XXXVIII° - GIRONE DI SODOMA

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In una grande struttura asettica a forma esagonale, le murature rigorosamente bianche sormontavano un quantitativo ingente di bambini e bambine. Quattrocento esserini non più alti di mezzo metro, tutti vestiti di bianco, erano sottoposti al rigido ordinamento di un collegio. Studiavano una versione della storia gravemente modificata per affiancarsi ad un ordinamento estremista e conservatore, rigorosamente americano. Venivano sorvegliati da strani figuri mascherati e incappucciati di bianco chiamati "Totem", che come colonne sostavano in ogni stanza. Solamente durante la notte, dove i bambini erano stipati in larghe sale a dormire su dei materassini per terra, non stavano sotto la diretta sorveglianza dei Totem. Avevano qualche ora di svago alla sera, quando potevano accedere ad una videoteca stipata di cassette, che introducevano in un lettore vhs di una televisione a tubo catodico. Da qualche settimana a quella parte, una bambina di sette anni dai capelli dorati, immersa in un gruppo di fanciulli e fanciulle altrettanto biondi, si ergeva su tutti gli altri sulla scelta delle cassette. 
Marion;; « Questo! » Esclamò, reggendo tra le mani la custodia di " Valley of the Dolls ".
« Non dirmi che hai scelto ancora un film di quell'attrice! »
« Non è giusto che scegli sempre tu che cosa guardare! Io volevo vedere "Galline in fuga"! » Strepitarono alcuni bambini in protesta, Marion batté il piede per terra, indispettita. 
Marion;; « E invece si fa come dico io, qui sono io il capo e guarderemo i restanti cinque film di Sharon Tate, mi sono spiegata? Anzi: da ora in poi, tutti voi mi chiamerete "Sharon". "Marion" come nome mi fa un gran schifo! » Tuonò, riempiendosi il petto d'aria.
« Ma come puoi pretendere che, da un giorno all'altro, la gente ti chiami con un altro nome? E poi quella Sharon non è nulla di speciale. » L'ironia di essere "geneticamente superiori", tutti stipati in uno spazio limitato, portava i suddetti a considerarsi quanto di più normale e comune ci potesse essere al mondo.
Sharon;; « Zitto! Una volta uscita da qui, io la incontrerò e sarò brava tanto quanto lei! Saprò cantare, ballare e recitare. Voi tutti sarete disposti a venirmi a vedere e pagare biglietti a caro prezzo! » Canzonò, salendo su una sedia per essere più alta di tutti gli altri. 
« Ha ragione! » La voce di una bambina si levò tra la folla. Tutti, essendo praticamente cresciuti lì, si conoscevano bene, ma quella fanciulla dai capelli a caschetto era la sua amica fidata. Rebecca Griffith per molti era considerata la "tirapiedi di Marion", ma la realtà era che la sua fascinazione era dovuta a quanto fiducia Sharon riponesse nelle proprie parole. Sharon era una bambina i cui sogni non finivano all'interno di quelle mura bianche. « Noi tutti dovremmo essere come Sharon! Anche noi ne abbiamo il diritto! Che male c'è se anche noi vediamo, di noi stessi, ciò che gli altri ignorano? E' vero, siamo tutti uguali, ma possiamo essere ugualmente unici! » Nonostante le belle parole, tutti gli altri bambini si allontanarono man mano dal televisore, non volendone proprio sapere, borbottando mezze frasi di disappunto. Rebecca sospirò. « Non ci ascoltano nemmeno... »
Sharon;; « Purtroppo sono come quel racconto che abbiamo studiato.. Come si chiamava? Credo riguardasse una caverna.. » 
Rebecca;; « Intendi il racconto della "Caverna di Platone"?  Ma poi alla fine non si scopriva che il protagonista aveva torto? Sono praticamente sicura che alla fine si scoprisse che fosse tutta una caverna dentro l'altra.. » Sharon ci pensò un po' su. 
Sharon;; « Forse hai ragione.. Ma se non fosse del tutto vero? » 
Rebecca;; « Vuoi davvero pensare che possano esserci delle cose non vere in ciò che ci dicono!? » Domandò sorpresa.
Sharon;; « Niente mi impedisce di farlo! » Le fa un occhiolino con l'occhio sinistro.
Rebecca;; « Ma è proibito contestare ciò che ci insegnano! Se ti sentono i Token possono punirti. » Se ne lamentò, tenendo un tono di voce basso. Sharon fece le spallucce.
Sharon;; « Non mi importa di cosa dicono i Totem, non quando ho un film da guardare! » Replicò particolarmente stizzita, non avendo particolare pazienza verso cose che non le interessavano. Infilò la cassetta dentro il lettore VHS e si sdraiò per terra a fare l'angelo con le braccia e le gambe. Rebecca si unì, come di consueto, a lei. Sharon era infatti molto solita trainare Rebecca in tutte le peripezie più disparate, acquisendo anche un controllo speciale che la bambina non impiegò molto ad eludere, studiandosi gli spostamenti notturni dei Totem. Quella stessa notte, le bambine si erano rifugiate in un vecchio ripostiglio pieno di cianfrusaglie. Rebecca se ne stava a disegnare con dei pastelli su un cartoncino. Sharon era invece intenta a cercare qualcosa che potesse attrarre la sua attenzione, ma senza successo. « Lo sapevo che a venire qui mi sarei annoiata a morte! Che strazio.. Tu che stai disegnando? » Domandò, scendendo dal tavolo per avvicinarsi all'altra. 
Rebecca;; « Il mare, naturalmente! E' un peccato che ci sia solo un pastello blu, però. Se ne avessi a disposizione altri, magari più chiari o più scuri, verrebbe sicuramente meglio. Come nei nostri libri scolastici! » Rispose senza staccare gli occhi dal disegno, sul quale muoveva i crayon più precisamente che poté.
Sharon;; « Che noia! Che ci sarà di divertente nel vedere un'ammasso d'acqua.. E poi non si riesce nemmeno a vedere che c'è dentro. » Lei, così come Rebecca, parlò per proprie opinioni, essendo che nessuno di quei bambini aveva mai visto il mare, se non per illustrazioni. 
Rebecca;; « Ma è proprio questo il motivo per cui è così affascinante! Sarà anche una massa d'acqua, ma è tutto ciò che ci potrai trovare all'interno... Pensaci bene, Sharon! Noi tutti siamo uguali, i nostri capelli sono biondi e i nostri occhi azzurri. Ciò che ci rende speciali, è ciò che possediamo dentro di noi, non sei d'accordo? » Rebecca alzò lo sguardo dal disegno, incontrando nuovamente quello di Sharon, che la fissava con un volto completamente assente. Con una voce talmente piatta e ferma, la bambina le rispose.
Sharon;; « Noi due non siamo uguali, Rebecca. »
Sbatté più volte gli occhi, e si tolse dei capelli che le erano finiti in bocca. Sharon riprese coscienza molto lentamente. Non sapeva quanto avesse dormito, ma quello sotto di lei non era il pavimento cementato del ripostiglio. Con un po' di confusione, si mise seduta.« Rebecca..? » Mormorò, ma non rispose nessuno. Ben presto ella si accorse di stare in una stanza cubica, completamente bianca e vuota, ma soprattutto da sola. Si alzò in piedi, e in quel momento la porta scorrevole di ferro si aprì. Entrò un Totem, seguito da Salomon J. Kelly. Il suo aspetto era iniziato a trasandare rispetto a quando la bambina venne introdotta al progetto. Inquietanti borse sugli occhi e un volto che iniziava ad esser scavato, si presentarono a Sharon.
Salomon;; « Buongiorno, Marion. » Sharon si alzò in piedi.
Sharon;;  « Dove sono?! E poi io adesso mi chiamo- » 
Salomon;;  « "Sharon"? Sì, ne ho sentito qualcosa. » Fece un cenno disinteressato con la mano. Il Totem rimase completamente immobile.  « Sono solo venuto qui a congratularmi personalmente con te, Marion. Infatti, credo proprio che non c'è più bisogno che tu stia con gli altri bambini. Sarebbe una perdita di tempo per te. »
Sharon;;  « E questo che significa? »
Salomon;;  « Mi hanno raccontato che sei una bambina piuttosto dispettosa, ma non ti sembra esagerato mettere le mani addosso ad una tua compagna? » Continuò senza mai alterare il tono della voce, Sharon spalancò gli occhi, guardandolo totalmente inorridita.
Sharon;;  « Io non ho fatto proprio niente a nessuno! » Esclamò arrabbiata. 
Salomon;; « Puoi non credere a me, ma prova a smentire le parole della tua amica. » Dalla tasca del cappotto tirò fuori un registratore portatile, sul quale premette un tasto per far partire il nastro. Sharon risentì la voce di Rebecca, una voce spezzata dai singhiozzi. « Io non so come sia successo.. Da un momento all'altro, il suo occhio viola ha incominciato a ballare e.. e.. Senza motivo, mi ha dato uno schiaffo e mi ha messo le mani al collo! L'ho pregata di smettere, ma.. ma non mi ha ascoltata! Se non fosse stato per tutto quel rumore, probabilmente sarei morta.. » La bambina incominciò a tremare, era confusa e spaventata. Sentì parlare la sua amica di cose di cui lei non sapeva assolutamente niente e i suoi occhi diventarono lucidi e gonfi.
Sharon;; « N-Non è vero! Io non ricordo niente! » Tirò su con il naso più volte, e provò a pensare e ripensare a ciò per cui era stata accusata, ma non riuscì proprio a rimembrare di aver mai fatto una cosa simile. Inevitabilmente, la bambina finì per piangere lacrime salate, stropicciandosi i capelli dalla disperazione, il tutto per avere la totale impassibilità da parte sia di Salomon e del Totem. « SEI UN BUGIARDO!!! » Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Salomon;; « Solo perché tu lo sappia, "Sharon", sarebbe meglio per te che ritorni a farti chiamare come i tuoi genitori hanno deciso per te. Vedi, quell'attrice, quella Sharon Tate, è morta decenni fa. » Egli riuscì a farla smettere di piangere, ma al prezzo che anche una bambina di otto anni poté capire che quello era solamente un modo sadico di gettare benzina sul fuoco volontariamente.  « Noi del governo avremmo potuto fermare Charles Manson e la Familia, avremmo potuto, ma non lo abbiamo fatto. » Concluse, guardandola con gli occhi più sprovvisti d'animo umano che potessero esserci, prima di voltarle le spalle. La bambina urlò, e caricò immediatamente l'uomo alle spalle. Il Totem si frappose tra loro, ma con la stessa sorpresa del futuro senatore, la guardia del corpo venne atterrata dall'agilità della bambina, che lo tenne in controllo tramite una leva al braccio. Il Totem urlava di dolore: la bambina lo aveva completamente immobilizzato ed era a due centimetri dal slogare la spalla. In quel momento, il senatore capì che quella bambina sarebbe presto diventata un'arma, e che il suo istinto violento e repressivo, caratterizzato dal bagliore viola del suo occhio, poteva essere sfruttato e alimentato da un continuo tormento psicologico. Salomon J. Kelly, un uomo educato fin da bambino alla totale assenza di empatia nei confronti di chi considerava "inferiore", inculcato alla radice con l'idea di poter ottenere qualsiasi cosa, anche calpestando ogni diritto e compiendo veri e propri attentati alle Convenzioni di Ginevra. Anni e anni dopo, si trovò ad osservare il corpo di Calibano riversato a terra, completamente nudo, e con la schiena piena di solchi impressionanti. Stava ad un gradino dalla morte, vicino ai piedi di un uomo depravato e a quelli di un mutante traditore. « Ci è voluto un po', ma alla fine confessa chiunque. » 
Azazel;; « Che ne facciamo di lui? » 
Salomon;; « Non credo che sarà più di suo interesse, manderò delle inservienti; quando la puzza di carne mutante putrefatta sarà insostenibili per le mie narici. Andiamo, Azazel. » Il suono delle sue scarpe risuonò per tutto quel laboratorio degli orrori, accompagnando l'uomo all'uscita. Azazel si smaterializzò accanto a lui.
Azazel;; « Deve riconoscere che in tutti questi anni non ha mai avuto grandi possibilità di arrivare a rintracciare Mystica. Almeno non fino a quando sono arrivato io. » Asserì con un tono di superiorità.
Salomon;; « Questo è vero. Mio padre era un gran uomo, ma il suo più grande errore, era quello di non riuscire a contrattare con i Genoma X. A gran riprova, che in tutto questo, la vendetta del suo assassinio mi interessa molto poco. » L'uomo guardò dritto davanti a sé, percorrendo assieme al teleporta rosso un corridoio che sembrava infinito. 
Azazel;; « Mystica è una mutante straordinaria, fin da quando era poco più di una ragazzina. E' un peccato.. Che ciò che è nato dal suo grembo, non abbia preso nulla dalle sue cellule preziose. A quanto so, ha semplicemente le mie abilità. Niente di unico, niente di speciale. » Mormorò con voce graffiante. 
Salomon;; « Risparmiami dettagli sui tuoi miscugli. Il "Legacy Virus" è già un incurabile complesso chimico, ma potrà finalmente uscire dal processo di sperimentazione quando Mystica sarà prosciugata del corredo genetico. Sfrutteremo qualsiasi cosa, ed una volta inutile, il suo corpo verrà dato alla fiamme. Spero che tu non abbia rimorsi dell'ultimo minuto, Azazel. » Per l'unica volta, Salomon guardò il mutante con la coda dell'occhio, senza però voltarsi verso di lui.
Azazel;; « Niente che l'aumento promesso non possa lenire. E per quanto riguarda la ragazza? »
Salomon;; « Per il momento sarà prigioniera in quella terra di primitivi. L'abbiamo addestrata per anni, facendo in modo che lei diventasse un'arma letale ad ogni umiliazione. Quando sentirà le barre in cui è rinchiusa, farsi ancora più strette, darà sfogo alla sua vera natura. Possono anche disattivare il chip che le è stato impiantato nella testa, ma non possono cambiare la sua natura. E presto non sarà sola. La carneficina del Wakanda, sarà come tutte le altre: totalmente invisibile al resto del mondo. » Parlava con un tono di voce così baritonale e monotono, che paradossalmente mostrò una sicurezza ineccepibile. 
Azazel;; « Quindi, direi di procedere con il "Protocollo Phantom." » Salomon annuì.
Salomon;; « E i nostri ospiti ci hanno aspettato a sufficienza. » Commentò.
Azazel;; « Ospiti. » Ripeté, trattenendosi una risata.
Salomon;; « Per quanto tu voglia fare lo spiritoso, Azazel, come dico sempre: decido io chi è un mutante e chi no. » I due arrivarono finalmente ad una portone, che una volta aperto dava su un salone enorme, dove su un lungo tavolo rettangolare vi erano quattro figure sedute a croce. Un umanoide dalle sei braccia e dalle lunga corna ossute che uscivano dalla testa. Aveva pulsanti occhi rossi, una lunghissima ma ritirata lingua e la sua pelle era talmente screpolata e rovinata che si potevano vedere numerosi livelli cutanei, come se fosse un rettile sempre in muta. Aveva lunghi capelli arancioni, che scendevano sul suo corpo muscoloso ma tirato all'inverosimile. Davanti a lui un mutante dalla testa a forma di luna, completamente bianca, vestito di un completo a pois colorati. Aveva uno sguardo assorto, quasi assente, ma sulla linea che lo divideva dall'essere estremamente concentrato. Le sue mani erano guantate, e sulle spalle teneva un gattino impagliato. A capotavola vi era seduta una figura femminile, o almeno quella che sembrava essere tale, perché il suo volto era coperto da una maschera di pelle, sulla quale sovrastarono folti capelli ricci e castani, rigorosamente finti. Non aveva braccia, ma chiaramente delle protesi di plastica. Posta all'altro capo della tavola, infine, la figura più anonima delle quattro: si trattava come di un manichino totalmente rivestito di nero, del quale si poteva delineare solo le fattezze di un volto, perché l'abito nero scendeva ad essere un vestito più ampio. Tutte e quattro le figure, si voltarono verso Salomon. 
La rovinosa battaglia che si era svolta all'interno della Danger Room aveva premiato tutti i coinvolti con una tuta speciale. Alla fine, l'intento di Petra era riuscito: aveva eliminato l'elitarismo all'interno degli X-Men, e al costo di battagliare uno scontro mortale, chiunque si era aggiudicato un posto. E com'erano entusiasti ad indossare quelle tute elasticizzabili, che si adattavano a qualunque tipologia di fisico e altezza, ma due persone in particolare rimasero all'interno del laboratorio di Hank: Petra e Havok, a fare ancora delle lavorazioni sulle rispettive tute. Siccome tutte loro erano dotate dell'intelligenza artificiale D.R.E.A.M., Petra passò le ore a modificare i parametri della voce, con le cuffie alle orecchie, in modo tale che questa assomigliasse a quella di Sharon; e non si arrese, non prima che quest'ultima avesse raggiunto un risultato quasi perfetto. Con quel sogno che Elizabeth la costrinse a fare per farla stare calma, ella si preoccupò molto di potersi dimenticare la voce della donna da un momento all'altro; improvvisamente di non riuscire più a ritrovare quel tono che slegava ogni suo singolo nervo. Petra ascoltò così tante volte la frase: " Benvenuta, Petra Maximoff " che il suo cervello si intorpidì. Il giovane Summers, invece, era intento a togliere ogni congegno che acconsentiva la direzione del suo potere. In sintesi, voleva fare tutto da solo, esattamente come nella Danger Room. Una volta raggiunto il suo scopo si alzò, piegando la tuta come le riuscì, per tornarsene finalmente alla sua stanza, ma venne bloccata da una frase improvvisa di Alex.
Alex;; « Sei morta, almeno un po', oggi? » Petra si voltò, lentamente. Aveva un'aria stanca, ma non troppo per sostenere quella conversazione.
Petra;; « Che tipo di risposta vuoi? » 
Alex;; « La verità. » Rispose prontamente.
Petra;; « No. Non ho lasciato niente nella Danger Room. Se per te è stato così, non dipende da me. Io ho fatto solo ciò che ho fatto. » Rispose calma, ma piatta. Provò a voltarsi nuovamente, ma Alex si alzò dalla sua postazione.
Alex;; « Credi di sottovalutarci in questo modo? Noi tutti combattiamo per una possibilità, e a te scivola addosso come pioggia. Puoi colpirmi quanto forte puoi, ma dimostri solo di avere ragione di una cosa: essere la figlia di Magneto. » Il volto di Petra non mutò, ma ritornò su di lui. Questa volta fece un passo verso la sua postazione, senza mai sbattere gli occhi.
Petra;; « Se per farti parlare come un membro di una squadra, devo colpirti più forte che posso o diventare la copia carbone di mio padre, allora faresti meglio a forgiarmi un elmo già da subito. Ma ti avverto, non ci sarà una seconda volta come questa. Io non mi sentirò vincolata in alcun modo, ed incomincerai a vedere doppio. Ti preoccupi di cosa hai perso, riparti da quello che hai. » Petra concluse con una serietà estrema, senza mai interrompere il contatto visivo, tranne quando inforcò la porta di quel laboratorio che, di suo malgrado, aveva imparato a conoscere molto bene. Non amava spiegarsi ulteriormente, e per questo sperò con tutto il cuore che il messaggio fosse arrivato a destinazione. Non si sarebbe mai presa a carico di tale responsabilità, soltanto per vedere qualcuno farsene gioco. 
Quella tuta sembrò quasi una seconda pelle, che andò a rivestire il corpo di Petra già coperto dall'uniforme decorata con la bomboletta spray. I toni andavano dal blu all'azzurro, con delle aree nere a fare da contrasto. Sul petto, luminoso, pulsava il simbolo degli X-Men. Sul braccio destro aveva una fascia rossa. Si guardò allo specchio della camera, più volte, sentendo tutto il corpo estraneo sulla sua pelle. 
Raven;; « E così sei a capo di tutto. » Commentò, rivolgendole la parola di sua spontanea volontà per la prima volta dopo la furente litigata. « Quel simbolo è strano su di te, ma te lo sei guadagnato. »
Petra;; « Non lo avrebbe mai detto nessuno. »
Raven;; « Nessuno avrebbe mai detto tante cose. » Kimberly era intenta ad annusare quel misterioso tessuto sintetico, partendo dalla gamba. « Quindi, quando partirete? »
Petra;; « Tra due giorni. » Poggiò le mani sulla credenza, reggendosi da lì, e chinò il capo.
Raven;; « Immagino che questo tarderà la nostra spedizione. » Petra fece cenno di no.
Petra;; « Non possiamo permettercelo. Per quando torneremo, ho la sensazione che potrebbe essere troppo tardi. » Incrociò le braccia al petto e girò per la stanza. « C'è solamente un modo. »
Raven;; « Sei sicura? Non so quanto potrò proteggerti. Non so come potrebbe reagire. »
Petra;; « Non tornerò a casa sottoforma di copia, so che se ne accorgerebbe. » Sospirò.
Raven;; « Avrai tante cose da spiegare, spero che tu possa avere il tempo necessario. » Si sedette sul letto.
Petra;; « Questa cosa è stata rimandata per troppo tempo, e per quanto mi intimorisce, entro domani sera.. Io devo essere al monte Wundagore. » Si scrocchiò il collo, per alleggerire la tensione.
Raven;; « Sei sicura di trovarla lì? » Domandò.
Petra;; « In qualche modo, me lo sento. Si tratta di mia sorella. »


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