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Il cielo era scuro. La notte copriva il paesaggio come un manto nero; non c'era la luna, ma solo qualche stella, sparsa qua e là, che forniva almeno una parvenza di luce.

Arrivai nel mio posto, sulla spiaggia deserta e silenziosa che era stata spettatrice muta del mio dolore, dopo la morte di Blake.

Sapevo che lui era lì. Potevo sentire la mia anima che veniva attratta e richiamata dalla sua. Era come un filo, un sottile filo, che ci univa e che in quel momento mi stava tirando proprio verso quella distesa di granelli ambrati.

La sua macchina era parcheggiata lì, sul ciglio della strada, il motore era freddo, segno che era lì già da un po'. Non so se mi stesse aspettando o se era solo una coincidenza, restava il fatto che ero lì e anche lui era lì.

Camminai sulla sabbia, con i granelli che mi entravano nelle scarpe, continuai a camminare fino a che non lo raggiunsi. Riuscivo a vedere la sua figura, seduta nella notte, l'immancabile maglia a maniche corte e gli anelli alle dite che sembravano brillare.

In quel momento sembrava essere nel suo elemento. Era come se lui e la notte fossero vecchi amici che si erano ritrovati dopo tanto tempo. Era come se lì, seduto sulla sabbia, a un passo dal mare, lui fosse finalmente se stesso.

Nonostante il colore scuro dei suoi abiti, era impossibile non notarlo. Era impossibile per me non captare la sua presenza, il suo profumo o l'energia bollente che sempre emanava.

Mi avvicinai ancora, consapevole del fatto che lui sapesse che ero lì. Ero convinta che anche lui sentisse quella sorta di legame unirci, anche lui sentiva la mia anima attrarre la sua.

Feci qualche altro passo e mi sedetti al suo fianco, senza però lasciare che i nostri corpi si toccassero. 

Il suo profumo mi invase le narici. Ero sempre stata certa che profumasse di muschio e menta, ma la mia descrizione era sempre stata un po' superficiale. Lui non era solo muschio e menta, lui era boschi selvaggi, vento indomabile e fiamme danzanti.

Lui era Caleb e questo non lo avrebbe mai potuto cambiare nessuno.

"Sei arrivata finalmente." La sua voce era leggera, rauca e graffiante come sempre.

"Avresti potuto mandarmi un messaggio, sarei arrivata prima."

"E che gusto ci sarebbe stato?" Mi rispose lui con lo sguardo fisso sull'orizzonte.

Sentivo il rumore dei granelli che venivano mossi dalle abili mani del ragazzo accanto a me, che si divertiva con la sabbia come un bambino.

"Non l'hanno presa bene, vero?" Mi domandò rompendo quel placido silenzio.

Quella sua domanda aveva due diverse interpretazioni: Caleb poteva riferirsi alla bugia sul fatto che fossi un Originale, ed ero sicura che lui volesse che rispondessi a questa, ma c'era un'altra parte di me che era sicura che la domanda si riferisse ad altro. Credevo che volesse sapere come Byron e i Blacks avessero preso la notizia del suo doppiogioco.

Caleb poteva anche sostenere che non ci fosse mai stato un vero legame fra lui e i Blacks, ma lui era molto legato a quei ragazzi. Aveva fatto tutto quello che poteva per aiutarli e per sconfiggere l'uomo che gli aveva feriti per anni. Perché in fondo sapevo che lui non cercava vendetta, la vendetta era per i suoi amici, per quelli che come lui erano stati torturati per anni.

"L'hanno presa come me l'aspettavo... Kora è infuriata, ma gli altri sembrano essere stanchi di dubitare e di avere paura. Byron non ha detto nulla riguardo al tuo doppiogioco, ma dalla sua espressione addolorata sono convinta che stia soffrendo molto per come sono andate le cose."

Spostai lo sguardo su di lui e lo vidi alzare le spalle in segno che non gli importasse poi molto.

Scossi la testa e sorrisi. "Fai schifo a mentire, Cal."

Siamo GHIACCIO e FIAMMEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora