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Mercoledì

Ho perso il conto dei minuti che sono passati da quella telefonata

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Ho perso il conto dei minuti che sono passati da quella telefonata.
Tamburello con le dita sul legno laccato di nero della scrivania in attesa del suo arrivo.
«Quanto ha detto di metterci nel venire quì?» si lamenta Enid ora sdraiata sul mio letto buttando la testa all'indietro.
«Qualche ora»
Lei sbuffa portandosi entrambe le mani sul viso.
Attimi di silenzio.
«Sei sicura di quello che stai facendo? Insomma, potrebbe essere stato Ty-»
«No» la blocco con un segno della mano.
«Lo capisco che vuoi proteggerlo ma devi essere anche realista».
Giro la sedia verso il letto a baldacchino dove è seduta.
«Enid. Lo ripeto per la decima volta: so quello che faccio»
Lei annusice piano con il capo.
Mi rigiro verso la scrivania osservando la macchina da scrivere posata sopra senza un preciso motivo.
«È arrivato» irrompe nella stanza Tyler che era andato a prendersi una boccata d'aria, come la chiama lui.
Prendo un grande respiro e mi alzo dalla sedia dirigendomi verso la finestra.
Butto lo sguardo al di fuori del vetro ed è lì che noto una figura alta vestita in un completo nero elegante con nella mano destra una valigetta ventiquattrore nera.
Sta parlando con qualcuno.
Ma ovviamente a causa della grande distanza non riesco a capire una cippa.
Subito dopo riconosco mia madre avvicinarsi all'Esper porgendogli la mano in segno di conoscenza.
Roteo gli occhi e mi decido a scendere di sotto con Tyler e Enid alle calcagna.

«Lei deve essere la signorina Addams. Piacere di conoscerla» mi porge la mano sinistra, dato che l'altra è impegnata a sorreggere la valigetta come se fosse la cosa più preziosa che possiede. Dopo un attimo di esitazione la afferro in una stretta di mano decisa non togliendogli gli occhi di dosso.
«Spero non sia un problema se ho portato alcuni miei colleghi» mi indica quella che suppongo sia la sua macchina dove all'interno, per via dei finestrini abbassati, intravedo due figure. Una femminile e l'altra maschile. Dopo qualche secondo aprono la portiera e scendono dall'auto con un eleganza a dir poco sublime.
La ragazza avrà all'incirca una trentina di anni. Capelli biondi a spaghetto, occhi azzurri da perdercisi dentro, gambe chilometriche sorrette da tacchi più alti di me... classica massima di ragazza americana.
Riguardo il ragazzo è di colore, con un paio di occhialini sottili argentati posati sulla punta del naso e vestito anche lui con il medesimo completo del dottore.
Si avvicinano a noi piano come se stessero sfilando sulla passerella del Paris Fashion Week.
«Lei è Emily Raison» spiega il dott. Nathan facendo spuntare un sorriso sulle labbra della bionda.
«E lui è il mio consigliere più fidato: Matt Gemberly» conclude lui in attesa di una mia reazione.
Stringo la mano a entrambi squadrandoli con lo sguardo dall'alto in basso come mio solito.
«Mi dispiace molto non poter venire con voi» riconosco la voce di madre alle mie spalle.
Mi giro lentamente.
Anche a me, guarda.
«Addio» taglio corto per poi voltarmi facendo un cenno di salvataggio all'Esper. Lui coglie il mio messaggio esplicito rivolgendomi un sorriso impercettibile a un occhio poco allenato. Ma io ovviamente lo noto.
Dopodiché Enid e Tyler si presentano.
«Non vorrei mettervi fretta, ma tra un paio di ore ho il volo per Londra» dichiara lisciandosi la barba.
A quella frase Enid mi chiama coinvolgendomi in un abbraccio che decido di non ricambiare.
Lei non verrà con noi. Resterà con mia madre. E mio padre. E mio fratello... e zio Fester... povera ragazza.

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