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Mercoledì

Ho bisogno di una pala

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Ho bisogno di una pala.
Ho bisogno di una pala per sotterrarmi.
No ceh, nel senso... Enid che compie un omicidio? O meglio... due?
Enid dietro le sbarre?
Enid che rischia di rovinarsi le mani fresche di manicure?
Nah.
Invece sì.
Se ne è andata sbattendo la porta lasciandomi come una cogliona.
Olè.

Ora sono a un parco completamente a caso seduta sotto un albero di quercia a leggere.
Almeno qui regna il silenzio.
Aaaaaaaaa, che bella sensazione.
Sento gli uccellini cinguettare, i grilli frinire e l'infrangersi delle onde della spiaggia che da di fronte al parco sulle rocce.
Devo dire che è una sensazione abbastanza piacevole.
Non ce la facevo più a stare rintanata in quella stanza.
Avevo bisogno di aria.
Mi sono imposta di non pensare mai più a Tyler.
Ah! Mi maledico per averci ripensato.
Non posso veramente credere che una persona sia stata in grado di causarmi così tanto dolore. Più di una volta, oltretutto.
Ci va molta maestria in questo.
Io, che sono sempre fredda, distaccata e impassibile con tutti arrivare al punto di piangere per un ragazzo.
Piangere, capite?
Davvero, non mi riconosco più.
Non pensavo nemmeno di saper più produrre lacrime.

Rivolgo lo sguardo verso l'alto notando che il cielo si sta tingendo di grigio.
E che due palle.
Secondo i miei calcoli sta per venire a piovere.
Scrollo le spalle.
Io amo la pioggia. Ma c'è un problema. Non dispongo di un ombrello.
E ti pareva.
Roteo gli occhi fingendomi disinteressata dal fatto che da lì a poco sarebbe cascato il mondo e riprendo a leggere il mio amatissimo romanzo.
A una certa sento un grido.
Le mie pupille saettano in giro per il parco cercando di capire da dove provenisse quel suono e dopo poco ho la mia risposta.
«Mamma, ti prego! Non voglio andare a casa! Voglio stare con Rupert!» urla una bambina con indosso un vestitino a pois neri e bianchi.
«Non mi interessa, devi fare i compiti delle vacanze!» dice la donna vestita di tutto punto trascinando la piccola peste per un polso con violenza.
"Che gran rottura i genitori" penso tra me e me.
Meno male che i miei non sono qui, se no mi sarei già affogata nel mare.

Alzo gli occhi al cielo riprendendo a leggere il giallo. Prima o poi ce la farò a finirlo.
«Mercoledì!» mi giro di botto cercando di capire chi fosse così ansioso di parlarmi.
E lo vedo lì.
Di fronte a me in preda a una crisi di nervi.
Non ho voglia di parlare con lui.
Anzi, mi correggo.
Non riesco a parlare con lui.
Non dopo quello che ho scoperto.
Si avvicina a me.
Noto che ha attirato l'attenzione dei passanti, ma scrollo le spalle.
«Devo parlarti» mi dice con il fiatone mettendosi una mano sul petto.
Lo ignoro riposando lo sguardo sulle pagine ingiallite del giallo fingendomi disinteressata.
Devo dire che ogni volta che lo vedo è sempre più figo.
A quanto pare della Mercoledì prima della Nevermore non è rimasto praticamente nulla.
Perché se così non fosse ora non morirei dalla voglia di saltargli addosso nonostante tutto.
Questo è l'effetto che mi fa averlo vicino.
Che schifo.
Ormai non mi stupisco più di me stessa.
Rimango zitta in attesa che se ne vada, ma una piccola parte di me è curiosa di sapere che cos'ha di così urgente da dire.
«Io non sto più con Jenny, Mercoledì. Quindi non so come sia possibile che lei sia rimasta incinta. Lei mi ha lasciato per un altro, quindi il bambino che ha in grembo quasi sicuramente sarà del tizio con il quale mi ha cornificato» fa una piccola pausa riprendendo fiato.
«Io non riesco a non stare senza di te, Mercoledì» si avvicina sempre di più a me. «Sei come una droga per me. Amo tutto di te e il fatto di non averti mi sta facendo uscire di testa. Non ti biasimo, giuro. Ma non riesco a starti lontano. È come se una corda invisibile ci legasse e mi spingesse verso di te. Non so spiegarmelo questo ma penso che la risposta sia molto semplice». Prende un grande respiro.
Non riesco a sentirlo dire queste cose. Mi sto sciogliendo come un calippo al sole. Non si fa così.
Gli occhi mi bruciano, segno che il mio corpo mi sta dicendo di piangere. Ma non lo farò. Almeno, non più. Penso di avere esaurito tutte le lacrime che avevo in circolo per il numero indefinito che ne ho versato in questi giorni.

Continuo a fissare la pagina come se fosse la cosa più interessante del mondo ma continuando ad ascoltarlo.
«Penso proprio di essermi innamorato di te, Mercoledì» chiudo gli occhi con forza per evitare di fare uscire una lacrima e rivolgo lo sguardo dovunque tranne che a lui.
Si mette in ginocchio avvicinandosi a me guardandomi dritta negli occhi.
«Per favore, Mercoledì, perdonami. Non volevo ferire i tuoi sentimenti. Non lo farei mai. Sei la persona più importante della mia vita» rivolgo lo sguardo a lui guardandolo negli occhi. Sono liquidi e noto che è sincero.
Dicono che gli occhi sono lo specchio dell'anima, e mi sa che in questo caso, devo dare ragione a quell'incapace.

«La verità è... che mi manchi. Ogni secondo, ogni minuto, ogni ora, ogni giorno. Sei sempre nei miei pensieri. Sei il motivo per cui sono felice. Il sorriso è il mio, ma il motivo sei tu» mi stringe le mani tra le sue. Per qualche motivo incognito lo lascio fare.
Pure un poeta è questo quì.
Non ce la faccio proprio a resistergli. La vecchia me a queste parole le sarebbe venuto il diabete cronico, ma adesso sentirgli dire queste cose mi ha, come dire, rassicurato.
«Sei il regalo più bello che la vita mi abbia potuto offrire. Sei il motivo per cui sorrido. E lo so che anche tu mi ami, anche se non lo dici. E stai tranquilla. Dire "ti amo" a una persona non è una cosa da poco. Non ti metto fretta, altroché. Ognuno ha i suoi tempi. Ma se non te la sentissi di rispondermi, sappi che io non me la prendo. È giusto così. Non sono così stupido come tanti pensano» fa un leggero sorriso.
«Dammi un'altra possibilità. Dacci un'altra possibilità» ora sta letteralmente piangendo davanti a me.
Sento una lacrima attraversare il mio viso per poi toccare le mie labbra. L'asciugo subito con il dorso della maglia e prendo un grande respiro.
«No» sussurro a fatica con ancora le mani intrecciate alle sue.
Non riesco ad aprire di nuovo il mio cuore. Non posso. Mi sto dimostrando già debole per questo. Il cuore mi sta battendo all'impazzata e sento che anche il suo battito è irregolare. Io non merito di trovare l'amore. Sono senza speranza. Una delusione per tutti. Per la mia famiglia, per quelli che dicono di essere miei amici... per tutti.

«Credimi se ti dico che io non voglio questo» cerco di regolarizzare il mio respiro, fallendo.
«Ma...» distolgo lo sguardo dai suoi splendidi occhi verdi.
«È la cosa giusta da fare» stacco le mie mani dalle sue afferrando il libro che avevo appoggiato sull'erba e lo ripongo dentro la mia borsa a tracolla.
Gli do le spalle rimanendo ferma con gli occhi chiusi. È troppo difficile.
Lo sento singhiozzare. Così mi giro stringendo forte a me la borsa.
«Ti prego» sussurra con gli occhi rossi.

Mercoledì, non piangere!
Non essere debole, per la miseria!

«A quanto pare non era destino» dico a fatica.
Si morde le labbra guardandomi con uno sguardo che chiede perdono.
Non ci riesco.
È mio forte di me.
Non sono abbastanza forte per sopportare tutto questo.
«Mi dispiace» riesco solo a dire questo prima di dargli le spalle e incamminarmi verso una meta indefinita. L'importante è non essere troppo vicino a lui. La parte irrazionale del mio cuore mi sta urlando: "che cosa stai facendo? Corri da lui a baciarlo!" Ma l'altra, dissente.
Così ho deciso di lasciare perdere entrambe e fare come dice la mia mente. Cioè di mettere da parte i sentimenti ed essere superiore a tutto questo.
Mi giro un attimo riprendendo a guardarlo.
«Non seguirmi per cortesia. Finirei per mandare a fanculo la razionalità e baciarti» gli do le spalle allontanandomi da lui lasciandomi indietro tutto quel dolore e tutta quella sofferenza riemersa dopo mesi interi a fare finta che non siano mai esistiti.
Stringo i pugni fino a fare diventare le nocche bianche così forte da farmi male.
Arrivo davanti alla spiaggia e noto che è vuota. Tiro un sospiro di sollievo.
Mi tolgo le Monolith e rimango a piedi scalzi sulla soffice sabbia. Ci giocherello un po'. Sento un sassolino. Lo afferro e rimango per qualche secondo a osservarlo. È a forma di cuore. Chiudo gli occhi con forza. Lo tengo stretto nella mia mano e lo lancio più forte che posso al mare.
Mi metto le mani nei capelli trattenendo le lacrime sbattendo ripetutamente le palpebre. Tutto questo è nuovo per me. Non sono abituata.
Improvvisamente mi scappa un urlo di frustrazione che riecheggia nella spiaggia per secondi interi. Dentro ci metto tutta la sofferenza, tutto il dolore e le delusioni che ho avuto fino ad adesso. Mi fa male la gola, ma chi se ne importa. Appoggio la testa sulle ginocchia nascondendo la faccia iniziando a far fatica a respirare. E un numero indefinito di lacrime inonda il mio viso con mia grande sorpresa.
Chi sto diventando? Non sono io questa.
Possibile che l'amore debba fare così male?
Mi sento come se avessi un macigno sul petto che mi impedisce di respirare regolarmente.
I singhiozzi non vogliono smettere e così mi abbandono una volta per tutte a un pianto liberatorio.

L'amore fa schifo.

MY OXYGEN -Weyler edition-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora