Capitolo 33

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Resta calma, Rose, ripetevo a me stessa mentre m'imponevo di mantenere fisso lo sguardo verso la strada per non cedere alla tentazione di guardare Harry che in silenzio continuava a guidare. Sembrava essersi totalmente rifugiato nei suoi pensieri e non aveva alcuna intenzione di condividerli con me: il silenzio sembrava volermi urlare proprio questo. Con la cosa dell'occhio, mi ritrovai ad osservarlo per un po'. L'espressione corrucciata non aveva abbandonato i lineamenti del suo viso così come non aveva smesso di torturarsi quel povero labbro con l'arcata dei denti superiore. La mascella era tesa e la postura del suo corpo era fin troppo rigida; era agitato, ma per quale ragione? I suoi occhi, in contrasto con la rigidità dei suoi gesti, erano impercettibilmente spalancati. Qualcosa lo turbava, ma cosa? A cosa stava pensando?

L'ansia nel mio stomaco crebbe a dismisura nel momento in cui la macchina cessò di muoversi.

"Scendi" esclamò e, senza degnarmi di uno sguardo, aprì lo sportellino ed uscì dalla vettura. Sbattei velocemente le palpebre e, inghiottendo l'accumulo di saliva, dopo aver preso il cappotto di Harry, scesi anche io dalla sua auto. Solo in quel momento mi resi conto che eravamo in un semplice parcheggio. Ordinai alla mia stupida boccaccia di stare in silenzio e, seppur titubante, decisi di seguire Harry. Superammo il parcheggio, ritrovandoci di fronte ad un immenso spiazzale, ricoperto d'erba, al centro del quale vi era un sentiero fatto di mattoni che percorremmo in fretta. Sollevai gli occhi verso l'imponente edificio bianco che sorgeva alla fine del sentiero e rallentai di riflesso il passo. Ma dove diavolo siamo? Mi chiesi, guardando Harry che proprio in quel momento si voltò verso di me, invitandomi con il capo a seguirlo. Alzai un sopracciglio e feci saettare, per qualche secondo, lo sguardo da Harry alla costruzione dietro di lui per poi sospirare nervosamente e riprendere a camminare.

Mount Sinai Hospital: era la scritta blu che compariva sulla parete dell'edificio. Guardai perplessa Harry che, nel frattempo, continuava a camminare, costringendomi a seguirlo senza fare alcuna domanda. Sbuffai silenziosamente non appena una folata di vento colpì le mie guance facendomi rabbrividire e mi affrettai a raggiungere il ragazzo che era appena entrato nella struttura ospedaliera e mi stava aspettando.

"Uhm, prendilo" dissi, porgendogli il cappotto.

Un cipiglio prese vita sul suo viso che scosse, qualche istante dopo. "Perché non lo hai messo tu?"

Scrollai le spalle, abbassando lo sguardo verso le mattonelle grigie. "Perché non avevo freddo - mentii per poi togliermi il capellino e porgerglielo - grazie" dissi, rialzando il capo nella sua direzione. Fissò i miei gesti e, quasi ignorandomi, mi diede le spalle, riprendendo a camminare. Alzai gli occhi cielo e gettai il suo beanie nella mia borsa, appuntandomi mentalmente di restituirglielo una volta tornati a casa. Senza perdere altro tempo, mi affrettai a raggiungere Harry, stringendo il suo cappotto contro il mio seno e aumentai il passo quando lo vidi entrare in ascensore.

Strinsi il labbro inferiore con i denti e imposi ai miei piedi di continuare a camminare fino all'ascensore. Non appena si chiusero le porte inalai una gran quantità d'aria che gettai lentamente fuori per poi voltarmi verso il ragazzo riccio che stava osservando un punto fisso davanti a sé. Volevo chiedergli il motivo per il quale eravamo in quell'ospedale, ma ero sicura del fatto che ben presto lo avrei scoperto. O almeno spero, mi dissi, tirando un sospiro di sollievo nel vedere le porte dell'ascensore aprirsi, permettendoci di uscire, finalmente.

"Di qua" m'informò Harry, percorrendo un lungo corridoio. Mossi il viso in assenso alle sue parole e con lo sguardo esaminai le pareti del corridoio, che non erano bianche bensì colorate di rosa e d'azzurro. I miei occhi si posarono su una bacheca sulla quale erano stati affissi alcuni disegni, sicuramente disegnati da bambini e fu proprio questo a farmi capire in quale reparto eravamo.

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