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Mercoledì

Mercoledì

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Non mi sento più la gola da quanto ho urlato. Una cosa fuori dal comune, sicuramente.
Chi l'avrebbe mai detto che Mercoledì Addams fosse in grado di provare sentimenti diversi dalla rabbia? Nessuno, ecco chi.
Mi sto trasformando in una debole. Ma a dirla tutta, lo sono.
Non sono nemmeno in grado di guardarlo in faccia quando mi parla. Come posso pretendere di essere considerata ancora una dura?
Che credibilità ho?
Nessuna.
Che emozioni provo adesso?
Nessuna.
Ho un vuoto immenso dentro di me.
Quali sono le persone che ho a fianco?
Nessuna.
Mi sono innamorata?
Non lo so.
Ormai non so più nulla.
Dicono che l'amore è la cosa più bella che ti possa capitare nella vita. Io aggiungerei anche quella più brutta.
Mi sento come un terreno incoltivabile. Impossibile da recuperare. Che ormai non serve a nessuno. Perché non è utile.
Ecco come mi sento.
Nessuno.
Inutile.
Non ci faccio niente qui.
Ormai finisco sempre per soffrire ogni volta che mostro anche solo un grammo della mia parte "umana".
Che senso ha rimanere in vita?
Desidero sparire.

Rivolgo lo sguardo verso il cielo e un fulmine riecheggia nell'aria per un minuto buono. Ma non mi scompone.
È come se intorno a me ci fosse il nulla.
L' emerito nulla.
Che cosa tremendamente triste.
E non come piace a me.

Una goccia bagna le mie trecce ormai ridotte uno schifo. E un'altra. E un'altra ancora.
Benissimo.
Sta piovendo.
No.
Mi correggo.
Sta diluviando.
Olè. Ti pareva.
Mi tiro su controvoglia. Le mie gambe mi portano verso una meta indefinita.
Dopo qualche minuto scorgo in lontananza la tettoia dell'albergo.
Mi stringo nelle spalle nascondendo le mani nella felpa ormai appiccicata alla mia pelle.
Spingo la porta verso l'interno e quel maledettissimo campanello invade i miei timpani.
Chiudo gli occhi rassegnata che ormai la serata non può finire peggio di così. Non oso alzare lo sguardo. Non faccio altro che guardare i miei stivali ormai invasi dal fango. Li dovrò sicuramente buttare. Si sono spellati. Cinquecento dollari buttati nello scarico del cesso. Ma non mi interessa attualmente. Salgo le scale ricoperte da un tappeto rosso e mi trovo dopo poco davanti la porta della mia camera. Rimango davanti all'uscio della porta dubitando se entrare o meno.

Mi sento osservata.
Sbarro le palpebre girandomi piano e sento una voce alle mie spalle.
«Sorpresa!» esclama rivolgendomi un sorriso a trentadue denti.
«Zio Fester!» dico sgranando gli occhi.
Mi sorride.
«Che fai? Non mi inviti a entrare?»

***

«Che ci fai qui?» gli domando porgendogli una tisana presa dal mobile delle meraviglie di Enid.
«Grazie Viperetta. Ho voluto farti una sorpresa» mi dice imbarazzato osservando le mattonelle della stanza.
See, ormai le balle le so riconoscere lontane un miglio.
«Tu non me la dici giusta» incrocio le braccia fissandolo attentamente.
Indossa il suo solito cappotto nero lungo fino alle ginocchia con sotto un abito elegante. Compreso di cravatta.
No aspettate.
In che senso, scusa?
«E va bene. Vedo che non ti sfugge mai niente» ammicca un sorrisino beffardo lanciandomi un'occhiata d'intesa.
Io alzo le spalle disinvolta.
«No, niente».
Lui esita per qualche secondo per poi spiegare. «Ecco, mi trovavo in Arizona, insieme ai tuoi» e che gioia.
«E con la mia nuova fidanzata» dice rapido prendendo un sorso della tisana. Mi va di traverso la saliva. Per poco non soffoco.
«Fidanzata?» faccio eco.
«Ehm, sì. Una ragazza molto gentile, carina... con istinti omicidi, e molto flessibile» dice malizioso.
«Zio Fester!» esclamo disgustata storcendo il labbro inferiore.
Lui fa una risatina leggera.
«Come si chiama questa tizia?» domando scocciata.
Di certo una cosa così non me la sarei mai aspettata.
Gli tiro un'occhiataccia in attesa della sua risposta.
«Evelyn Graces» dice ovvio.
Aggrotto le sopracciglia cercando di ricordare qualcuno che di cognome facesse Graces.
«No, nessuno» dico ad alta voce.
Fester aggrotta le sopracciglia per un attimo per poi ritornare a sorridere.
«Tra poco Addams» specifica osservando la porta d'ingresso.
«Che cosa?!» sbotto indignata.
«Le hai chiesto di sposarla?» domando come se fosse la cosa più brutta del mondo.
«Poverina» sussurro.
Fester mi lancia un'occhiataccia.
«Te l'avrei detto» si giustifica.
«E quando? Alla prima comunione del vostro primogenito?» dico sarcastica.
«Probabile» fa una leggera pausa. «Ma conoscendoti l'avresti già fatta scappare a gambe levate».
«Faccio questo effetto» mi vanto tirando una treccia all'indietro. Appena la tocca rabbrividsco. Ho i capelli che sembrano paglia.

MY OXYGEN -Weyler edition-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora