XXXIII° - Ritorno allo stesso sogno.

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20 Dicembre, 19:30 di sera, mancava solamente mezz'ora all'incontro che tutta la scuola stava aspettando con grande trepidazione. La frenesia era alle stelle, e quella giornata fu caratterizzata da un grande via vai di studenti che non parlavano d'altro. Il natale venne detronizzato dalla sua importanza: nelle menti di tutti altro non c'era che la malsana curiosità di scoprire chi, tra Elizabeth e Petra, fosse la migliore. Quest'ultima nascose la croce dorata sotto la sua divisa, ed allacciò la sua flag rossa al braccio destro. Era seduta a bordo del letto, con i capelli raccolti in una coda, e prendeva lunghi respiri. Per quella giornata, scelse di non vedere nessuno dei suoi amici, e non pronunciò nemmeno una parola. Voleva solamente della quiete, attorno a lei, in un momento dove sentì il brivido di avere una responsabilità enorme sulle spalle: le promesse, la fiducia e l'impegno, non solo suo, ma di tutte le persone che si sono impegnate affinché lei potesse, effettivamente, diventare la tenace e combattiva Petra Maximoff che aveva sempre detto di essere. Era in penombra, con gli occhi chiusi, come una macchina dormiente, ma pronta a risvegliarsi non appena fosse stata chiamata, e questo accadde quando sentì la mano di Raven poggiarsi sulla sua spalla.
Raven;; « E' ora di andare, Petra. » L'albina annuì, e si alzò dal letto. Uscirono entrambe dalla camera, in completa tranquillità. Tutta la scuola si era ritrovata in un singolo punto, e questo stava a significare che, in quei corridoi, non ci fosse anima viva.
Petra;; « Non ti trasformi? » Domandò, lasciandosi straniare dal fatto che ci fosse un silenzio assordante, totalmente inusuale per quell'orario.
Raven;; « Non ti accompagnerò nelle vesti di un'altra persona. » La trasformista le poggiò un braccio sulle spalle, incominciandosi ad incamminare con lei, come a reggerla. Il cuore di Petra batteva all'impazzata, ma la presenza di Raven riuscì a tranquillizzarla: ella aveva tenuto fede alla promessa di non lasciarla da sola, e se fosse stato per lei, sarebbe scesa in campo a combattere assieme alla sua figlia adottiva. Ogni battaglia di Petra l'avrebbe sentita sulla sua pelle. Non disse nulla, almeno per il momento, volendo che l'albina vivesse l'attimo al massimo. Petra cadenzava i suoi respiri ad ogni passo, come se fosse una marcia: l'inferno la stava aspettando, e quell'inferno corrispondeva al nome di Psylocke. Petra, come Dante, lo avrebbe attraversato da cima a fondo, con negli occhi nientemeno che il desiderio di raggiungere il paradiso, dal quale venne scaraventata via in quella tragica notte di Halloween. Raven le fece da Virgilio, in quella selva oscura di scalinate, muri di pietra e corridoi, guardandosi attorno come se fosse preparata ad usare anche i denti affilati, pur di far sì che l'albina raggiungesse il campo di battaglia. Molti ricordi le vennero in mente, nell'esplorare quegli anfratti, che in fin dei conti non erano così tanto cambiati, ma non si lasciò andare a futili nostalgie. Per accedere alla Danger Room erano stati allestiti due ingressi: uno per gli spettatori e l'altro per le due contendenti. Raven si fermò, di fronte a quel bivio. Petra ebbe un piccolo brivido: ora doveva cavarsela da sola. « Purtroppo, io non ti posso accompagnare più di così. » Pronunciò la trasformista, con una leggera nota di dispiacere nel suo tono, voltandosi verso di lei. Petra annuì. "Non sono brava con discorsi di questo tipo, ma tieni bene gli occhi su di lei. Non perdere la calma e non cedere ai suoi giochi mentali. Cerca di tenere sempre una distanza di sicurezza, e non cercare uno scontro diretto, almeno fin quando non la sentirai vacillare. E inoltre... " Sospirò un attimo, cercando le parole esatte per esprimere i suoi pensieri. Solo in quel momento, Petra le diede la più totale attenzione. « Cerca di farle capire a chi ha mancato di rispetto, e fammi più fiera dite di quanto non lo sia già. » Raven poggiò la mano sul suo capo, accarezzandoglielo, sorridendole sincera e tranquilla. Interruppe quel contatto quasi subito, sapendo di essere una vera frana con i saluti, e si allontanò. « Vaia vincere, ora. » Concluse con il suo tono autoritario e fermo, quasi come se si trattasse di un ordine. Poco prima di vederla entrare, Petra notò parte della sua trasformazione, ma prima di capire chi fosse, Raven era già dall'altra parte. Petra era rimasta da sola, e prima di salire sulla pedana di riconoscimento, davanti all'ingresso delle contendenti, Petra alzò gli occhi al cielo, come se volesse richiamare a sé la forza dei suoi amici scomparsi. Riempì il suo petto con un lungo respiro, e successivamente salì sulla pedana. Un laser la scannerizzò da capo a piedi, leggendo soprattutto i suoi occhi blu.
D.R.E.A.M.;; « Quicksilver diretta all'arena dei guerrieri. » La porta a spirale si aprì di fronte a lei, e Petra fece un profondo respiro.
Petra;; « La spada è vittoriosa per poco, ma lo spirito per sempre. » Sussurrò a sé stessa, come un leggero vento prima della tormenta e varcò l'ingresso. La porta si chiuse dietro di lei, e si sarebbe riaperta solamente nei confronti della vincitrice. Petra si trovò a percorrere un lungo corridoio bianco, accompagnata dal rumore di una folla in lontananza. Rimbombava il beat di una canzone: " Gangsta rap made me do it "di Ice Cube, la traccia musicale da lei scelta per la sua entrata. Ad ogni passo, quelle centinaia di voci si fecero sempre più impetuose e tuonanti, ma fu solo quando ella varcò il telo nero posto alla fine, che queste si innalzarono come fiamme devastatrici. Petra si trovò in un'arena, circondata da tribune stipate e fitte di studenti, che la fischiarono con grande furia. Ella sapeva che non sarebbe stata accolta dagli applausi di una folla adorante, ma la rabbia con cui venne rigettata dalla folla quasi andò a coprire le canzone stessa. Sopra gli spalti vi era, da ambedue i lati, un grande schermo, che serviva per riprendere il combattimento per gli spettatori collocati nelle tribune più in alto. Una telecamera fluttuante la stava riprendendo, e Petra poté vedersi all'interno di quello schermo. Composta, stoica, inscalfibile: respirò quel rigetto da parte del pubblico, e lo utilizzò come carburante. Come una guerriera, ella camminò a passi decisi per quell'arena: i fischi erano come frecce che si deflettevano all'abbattersi contro il suo corpo. La telecamera la seguì per tutta la sua entrata, valorizzandola. Petra non guardò in faccia a nessuno, tranne che alla tribuna riservata ai professori e al preside Summers, i quali stavano applaudendo con sportività al suo ingresso. L'albina raggiunse la metà campo opposta, quella illuminata da led blu e azzurri. Scrocchiò le dita delle mani, ignorando completamente le grida di dissenso e anche la canzone stessa: aveva solamente una persona in mente. Nonostante ella non potesse notarlo, ma nel pubblico vi era un gruppetto di suoi sostenitori, che affrontò i fischi con un tifo sfegatato. Kurt, Emma, Roberto, Remy, Jubilee, James e la dottoressa Guerrero erano tutti per l'albina. Persino Kimberly portava un cappello bianco e blu sul capo, legato da una cordicina sotto il muso.
Kurt;; « VAIPETRA SEI LA MIGLIORE!!!! » E strombazzò con una trombetta da stadio.
Jubilee;; « PETRASE NON VINCI SEI PROPRIO UNA COGLIONA!! » Urlò, poco prima di essere interrotta da Remy.
Remy;; « Sii più garbata, Juju, non è questo il modo di rivolgersi ad una donna. »
Roberto;; « Palle. Sarà meglio che non sprechi il lavoro fatto da tutti noi. » Asserì, riempiendosi la bocca di nachos piccanti.
Emma;; « Siamo noi che non dobbiamo deluderla! SE LA SCUOLA E' CONTRO DI LEI, NOISAREMO CONTRO LA SCUOLA!! » La rossa e Kurt si scambiarono un cinque. Kimberly abbaiò un paio di volte.
Emily;; «Ti vedo molto silenzioso, Proudstar, non mi sembri molto fiducioso. » Asserì allo studente, il quale se ne stava a braccia conserte, con un'aria annoiata sul volto.
James;; « Lascio i cori da stadio agli altri, io non partecipo. Non sarà di certo tutto questo casino a determinare la sua vittoria, anzi: farebbe meglio a non ascoltarci. » Il meno entusiasta degli studenti era in realtà quello più concentrato sull'albina. Si chiese davvero cosa avesse in mente, proprio perché la suddetta non lasciava trasparire alcuna emozione. Kimberly, dacché fosse concentrata in quella confusione, venne attirata da un odore che aveva imparato a riconoscere. La terranova voltò il capo, e vide una donna vestita di bianco, bionda e con gli occhi glaciali, sedersi un paio di spalti più in alto. La suddetta, guardando verso la cagna, le intimò di starsene in silenzio. Le luci si spensero, faro dopo faro, finché l'arena non fosse completamente buia. I fischi divennero grida d'eccitazione e acclamazione, soprattutto quando risuonarono le note di " SurLe Fi" di Yann Tiersen. Una canzone decisamente più calma rispetto a quella scelta da Petra, che destò in lei una strana sensazione: non era affatto una melodia che doveva accompagnare una lottatrice nella sua battaglia vitale, ma sembrava quasi il sottofondo di uno spettacolo di danza sul ghiaccio. La favorita di quello scontro si fece attendere, molte note di pianoforte caddero lievi in quell'oscurità quasi opprimente, fino a quando un occhio di bue non colpì l'ingresso all'arena. Petra capì che sotto gli applausi e le urla di gioia, ella sarebbe stata costretta a rivivere il suo incubo. Elizabeth fece il suo ingresso con addosso un abito bianco, che iniziava con un cappuccio e finiva con un lungo strascico. Al volto portava una maschera, anch'essa bianca, e si muoveva lenta come la morte, guardando fisso in avanti: sapeva dove fosse la sua avversaria, ma soprattutto sapeva che quest'ultima stava vacillando, a livello psicologico, nel rivivere il suo trauma. Elizabeth sapeva benissimo quello che stava facendo: era protetta dal fatto che, per il resto della scuola, quella si trattasse soltanto di un'entrata inscena stravagante. Non avrebbero mai potuto immaginare cosa si celasse dietro quelle vesti. Nonostante questo, Petra non era l'unica a sapere quanto Elizabeth le fosse andata sottopelle presentandosi in quel modo: il corpo docenti era impietrito, Emma e Kurt erano sconvolti, la Dottoressa Guerrero preferì distogliere lo sguardo... E quella misteriosa donna, vestita di bianco, aveva dei rivoli di bava, bava rabbiosa, che le colavano sul mento. Elizabeth arrivò al centro del campo e, rivolgendosi al pubblico, aprì le braccia al cielo, dichiarandosi così la loro salvatrice. Ella si prese gli applausi e il tifo sentito. Venne colta da un fuoco violaceo, che distrusse il mantello e la maschera, rivelando così le sue vere vesti per quell'incontro. Aveva un kimono rosso, con ricami dorati. I capelli erano raccolti in uno chignon, i denti erano anneriti secondo la tradizione Heike e le sopracciglia erano rasate e ridisegnate. Per Elizabeth, quella era l'occasione della vita: se avesse vinto, avrebbe non solo portato onore alla morte dei suoi genitori, ma anche, secondo il suo punto di vista " salvato la scuola " dall'incursione, della ormai famigerata Quicksilver. Per lei fu quello il natale, e sorrise come una bambina che aveva scoperto la felicità, inchinandosi ai suoi sostenitori. Tutto quello per cui si era allenata duramente, in quegli anni, era racchiuso in quello scontro. Le luci si riaccesero, e la telepate smise di essere illuminata solamente da un occhio di bue. Guardò Petra, e le rivolse il sorriso più sincero che avesse mai potuto farle. Raven aveva ragione: avrebbe usato qualunque mezzo contro di lei, e non importava quanto sarebbe stato cattivo, invalidante nei confronti di qualsiasi scontro leale: non ci sarebbero stati limiti, non per lei. Petra dovette trattenere la sua parte più esplosiva e impulsiva, perché nonostante volesse cambiarle i connotati, sapeva bene che il suo gioco era proprio quella di farla infuriare fino ad accecarla. L'albina si camminava verso la metà campo, con la coda di cavallo che ondeggiava a destra e a sinistra. Elizabeth la guardò arrivare, spostandosi a tre quarti verso di lei, mostrando fiera la katana infilata nel koshi, e legata alla cinta del kimono. Era sicura di avere la vittoria in pugno, ma in realtà era proprio Petra che aveva, espressamente richiesto, che Elizabeth portasse la sua arma in quello scontro. Le due arrivarono a pochi centimetri di distanza, senza interrompere il contatto visivo nemmeno per un secondo. La folla entrò in visibilio: stavano per assistere ad uno scontro memorabile. Il professor Rasputin, si avvicinò ad entrambe, teneva un microfono in mano, che portò alla bocca in modo tale che tutti potessero sentire. 
Piotr;; « Avete entrambe acconsentito alle regole del deathmatch: un solo round, nessuna pausa, nessun timeout per nessun motivo al mondo. Non si può vincere per forfait e il regolamento prevede che non ci siano colpi proibiti, tecniche proibite e oggetti proibiti. L'unico modo per vincere l'incontro è rendere il proprio avversario impossibilitato a combattere. In altre parole, questa sera lottate per la vostra stessa vita. Quando siete pronte, raggiungete le nostre postazioni. » Era una fortuna che la Danger Room poteva attuare un regolamento del genere, evitando che tutto quello che fosse successo all'interno, traslasse alla realtà. Piotr indietreggiò, lasciando che entrambe fossero le protagoniste di quella serata. Elizabeth tese la mano  destra, aperta, a Petra. Quest'ultima la guardò per un momento, e con sorpresa di tutti gliela strinse. Un boato di gioia si levò dal pubblico, e le due furono inondate di flash che immortalarono quel momento a 360 grandi. Alcuni studenti più piccoli erano incaricati di fare i fotografi dell'evento, e si trovavano a spalmarsi per tutto il bordo campo, tenendosi ben concentrati ad ogni loro movimento. Quella stretta di mano durò cinque secondi: non si parlarono, non dissero nulla, e si limitarono a stritolarsi le mani a vicenda, guardandosi in cagnesco. Successivamente, entrambe si diedero le spalle a vicenda, e tornarono alla propria metà campo. Come due pistolere dei film western, entrambe cadenzarono ogni loro passo. Fino a quando non si voltarono nuovamente: Elizabeth sguainò la katana, producendo un forte rumore metallico, e Petra si mise in guardia. Piotr, dal microfono, urlò l'inizio dell'incontro. « LET'S GET READY TOOO RUMBLE!!! » Elizabeth partì immediatamente, e facendo infuocare la sua katana con la solita aura violacea, la agitò colpendo l'aria con dei fendenti. Dalla sua lama partirono delle sciabole di energia che si scagliarono nella direzione di Petra. Ella incominciò a correre verso Elizabeth, schivandole tutte: fortunatamente per lei, non erano così veloci da impensierirla, ed abbassandosi, saltando e facendo acrobazie a destra e a sinistra, ella riuscì a non farsi colpire. Arrivò vicinò ad Elizabeth e saltò più in alto che poté, caricandole un pugno destro dall'alto. Elizabeth si spostò prontamente, e non appena Petra atterrò, le diede un calcio in faccia. L'albina non perse la concentrazione, e si portò a debita distanza da lei, e si rialzò immediatamente in piedi. Elizabeth se la stava ridendo, ben accompagnata dall'acclamare del pubblico. Ripose la katana nel koshi, e si mise anche lei in guardia, con le mani che vennero avvolte nella sua aura. Petra partì nuovamente, ingaggiando uno scontro diretto: riuscì a parare un gancio destro da parte di Elizabeth, ma subì in pieno un secondo gancio destro sul fianco. Che fece inginocchiare Petra dal dolore. Non era il colpo in sé il problema, ma l'energia con il quale venne tirato: il suo tocco fu capace di paralizzarle il nervo crurale. Mentre Petra era in ginocchio, a riprendere fiato, Elizabeth la prese per i capelli, chinandosi col busto. 
Elizabeth;; « Nemmeno due minuti e sei già in ginocchio. Sei solamente una patetica delusione. » Pronunciò con così tanto veleno nelle sue parole, che quasi sgorgava dai suoi denti. Petra approfittò della situazione per colpirla con un uppercut, colpendole il mento con un pugno. Elizabeth si allontanò di qualche passo, con la testa rivolta verso l'alto. Un grido di sorpresa si levò dal pubblico, e Petra vide una spirale a cui aggrapparsi. Elizabeth venne colpita con un calcio laterale sull'addome, che le fece semplicemente incurvare la schiena in avanti. Petra le entrò in sgambetto circolare con la gamba sinistra, reggendosi a terra con la mano destra. L' Equilibrio di Elizabeth vacillò, e Petra andò, con un balzo a spostare il suo peso sulla mano sinistra, allungando la gamba destra a calciarle il viso. Era uno dei tanti calci della capoeira che Roberto le aveva insegnato. L'albina si rimise subito in piedi, e con uno scatto felino andò dietro la telepate, cingendo le braccia attorno alla sua vita, e la sollevo. Portando il suo corpo a ponte, Petra riuscì a far atterrare Elizabeth sulle sue spalle e sul suo collo. Questa tecnica, chiamata german suplex, Petra gliela rifilò per ben due volte. Petra provò a fare la stessa cosa per la terza volta, ma l'agilità di Elizabeth la fece sgusciare via da quella presa, ed atterrare sui propri piedi. Petra fece una capriola all'indietro, non appena si accorse di non essere più in controllo della mutante, e tornò in piedi anche lei. Elizabeth sorrideva, e con i denti anneriti il suo sorriso fu davvero inquietante. Le due si misero a girarsi attorno, come due tigri del Bengala, fino a quando non intrapresero una "prova di forza": fronte contro fronte, mani strette tra di loro, una gamba avanti e l'altra indietro: entrambe con l'intento di annullare la forza di entrambe. Petra faceva una fatica bestia, mentre Elizabeth apparve decisamente più tranquilla, come se si stesse divertendo, fino a quando, dalle sue mani, non rilasciò uno scudo di energia, che sbalzò Petra via come se fosse niente. L'albina cadde rovinosamente sul terreno, tutta indolenzita. Elizabeth camminò verso di lei, e come se stesse avendo un allucinazione, la telepate moltiplicò le sue braccia, arrivandone ad averne dieci, che si spiegarono attorno a lei come la coda di un pavone. Petra si rialzò appena in tempo, perché tutte quelle braccia si allungarono per colpirla con una rapida successione di colpi. Petra portò le braccia a coprirsi il viso, e i suoi avambracci furono costretti a subire una vera e propria pioggia di proiettili. Elizabeth non le diede nemmeno il tempo di pensare, sotto quella sfuriata di colpi, e mentre era impossibilitata a guardare avanti, le scagliò la katana ad una velocità tale che si conficcò a terra dietro di lei, dopo averla ferita profondamente al fianco. Petra scacciò un urlo di dolore, ripiegandosi su quel fianco che zampillò di sangue, e chiuse gli occhi lucidi. In questo modo, ella non poté vedere la ginocchiata che la colpì in pieno viso. Improvvisamente era come se tutto si fosse attutito, come se tutto fosse diventato improvvisamente lontano. Le aveva spaccato il setto nasale, e mentre cadeva, Petra esalò un verso incomprensibile, mentre sentiva il fiotto di sangue colarle via dal naso. Cadde a terra, senza energie: si era allenata duramente, sgorgando litri e litri di sudore, ponendo il suo corpo ad uno stress insopportabile, ma i colpi di Elizabeth erano troppo micidiali: nessuno che l'aveva allenata poteva anche solo sperare di essere al suo livello. La telepate estrasse la katana dal terreno, e si avvicinò a Petra. Il suo sguardo non era più orgoglioso e baldanzoso, ma più serio e a tratti anche disgustato. Ella si chinò, con un piede che le schiacciava la schiena. Le parlò, e fece in modo che Petra potesse sentire solamente lei, rendendo i rumori dell'arena lontanissimi e indecifrabili. « So bene che tu non hai paura di morire, ma ecco come ti farò vivere. Non sarai mai più al sicuro, Maximoff. Ti farò rivivere il massacro dei tuoi amici, ucciderò tua sorella davanti ai tuoi occhi e peggiorerò la salute mentale della tua patetica fidanzata. » Petra era immobilizzata, e poteva solamente guardare con la coda dell'occhio la faccia che più odiava al mondo. Ella sibilava, con una cattiveria inaudita, una gravosa minaccia. Petra respirava molto male, a causa del setto nasale rotto. Elizabeth, per sfregiarla ancora di più, le sputò addosso. Il passato aveva inginocchiato la telepate, costringendola ad intraprendere il cammino dell'odio: il suo era un animo contaminato. Si allontanò da Petra, dopo averle dato le spalle, ed ormai era chiaro a tutti chi fosse la vincitrice di quello scontro. Piotr era sul punto di avvicinare le labbra al microfono, quando notò qualcosa di strano: le luci incominciarono presto a lampeggiare, fino a spegnersi del tutto. Un boato di confusione si levò per tutta l'arena, ed anche Elizabeth sembrava essere parecchio confusa a riguardo. Non era nulla di previsto, non si trattava di un qualcosa di pianificato come l'entrata della telepate.
Hank;; « Piotr! Piotr! Che sta succedendo??! Non dirmi che la Danger Room ha un guasto?! »
Piotr;; « No! E' impossibile!! La Danger Room non può guastarsi! » 
Ororo;; « Sh!! Zitti! » Indicò qualcosa in lontananza, sopra le sue teste. Un piccolo flusso, simile ad un'aurora boreale blu sorvolava sopra le tribune. Esse erano, per la prima volta, silenti; Ororo non fu, però la prima a notarla, successivamente altre mani vennero puntati a dei flussi veleggianti per aria. L'illuminazione di quell'arena, presto arrivò a dipendere proprio da quel flusso, che man mano si faceva più denso, e così la sua scia divenne più riconoscibile, e così come fu sotto gli occhi di tutti il punto di origine. Quella era tutta aura di Petra, sprigionata dal suo corpo esanime. L'albina aprì gli occhi, i suoi occhi blu che splendettero come non facevano da tempo. Il suo corpo, fonte di quell'energia così ammaliante, venne illuminato da una luce quasi divina, che abbagliò tutti i presenti all'arena. Petra si rialzò, così come aveva sempre fatto in vita sua: la ferita sul suo fianco si ricucì immediatamente e tutto il sangue che aveva addosso venne vaporizzato dalla sua ingente aura. Illuminò completamente l'arena, così come la luce che salva dall'oscurità. Il suo volto era tranquillo, estremamente rilassato, come se fosse conscia di sé stessa. Tutti erano in silenzio a contemplare il suo essere stoica, imponente come una scultura di Michelangelo. 
Kurt;; « E'.. E' lei.. » Riuscì a balbettare, con gli occhi lucidi. Raven, per poco, non pianse. Elizabeth non riuscì a credere ai suoi occhi: l'aura, Petra, il pubblico che aveva gli occhi su di lei. Quello che aveva fatto non era abbastanza, ora era lei ad essere alle strette. Il suo volto si incattivì, rabbuiandosi: il mostro che cresceva dentro di lei stava prendendo il sopravvento. Ruggì con forza, prendendo un lungo respiro. Dalle sue labbra, soffiò via fuoco, con una tecnica che aveva chiamato " Bacio di Baphomet. " Quel fuoco si attorcigliò su sé stesso, arrivando a comporre un gigantesco serpente. Fu come se Miðgarðsormr, creatura gigantesca, il serpente di Midgard, figlio di Loki, fosse comparso in quell'arena. Simbolo di cattiveria, devastazione, e di tutto l'orgoglio che Elizabeth aveva covato in tutti quegli anni, il serpente di fuoco aprì le fauci, scatenando il panico per gli studenti più piccoli, e si avventò su Petra, che rimase immobile a guardarlo, travolgendola con tutta la su furia ed inglobandola nelle sue fiamme divoratrice. Elizabeth si piegò, cercando di riprendere fiato: quella tecnica, così come l'aveva nominata, era un vero e proprio patto col diavolo, e questo stava a significare che consumava gran parte della sua energia. Chinò la testa, sentendo gocce pesanti di sudore caderle dalla fronte, ma quando guardò nuovamente in avanti, vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere: l'ombra di Petra, scura, immersa nelle fiamme, camminare verso di lei, fino a quando non sbucò via dalla morsa di quest'ultime: facendo vibrare il suo corpo ad alta velocità, era riuscita a portare il suo corpo ad un calore congruo a quello delle fiamme, in modo tale che quest'ultime non potessero farle niente. Per la prima volta, in vita sua, dopo così tanti anni: Elizabeth ebbe paura. I capelli di Petra, nelle zone dove era stata rasata, erano riconosciuti di quattro centimetri. Ella la vide chinata, di fronte a lei: con quanta velocità, le cose si erano ribaltate! Vide il suo corpo scalpitare, sentì il battito del suo cuore accelerare: qualcosa, dentro di lei, rifiutava di uscire. Petra assottigliò lo sguardo, e in una frazione di secondo scomparve. La velocista si mise a correre attorno a lei, facendo dieci giri al secondo. Elizabeth barcollò, rialzandosi in piedi, sentendosi accerchiata da un vento che la circoscriveva in un punto. La velocità di Petra arrivò a creare un vero e proprio tornado all'interno dell'arena: un ciclone che, incontrollato, sarebbe stato in grado di distruggere la Danger Room. Ororo si alzò in volo e semplicemente alzando le mani, riuscì a contenere la devastazione di quella tromba d'aria, in modo tale che nessuno degli studenti rischiasse di farsi male. Quel che fu certo, però, è che tutta la scuola fu in piedi al cospetto di Petra. Elizabeth si trovò nell'occhio del ciclone, con il respiro che le venne strappato via, e l'albina aspettò proprio quel momento per scaraventarsi su di lei, interrompendo la tormenta ed approfittando, del suo moto circolare, per scaraventarle un calcio sul collo. Petra poté vedere la luce quasi abbandonare i suoi occhi, e a mezz'aria, con una tranquillità innaturale, pronunciò le prime parole di quello scontro.
Petra;; « Non è niente di personale. » Elizabeth finì per terra. Il pubblico era colto in un mutismo assordante: per loro, quello che stavano vedendo, era davvero come un sogno febbrile. Elizabeth strisciò, in direzione della sua spada, che era volata via durante quel tornado, ma poco prima che potesse raggiungerla, Petra le calpestò il polso a terra, in modo tale da tenerla lì dov'era. Elizabeth si divincolò da lei, portando le gambe in aria e roteandole addosso all'albina per allontanarla. Finalmente, quello divenne uno scontro tra mutanti, che seppe combinare atletismo, tecnica, potenza ed eleganza. Entrambe si diedero calci rapidissimi, offrendo uno spettacolo di energie blu e viola talmente coinvolgenti da risvegliare il pubblico e convincerlo a tifare per entrambe. L'esperienza e l'atletismo di Elizabeth contro la potenza e la velocità di Petra. Elizabeth utilizzò nuovamente la tecnica dei " 100 pugni di Yebisu ", ma questa volta Petra non reagì in maniera difensiva: con la sua velocità, riuscì a contrastarli tutti. La velocista aveva forzato la telepate a rispettarla e a prenderla sul serio, perché Petra aveva infranto la velocità del suono, raddoppiandola: per ogni colpo che Elizabeth le dava, Petra gliene restituiva due al doppio della potenza. Era riuscita a toglierle il sorriso dal volto, costringendola a provare una rabbia che le divorava il fegato: la rabbia del fallimento. Petra non si sarebbe trattenuta, per nessun motivo al mondo, e non fu da sola: la costrinse, infatti, a combattere con più copie assieme, che ora riusciva ad evocare semplicemente pensandole, e senza mettere in stand by il suo cervello per manovrarle. Elizabeth fu capace di arrestarne tante, riducendole in piccoli pixel con l'ausilio dei suoi pugni pieni di energia telecinetica. Ma c'era sempre un modo, per cui Petra riusciva ad avere l'ultimo colpo: un momento di stanchezza, un esitazione, un sospiro di più, e la velocista aveva la meglio. Elizabeth assaggiò, con amarezza, tutto quello che aveva fatto a Petra e ai suoi compagni negli ultimi tempi, e nonostante se lo fosse meritato, Petra non poté fare altro di notare l'animo combattivo della telepate. Elizabeth la colpì con pugno ad esplosione cinetica, il quale sembrò come ad attorcigliarla e schiacciarla. Petra effettuò un placcaggio al massimo della sua velocità, causando alla mora dolori alle costole.  Elizabeth puntò su di lei un arco interamente fatto di energia, scagliandole una miriade di frecce, che si conficcarono ovunque sul terreno, agganciandosi alle stessa energia di Petra per assorbirla. Elizabeth si trovò a fare fronte a cinque Petra, che la colpirono con cinque calci sul volto all'unisono. La telepate arrivò a distruggere il terreno dell'arena, scagliando addosso a Petra intere zolle di cemento. Entrambe diedero prova di essere le migliori, all'interno di quell'istituto, perché non importava quanto si ferissero, quanto portassero allo stremo i loro corpi, fin quando il loro cuore avrebbe pompato del sangue, avrebbero continuato a combattere. Si trovarono ad una ventina di metri di distanza, con le loro anime che reggevano corpi feriti e sull'orlo del collasso. Respiravano affannosamente, e le loro divise erano sgualcite, in alcuni punti strappate. Entrambe presentavano lividi, scottature, graffi. Il trucco era quasi colato via del tutto dal volto di Elizabeth, e benché i capelli di Petra fossero ricresciuti completamente, quest'ultimi contornarono un viso gonfio. Entrambe non dissero niente, non avevano bisogno di dirsi nulla, perché sapevano che quello sarebbe stato il colpo decisivo. L'aura di Petra la avvolse ad intermittenza, e lo stesso fece quella di Elizabeth. Psylocke rilasciò uno scudo di energia, violaceo, che si espanse verso di Petra. Quicksilver si scagliò verso di esso, infrangendo nuovamente la velocità del suono. Entrambe ruggirono via la stanchezza di quel combattimento, fino a quando Petra non spezzò lo scudo di Elizabeth, semplicemente toccandolo. La mora osservò la sua difesa andare in fumo, con uno sguardo di totale sconvolgimento sul suo volto. Lo stesso volto sul quale il pugno di Petra si abbatté. Elizabeth venne scaraventata via, e Petra non riuscì a mantenere quella velocità, il suo corpo non glielo consentì. Finirono entrambe rovinosamente a terra, sfinite e completamente stremate. Il pubblico si ammutolì. Uniti dal cuore in gola, centinaia si fecero la stessa domanda: chi aveva vinto? Il preside Summers decise di uscire allo scoperto.
Scott;; « Contendenti. E' mio dovere informarvi, che l'incontro era tutta una montatura! » Un boato di persone incredule si levò, rovinando completamente il momento di tensione. Petra ed Elizabeth si alzarono con il busto, doloranti, e si squadrarono per un momento, senza capire cosa stesse succedendo. « Io e i vostri insegnanti non eleggeremo la più forte, bensì.. Vi costringeremo a lavorare assieme. Vedete il vostro scontro come un semplice riscaldamento, perché il vostro avversario.. E' lui! » Dall'alto, una pedana fece calare una capsula che atterrò proprio in mezzo alle due. « Date il benvenuto, a modello sentinella n°OO2. Si tratta del secondo prototipo del vecchio progetto anti-mutante ideato dal senatore Robert Kelly. E' stato partecipe di molte vostre simulazioni, quindi non riuscirete a sorprenderlo tanto facilmente. Quicksilver, Psylocke... Il vostro compito è abbatterlo. »  Dalla Capsula uscì un androide alto tre metri e mezzo, dalle fattezze umanoidi. Camminava lento, ma ogni suo passo risuonava per tutta l'arena. Guardò le due mutanti, che nel frattempo si erano rialzate, con le sue enormi palpebre rosse. Appena Petra notò il rilascio di raggi laser nella loro direzione, si buttò addosso ad Elizabeth per farla scansare in tempo. Successivamente, la trascinò dietro una zolla di cemento, posta verticalmente, in maniera da proteggerle. La sentinella scagliò, su di loro, un getto infuocato. Gli bastò aprire la mano e azionare il lanciafiamme che aveva incorporato. Entrambe se ne stettero al riparo, sentendo che quel nascondiglio non sarebbe durato per molto. Elizabeth fu la prima a muoversi, scagliandosi contro di lui, venendo però sbalzata via da un movimento meccanico del braccio, colpendola ad alta velocità e scagliandola ai limiti dell'arena. Petra si mosse solo in seguito, balzando da lei in un baleno. La sentinella se ne accorse, e la colpì con onde ultrasoniche, che danneggiarono i suoi timpani. Elizabeth approfittò del fatto che Petra le avesse fatto, anche se involontariamente, da scudo umano, e sgattaiolò via. Usò i suoi poteri telecinetici per tentare di strappare via le sue braccia robotiche, ma la sentinella era capace di replicare i poteri con la quale veniva attaccata, e si trovò ad intraprendere una prova di forza con Elizabeth, contrastandola con energia cinetica ostinata e contraria. Petra la vide in difficoltà, e si trovò con le spalle al muro, fino a quando non vide la Katana di Elizabeth, lasciata ancora incustodita sul terreno. Petra fece uno scatto verso di essa, e appena la afferrò, esclamazioni di sorpresa si levarono per tutto il pubblico. Petra aveva le mani tremanti: aveva la sua spada. Una voce nella sua testa le disse di colpire la sua avversaria con essa: dopo tutto quello che aveva fatto, dopo quello che le aveva detto, cosa la tratteneva dall'umiliarla con la sua stessa arma? A pensarci, proprio nulla, ma perché gettarsi via in questo modo? Perché togliersi la possibilità di essere migliore? Elizabeth si sarebbe aspettata un colpo basso, e la quasi totalità del pubblico pure, ma Petra era di tutt'altra fattura, di tutt'altra spina dorsale, di tutt'altro onore. Petra si gettò ad aiutarla, e con un veloce fendente non diede il tempo alla Sentinella di reagire, che finì per avere un braccio diviso a metà. Elizabeth, in questo modo, riuscì a prevalere sul robot, schiacciandolo come una lattina, sfruttando anche il fatto che fosse andato in errore per il colpo di Petra. Entrambe finirono sedute in ginocchio, e l'albina guardò il numero di serie: OO2, ricordandosi di Rexana, che fu la malcapitata capostipite di quel progetto, riportando il numero OO1 sul suo corpo. Elizabeth si pulì del sangue che aveva sul mento, poco prima di realizzare cosa fosse successo. Petra teneva la sua katana non dall'impugnatura, ma dalla lama, ferendosi così alle mani. La lama dell'arma tornò, in questo modo, a sporcarsi del sangue della Maximoff. Petra allungò così la katana ad Elizabeth, che guardò la scena con grande confusione. Lentamente andò ad afferrare la sua katana dall'impugnatura, ed approfittando del tocco di entrambe sull'oggetto contundente, la telepate osservò nella mente dell'albina. Non vide nulla del suo passato, niente che non fosse successo in realtà. Vide sé stessa, da bambina, guardata dagli occhi di un altro bambino. Egli aveva la pelle lievemente scura e i capelli argentei, l'unica cosa che lo accumulava a lui erano gli occhi blu. Entrambi tenevano, nelle loro mani, lo stesso fiore.
Pietro;; « Ciao, mi chiamo Pietro! Ti va di diventare amici? » E forse era proprio quello il modo in cui le cose sarebbero potute andare: senza una confraternita, senza spargimenti di sangue, senza sete di sopraffazione e senza vendetta. Petra ed Elizabeth erano solamente persone che la vita decise di mettere una contro l'altra. L'albina sorrise alla mora: non era un sorriso di superiorità, e nemmeno uno di scherno. Era come se le dicesse " E' stato bello, ma in un'altra vita avrei preferito volerti bene. " Elizabeth afferrò la katana, e sentì la terra mancarle sotto i piedi: un tonfo al cuore, come se si fosse risvegliata dopo un sonno eterno: non sapeva come reagire, non sapeva dove guardare, se non contemplare il proprio riflesso sulla katana insanguinata: che cosa era diventata, negli anni? Petra si alzò da terra, capendo che quello era il momento di calare il sipario. Guardò i suoi insegnanti, i quali, uno dopo l'altro iniziarono ad applaudirla. Successivamente, vennero seguiti da tutto il pubblico. Quel pubblico che l'aveva accolta in maniera così brutale, ora era in piedi per lei, ad applaudirla. Centinaia di mani batterono tra di loro, facendo cadere addosso all'albina una pioggia incessante di acclamazioni. Petra si avviò lentamente verso l'uscita: aveva un volto stremato, ma sorrise. Sorrise perché non aveva alcun rimpianto. Sorrise perché fu consapevole di aver dato tutto quello che aveva. Sorrise perché quella serata non aveva alcun motivo per essere dura con sé stessa. Attraversò l'entrata dell'arena, lasciandosi alle spalle tutto. Uscire dalla Danger Room fu significativo per lei: tutta la stanchezza, tutte le ferite, ed anche la sua uniforme: tutto come prima, come se fosse stata sfiorata solamente da un petalo di un tulipano, ma sapeva che, quella notte, aveva preso un pezzo di Elizabeth con sé, ed Elizabeth aveva preso un pezzo di lei. Qualunque cosa il futuro l'avesse messa davanti, entrambe erano ormai legate indissolubilmente. 

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