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14 settembre

Dopo la sconfitta delle creature, Bertha ci aveva invitato a rimanere lì, ma io e Julian avevamo rifiutato preferendo tornare a Bluebay per riferire il prima possibile quello che avevamo scoperto.

Il viaggio in macchina era stato tranquillo: io ero stanca, meglio dire esausta dopo aver usato una dosa così massiccia dei miei poteri. Julian invece continuava a blaterare circa quanto fosse <figo> quello che avevo fatto.

Avevamo deciso che io sarei tornata a casa per mangiare, dormire e recuperare le energie, mentre lui avrebbe aggiornato i due branchi. Ero stata estremamente felice di delegare a lui quel compito; il solo pensiero di aver a che fare con Blake, mi faceva venire la nausea.

Inoltre avevo molto su cui ragionare. Scoprire le vere intenzioni di Garreth e scoprire di essere l'unica con la minima possibilità di fermarlo, mi aveva reso più agitata di quanto non lo fossi già.

Avevo sempre saputo che in un modo o nell'altro avrei avuto un ruolo in quello che lo stregone voleva fare, altrimenti Charlene non avrebbe insistito così tanto affinché tenessi segreto il mio potere. Però non riuscivo a capacitarmi di avere così tanta responsabilità, di avere il destino del mondo nelle mie mani. Sapere di essere colei che poteva salvare o decretare la fine di così tanta gente, mi terrorizzava.

Julian si accorse nel mio turbamento crescente e poggio una mano sulla mia spalla: "Non preoccuparti, Riley, fermeremo Ghost prima che sia troppo tardi."

Gli sorrisi di rimando. Apprezzavo le sue parole e odiavo non potergli dire la verità, ma mai come in quel momento era necessario che nessuno sapesse nulla. Avevo la brutta sensazione che non avessimo ancora scoperto tutte le carte dello stregone e che quando lo avremmo fatto, sarebbe stato un vero disastro.

Arrivammo nel mio quartiere, scesi dall'auto, salutai il rosso e mi affrettai a raggiungere la porta di casa. Non vedevo l'ora di farmi una doccia bollente e di mettere qualcosa nello stomaco. Afferrai le chiavi dalla tasca del giubbotto e aprii la porta.

Stranamente non trovai Teo dietro la porta ad aspettarmi, ma lo vidi arrivare lentamente dal salone miagolando tutto soddisfatto.

Mi abbassai per accarezzarlo e lui, facendo le fusa, si strusciò intorno alle mie gambe. L'ambiente era ancora buio così portando la mano vicino al muro cercai a tentoni l'interruttore.

"Teo come mai ci hai impiegato così tanto tempo per venire alla porta? Di solito rischi quasi di farmi cadere pur di ricevere subito del cibo..."

Non appena la luce si accese mi trovai davanti la persona che meno di tutte desideravo vedere in quel momento.

"Era con me sul divano... sai, Teo fa le fusa come una motosega!"

Non gli lasciai il tempo di aggiungere altro che presi la mia nuova pistola dal retro dei pantaloni e la puntai contro l'intruso.

"Cosa ci fai a casa mia, Traghettatore?"

"Da quando hai una pistola, Riley?"

"Da quando ti ho promesso che ti avrei fatto fuori la prossima volta che ci saremmo visti!"

Non potevo crederci. Avevo solo voglia di rilassarmi e invece mi trovavo davanti proprio lui.

"Sei sicura di essere in grado di usarla? Le pistole non sono dei giocattoli con cui..."

Non gli lasciai il tempo di terminare la frase che mi avvicinai a lui puntandogli l'arma alla testa. "Vuoi davvero mettermi alla prova, Traghettatore?"

Ci fissammo per qualche altro secondo, poi iniziò con le sue solite manfrine: "Sai qual è il punto migliore in cui colpire, Riley?" Si avvicinò ancora di più premendosi contro l'arma. "La testa e il cuore sono il punto migliore per una morte rapida e indolore; se colpisci allo stomaco la vittima soffrirà le pene dell'inferno prima di morire. Mentre se vuoi colpire senza uccidere, la spalla è il punto perfetto."

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