Dopo tutto il casino successo lo scorso semestre alla Nevermore, Mercoledì decide di cercare invano di dimenticare Tyler.
Così un giorno, la sua migliore amica, Enid le fa una telefonata chiedendole se per le vacanze volesse andare in spiaggia. Lei...
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Allora... ricapitolando... Sto per morire per mano di non si sa chi, mi chiamo come una strega vissuta più di cinquecento anni fa, ho scoperto l'esistenza di un pugnale in grado di annientare qualsiasi tipo di essere, è ritornato zio Fester, si è fidanzato, tra poco si sposa, non si sa che cosa provo per Tyler e... basta. Direi che può bastare. Ho una vita che fa decisamente invidia alla tavoletta del cesso. E oltretutto devo tornare al posto che più si avvicina all' Inferno, detto comunemente casa. See, proprio. Rivedere madre e padre. Io mi impicco. Sicuramente la mamma mi soffocherà con la sua solita solarità quasi ai livelli di Enid. Quel lupo non lo batte nessuno. Mentre riguardo a padre, non mi ha mai causato così tanti problemi, si è sempre fatto gli affari suoi. Non ha mai avuto interesse nell'intromettersi nella mia vita privata. Questo è un bene. Pugsley... bah... lasciamo stare che è meglio.
«Ehi, sei pronta?» mi urla zio Fester a cusa della distanza che ci separa. Lui è in bagno che sta facendo Dio solo sa cosa mentre io sto capendo per quale motivo madre ha deciso di procreare. Vabbé. Ormai è così. Devo farmelo andare bene.
Penso che un bel viaggetto immergendomi nel 1500 possa farmi bene. Almeno così non penserò a Tu sai Chi, anche se non ne sono così tanto sicura di riuscirci. Prendo un grande respiro e chiudo la zip della borsa da viaggio dove all'interno ho inserito: una corda, il mio amatissimo taiser, una torcia, un casco, e degli strumenti di tortura. Così. Mi fanno compagnia. Ecco che in una piccola borsa entra tutta la mia vita. Olè.
«Sì, sono a posto. Tu invece?» mi carico sulle spalle la borsa attendendo una risposta da parte di Fester. Ma nulla. Il silenzio totale. «Ci sei?» mi sto seriamente preoccupando. Cammino a passo felpato verso la porta del bagno e la apro piano ma è vuoto. «Ma che stai facendo?» «Dio!» impreco mettendomi una mano sul petto. Ci impiego qualche secondo a riprendere a respirare regolarmente. «Mi hai fatto venire un colpo!» lo rimbecco spingendolo piano indietro. «Calmati, non ho intenzione di morire. Non ora almeno» sorride. Ormai devo capire che con persone come Fester Addams non è possibile instaurare una conversazione di senso compiuto. Almeno non per un tempo prolungato. Scrollo le spalle a quel pensiero. «Allora? Andiamo?» domanda lui guardandomi. Esito per un istante. Perché? Ah boh. Ultimamente è tutto un po' confuso. «Che domande» roteo gli occhi e mi avvio verso la porta della stanza. Sento i passi dietro di me da parte di Zio Fester farsi sempre più vicini. Mi fermo un attimo sull'uscio della porta e lascio che Fester mi sorpassi. Rimango qualche istante a tirare un ultimo sguardo alla stanza. Me ne sto andando senza dire nulla alla persona più ansiosa sulla faccia della Terra. Ladies and Gentlemen... Enid Sinclair! *applauso a caso*.
So bene che appena tornerò ( se sarò ancora viva) mi sbraiterà addosso di tutto e di più coinvolgendo anche delle divinità. Evviva. Estraggo dalla tasca un foglietto piegato in due. Sbuffo rientrando dentro la camera e lo lascio ai piedi del letto di Enid dove al suo interno si trova un biglietto con scritto che non mi hanno rapita gli alieni ma sono andata in giro. Non voglio raccontare i fatti miei. Nemmeno a Enid. E anche se decidessi di farlo sarebbe troppo lunga da spiegare. Una giornata non basterebbe. E non sto scherzando. Mi dirigo verso l'uscita una volta per tutte. Afferro la maniglia rotonda doranta chiudendo così la porta.