Capitolo 19

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Enea è seduto sul letto e fissa la foto del profilo di Andrea su WhatsApp. È una foto di lei in un parco insieme e quelle che devono essere le sue amiche.

Una ha i capelli quasi totalmente rosa e nonostante debbano essere coetanee ha i lineamenti più maturi. Quella che doveva tenere in mano il cellulare al momento della foto è molto alta, con un fisico atletico e fa la linguaccia. Poi riconosce quella con il caschetto biondo che aveva visto in discoteca, la più in posa di tutte. Infine, si sofferma su Andrea. Porta una treccia di lato, ha un sorriso luminoso. È bellissima per lui.

"Ciao Andrea, come stai? Sono maledettamente contento che mi hai scritto", digita velocemente senza imbarazzo.

La sera prima, Andrea ha pubblicato come stato quattro foto. Un tiglio colorato d'autunno ripreso dal basso, due lepri con le orecchie dritte ai bordi di un canale, un minuscolo ragno dentro un papavero e la spiritromba di una farfalla appoggiata su una balla di fieno sotto il sole estivo. Enea pensa che le abbia scaricate da Internet.

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Andrea arriva a casa per pranzo imprecando.

"Cosa è successo?", domanda sua madre già a tavola.

"Il cellulare è deceduto per sempre", brontola.

"Ah."

"Lo stavo mettendo in tasca e mi è scivolato. Sta volta non ha retto allo schianto", risponde togliendosi la giacca. "Dopo il lavoro mi toccherà andare a comprarne uno nuovo", aggiunge sedendosi.

Andrea fissa per qualche secondo ogni forchettata di pasta prima di mangiarla, pensa a Enea. Gli avrà risposto? Fino a quella mattina alle nove non l'aveva fatto. Forse si è pentito? Ma Andrea si allontana velocemente da quelle domande. Infatti, si sposta nella sua camera appena finito di lavare i piatti. Davanti al computer inizia a guardare delle foto su internet del National Geographic. Sono quasi tutte foto dell'Africa.

Quel pomeriggio, Andrea esce dalla camera oscura. Si infila l'impermeabile, spegne le luci e chiude il negozio. Velocemente si tira su il cappuccio e corre sotto la pioggia verso l'auto.

Dopo quasi due ore è seduta sul proprio letto e sta tirando fuori il cellulare nuovo dalla scatola. Infila la scheda e preme l'accensione. Scarica le solite applicazioni e il telefono emette un suono. Apre esitando la terza riga e legge.

"Ciao Andrea, come stai? Sono maledettamente contento che mi hai scritto."

Rimane pensierosa, indecisa se rispondere. Si accende una sigaretta e poi digita una scontata risposta. "Sto bene. Tu?"

Dopo neanche dieci secondi il cellulare suona di nuovo.

"Adesso bene", risponde. "Ho atteso tutto il giorno", e aggiunge uno smile.

"Mi si è rotto il telefono e ho dovuto comprarne uno nuovo", digita lei sentendo di dover dargli una spiegazione.

E mentre attende una risposta, riguarda per l'ennesima volta la foto del profilo di Enea dove c'è lui su un campo da beach volley che gioca. È in costume da bagno, con una canottiera bianca che risalta l'abbronzatura scura.

"Belle le foto che hai pubblicato nello stato."

Andrea sorride senza accorgersene. "Sono mie", confessa.

"Sei una fotografa?!", chiede Enea con una voglia irrefrenabile di sapere ogni cosa.

Andrea è insicura su cosa rispondere e digita lentamente. "Direi di no. Lavoro in un negozio di fotografia e a volte accompagno il mio capo ai matrimoni per fare il servizio fotografico", poi spegne la sigaretta ancora a metà, in quel momento si sente come se non riuscisse più a fare due cose contemporaneamente. Si fa coraggio. "Tu invece che fai nella vita?"

Enea inizia a camminare per la stanza come un nomade. Freme perché finalmente lei sta iniziando a fare domande. "Mi devo laureare in veterinaria questa primavera."

I ricordi si impadroniscono di Andrea e stranamente si sente di condividerli. "Avevo un gatto fino all'anno scorso. L'aveva trovato mia madre in campagna, con una congiuntivite orrenda. Era parecchio stronzo. Sarò riuscita ad accarezzarlo al massimo dieci volte. Mi si è spezzato il cuore quando è morto."

"Come si chiamava?"

Andrea scoppia a ridere ripensando al suo gatto sempre pronto a graffiare. "Supertramp e a volte Superidiota"

Enea ha un sussulto e scrive velocemente una frase che gli è sempre rimasta impressa nell'anima dopo averla sentita la prima volta. Una citazione a cui ha pensato spesso dopo la morte di suo padre. "Nella vita quello che conta non è essere forti, ma sentirsi forti."

Andrea trattiene il fiato. Si sente come riflessa in uno specchio rotto. "Ho visto mille volte il film. A volte non è semplice sentirsi forti."

Enea smette di camminare. Fissa il vuoto, cercando di immaginare che mondo ci debba essere dentro a quella ragazza. E vuole guardarla in faccia quando esprime i suoi pensieri. "Possiamo vederci?", chiede.

Ad Andrea inizia a salirle il panico dallo stomaco.

"Di di sì", sussurra Enea in attesa. "Dai cazzo!"

Andrea fa un respiro e scrive. "Ok."

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Quella sera, sdraiata a letto sotto le coperte, Andrea prende in mano il libro e legge.

"... «Ebbene» disse Venerdì, «tu dici che Dio essere forte e grande. Ma allora essere più forte e potente del Diavolo?»

«Sì, Venerdì», gli risposi. «Dio è più forte del Diavolo, Dio si colloca al di sopra del Diavolo. Per questo noi preghiamo Dio di schiacciarlo sotto i nostri piedi, di aiutarci a resistere alle sue tentazioni e di spegnere i suoi dardi infuocati».

«Ma», obiettò Venerdì di rimando, «se Dio essere così forte, così potente, più del Diavolo, perché Dio non uccidere il Diavolo, così lui non poter più fare il male?». La sua domanda mi lasciò stupito e interdetto, e d'altro canto, sebbene fossi ormai un uomo anziano, come teologo ero tuttora un novellino, e abbastanza impreparato per fungere da casista e solutore di così ardue questioni. Sul momento feci finta di non aver capito e presi tempo chiedendogli che cosa avesse detto; ma lui era troppo ansioso di ricevere una risposta per rinunciare alla domanda, cosicché la ripeté testualmente usando le stesse parole zoppicanti che aveva usato un istante prima. Nel frattempo io mi ero ripreso e gli dissi: «Alla fine Dio lo punirà severamente; egli è riservato al Giudizio finale e verrà gettato nell'abisso senza fondo, a dimorare nel fuoco eterno». Questa spiegazione non parve soddisfacente a Venerdì, che riprese il discorso ripetendo le mie parole: «Alla fine... è riservato... non capire; ma perché non uccidere il Diavolo ora, perché non avere ucciso tanto tempo fa?»

«Alla stessa stregua tu potresti chiedere» dissi, «perché Dio non uccide me e te ogni qual volta noi lo offendiamo con le nostre male azioni. A noi viene riservata la possibilità del pentimento e del perdono». Venerdì meditò alquanto sulle mie parole; poi in preda ad una palese commozione esclamò: «Sì, sì, questo bene; così io, tu, tutti cattivi, tutti riservati, tutti pentiti. Dio perdonare tutti» ..."

Andrea chiude il libro, spegne la sigaretta e la luce. Prima di addormentarsi pensa che le persone sono la conseguenza del loro corredo genetico, dell'ambiente, di circostanze, di errori e di fortuna. A volte è una questione di punti di vista e in un certo senso si sente sollevata da questo. Sarebbe troppo spaventoso avere una linea che può dividere tutto in due parti, come la faccia di una moneta fatta cadere a caso. Lei non si sentiva né buona né cattiva, solo fallibile.

In quel preciso momento, Enea si sta esercitando dopo tanti anni. Ha tra le mani la sua chitarra acustica e per l'ennesima volta, suona lentamente Where is my mind dei Pixies. Inizia anche a sussurrare le parole sentendosi parecchio stonato e fuori tempo, ma non gli importa.

"Con i tuoi piedi in aria e la tua testa a terra. Prova questo trucco e ruotala. La tua testa collasserà, ma non c'è niente dentro. E domanderai a te stesso dov'è la mia mente? Dov'è la mia mente? Dov'è la mia mente? È fuggita nell'acqua. Guardala nuotare..."


Quando il cuore franaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora