Capitolo 34

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Papà?

Lo aveva chiamato papà? Harry era il padre di quel bambino? Harry aveva un figlio? Lo stesso Harry che andava a letto con Kyra, con - probabilmente - l'infermiera, Jennifer e che mi aveva baciata in più di un'occasione era padre? Incredula posai lo sguardo sul piccolino che era corso tra le braccia di Harry. Lo stringeva, forte. Si stringevano ed io mi sentivo frastornata. Confusa. Non sapevo cosa dire, non sapevo nemmeno cosa fare.
Le mie palpebre si aprivano e si chiudevano frettolosamente di fronte a quella scena che, seppur dolce, aveva creato in me una strana sensazione di ansia. Solo quando Harry sciolse l'abbraccio mi costrinsi a spostare lo sguardo, facendo qualche passo in avanti, fino a raggiungere Louis che, essendo sulla sedia a rotelle, mi guardava dal basso.
L'azzurro dei suoi occhi non era mai stato così opaco e spento, il cielo nei suoi occhi era ricoperto da nuvoloni neri e sperai con tutta me se stessa che un Sole, prima o poi, arrivasse e tornasse ad illuminare la sua vita, ma fino ad allora, mi sarei presa cura di Louis; gli sarei stata accanto e avrei fatto di tutto per proteggerlo perché lui ne valeva la pena; era mio cugino, il fratello che non avevo mai avuto, il migliore amico che mai mi avrebbe tradita, mai. Era la parte migliore della mia infanzia e, sapevo con certezza, che mai nessuno avrebbe preso il posto che a Louis spettava di diritto nel mio cuore e nella mia vita perché lui ne era una parte fondamentale. Con questa consapevolezza, senza proclamare parola, mi avvicinai di più e lo strinsi in un abbraccio che sperai allontanasse tutti i cattivi pensieri e le strane sensazioni che stavo provando in quel momento, ma ahimè esse tornarono a farmi visita non appena il mio sguardo cadde sul bambino dai ricci castani e dagli occhi verdi che mi osservava. Merda, sono uguali, pensai, tornando a guardare Harry che, nel frattempo, aveva cominciato a chiacchierare con Elisabeth. Sembravano amici, quasi come se non avessero in comune un bambino. Deglutii silenziosamente e scossi impercettibilmente il capo mentre Harry batteva una mano sulla propria coscia per far segno al bambino di sedersi sulle gambe. Dopo qualche secondo di esitazione, prestai attenzione alla ragazza che, con le braccia conserte, osservava, proprio come me, Harry e suo figlio.

"Non importa davvero" le rispose Harry sorridendo. Era gentile e questo mi turbò e non poco. Non ero abituata a vederlo sorridere in quel modo.
È normale, mi dissi poi, ha un figlio con quella ragazza. Mi morsi di riflesso l'interno della guancia e spostai lo sguardo su Elisabeth che, in risposta, scrollò le spalle sospirando. Elisabeth, il suo nome nella mia testa era stampato accanto al volto della ragazza del bar che, una volta arrivata a New York, mi aveva accompagnata nel Bronx. Studiai attentamente i lineamenti del suo viso e quando si voltò nella mia direzione e mi rivolse un sorriso, capii che si trattava della stessa persona.

"Roselynd, ti ricordi di me?" Sorrise gentilmente.

Ordinai alle mie labbra di sorriderle, ma tutto ciò che ne ricavai fu una smorfia patetica che, per mia fortuna, Elisabeth accolse nel migliore dei modi.

"Certo" dissi poi, prima di tornare a guardare Louis che con lo sguardo stava cercando di psicanalizzarmi. Dio, aiutami.

"Sono stanchissima, vado nella mia stanza - sibilai, ricevendo da lui un cenno di assenso - ehm... Elisabeth, perdonami ma sono davvero stanca. Oggi è stata una giornata pesante e domani devo tornare scuola, quindi buonanotte in anticipo" conclusi agitando una mano nella sua direzione.

"Non ti preoccupare, buonanotte a te" disse con un sorriso che ricambiai nonostante le mie labbra sembravano maledirmi ogni qual volta ci provavo. Gettai un'ultima occhiata in direzione di Harry che, proprio in quell'istante, si era voltato verso di me, e immediatamente percorsi il corridoio, il quale mi condusse nella mia stanza. Mi lasciai cadere sul letto e sfilai la borsa dal braccio per poi voltarmi di spalle e accovacciarmi su me stessa. Avevo bisogno di calmare l'uragano di pensieri per cinque minuti, altrimenti sarei impazzita sicuramente. Respirai profondamente e socchiusi gli occhi, volendo restare a letto per tutta la serata, ma non appena i ricordi del pomeriggio precedente tornarono a galla, mi alzai di scatto e afferrai la borsa che goffamente avevo fatto cadere. Mi morsi il labbro inferiore e, prima di aprirla, mi rassicurai di aver chiuso la porta a chiave. Mi sistemai sul letto con le gambe incrociate e presi il piccolo diario dalla borsa. Accarezzai la copertina rosa e lentamente lo aprii.

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