandola, Valerio si sente morire. Si sente il padre e il marito peggiore di sempre. Sua madre, se fosse ancora viva, lo detesterebbe per quel gesto irascibile e inutile. E in quel momento, sente che gli manca come non mai.

"Mi dispiace papà", mormora Andrea alzandosi dal letto.

"Anche a me", e Valerio abbraccia sua figlia senza più trattenersi. Anche per lui le lacrime iniziano a scivolare fuori. Vorrebbe aggiungere che ha bisogno del suo aiuto per andare avanti, ma non lo fa.

"Non è giusto ridursi così", mormora Andrea pensando che non lo sia per nessuno, né per lei, né per suo padre e nemmeno per sua madre.

Valerio ripensa a un mese prima, quando sua moglie gli aveva comunicato dell'aborto provocato da una stupida caduta lungo le scale. Non si sarebbe mai aspettato quell'effetto su Ginevra. Chissà quanto quei sensi di colpa dovevano aver viaggiato nella sua testa, azzannandola. E mai si sarebbe aspettato quelle conseguenze per tutta la sua famiglia. Eppure un essere vivente che non aveva ancora un'identità vera e propria, aveva partorito tutto quel dolore, collera e rammarico. Valerio prova perfino disgusto per se stesso, perché poteva evitare di scopare quella maledetta mattina di quattro mesi prima.

Per un attimo, pensa di confessare dell'aborto a sua figlia, ma le lacrime gli impediscono anche di respirare. Trattiene il fiato cercando di ricacciare indietro il pianto e cercando di normalizzare il suo cuore. Non glielo confesserà mai, pensando che quella informazione potrebbe solo peggiorare l'animo crepato di sua figlia.

Ma nel profondo sa che non lo fa soprattutto per il suo di animo, rotto in mille pezzi dalle conseguenze che non riusce a comprendere, cercando di difendersi con la scusa che è un uomo e che quindi deve essere forte per forza.

Quella notte Andrea proverà ancora più rabbia. La rabbia per quella situazione di merda, la rabbia per la malattia di sua madre e soprattutto la rabbia per il grandissimo dolore che prova suo padre. E il giorno seguente a scuola, penserà di avere un aneurisma celebrare, quando invece al pronto soccorso le spiegheranno che quello è stato il suo primo attacco di emicrania con aura.

"Ehi, è ora di riprenderti soñador!", esclama Achille allontanandola dal passato.

Andrea si volta fulminandolo con lo sguardo. "Non sapevo che sapessi lo spagnolo."

"Sto seguendo un corso online. Che stavi pensando?", le chiede lui appoggiando la macchina fotografica nella vetrina.

Andrea alza lo sguardo al cielo infastidita. "A niente di particolare."

"C'entra per caso un nuovo ragazzo? Di già."

Andrea spalanca la bocca incredula. "E se anche fosse? E parli proprio tu, quanti soldi devi sborsare per le tue ex mogli?"

Achille ridacchia eprende in mano una sigaretta dal suo pacchetto. "Come si chiama?"

"Non c'è nessuno."

Achille la squadra divertito. "Mmh ti ho vista ieri. Sorridevi da sola e controllavi il telefono in continuazione."

Andrea senza volere accenna un sorriso che sa solamente di ammissione. "Sai sto pensando di fare un viaggio. Un viaggio che mi consentirebbe di fare delle belle foto."

Lui la fissa per qualche secondo e fregandosene di essere ancora dentro il negozio, si accende la sua sigaretta. "È una buona idea."

Andrea lo guarda uscire dalla porta sul retro, in attesa. Dopo qualche secondo borbotta: "Figurati se mi chiedeva dove o quando."

In quel momento, Thomas tira una pallonata contro a Enea. "Giochi di merda oggi!", urla all'amico.

Enea solleva le spalle. "Si vede che non è giornata", infatti preferirebbe essere in canile e gli rilancia la palla con un palleggio.

Thomas si fa serio. "Non va con con quella ragazza che hai conosciuto?", gli chiede.

Enea sorride. "Il contrario."

"Com'è che si chiama?"

"Andrea Giulia."

"Quanti anni ha?"

"Ventitré."

"Finalmente hai smesso con questa mania di fare il toy boy."

Enea sorride. "Lei è diversa."

Thomas afferra la palla smettendo così di palleggiare. "Ehi non è che qualcuno sta iniziando a perdere la testa?"

Enea si guarda attorno e confessa. "Troppo tardi."

Thomas si avvicina senza smettere di ridere. "Sono contento per te cazzo", e gli tira uno spintone. "Quando vi rivedete?"

"Fra tre giorni", ed Enea sente l'emozione salire. Sente quella sfrenata voglia di contatto e sente che ha bisogno di aprirsi. Per la prima volta si rende conto che inizia ad avere una reale necessità di condivisione. Una condivisione carnale e intima che va dalle parole ai gesti. Una sensazione importante, importante come il potere della scelta.

"Descrivimela in tre parole", chiede Thomas curioso.

"Ci siamo visti poche volte."

"Dai fratello che non vedi l'ora di dirmelo."

Enea gli ruba il pallone dalle mani e lo osserva pensieroso. "Luminosa, enigmatica, attenta", e probabilmente ferita, vorrebbe aggiungere.

"Cazzo è l'opposto di te!", esclama Thomas.

Enea gli tira uno spintone. "Dai coglione riprendiamo a giocare che ti faccio il culo adesso."


Quando il cuore franaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora