34. Pettegolezzi

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Ero bloccata nel traffico della 495 e la mia determinazione si stava trasformando in frustrazione

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Ero bloccata nel traffico della 495 e la mia determinazione si stava trasformando in frustrazione. Vedevo lo skyline di Manhattan davanti a me, ma in quel momento sembrava sempre più irraggiungibile.

Non vedevo Nate praticamente da due giorni, a parte l'incursione notturna della notte precedente. Non sapevo nemmeno se il nostro amplesso fosse successo davvero o fosse stato solo un bellissimo e torbido sogno. A ogni modo non ero mai riuscita a parlare con lui. La nostra comunicazione si limitava a pochi lapidari sms e nessuna chiamata. Il suo comportamento era davvero insolito.

Quella mattina mi aveva fatto consegnare a casa un cappuccino e qualche altra leccornia del Bake'n Beach, come a dirmi che voleva essere presente al mio risveglio, ma quel gesto era in netta contrapposizione con il suo comportamento.

Aveva sempre gestito i suoi affari e il suo tempo libero in modo equilibrato e quindi non mi bevevo molto la storia dei grossi problemi in ufficio, per i quali non riusciva nemmeno ad alzare il telefono a parlare un po' con me. Allo stesso tempo però, non volevo cedere a tutte le congetture che affollavano la mia mente. Glielo avevo promesso.

Così quella mattina io, la mia tazza da viaggio e il mio Wrangler, improvvisammo una incursione a sorpresa nella Grande Mela. Avrei parlato faccia a faccia con Nate e lui avrebbe spazzato via ogni mio dubbio.

La coda di macchine non si muoveva di mezzo metro. Presi il telefono per assicurarmi per lo meno di trovarlo nella sede della sua casa editrice.

[Ciao Cap, sei in ufficio?]

Consegnato.

Letto.

Nessuna risposta.

Dopo quarantacinque minuti riuscii a raggiungere il grattacielo dove aveva sede la sua casa editrice.

Parcheggiai e subito dopo controllai il telefono. Ancora nessuna risposta.

Non mi importava. Entro pochissimi minuti mi sarei trovata faccia a faccia con lui e gli avrei chiesto cosa c'era che non andasse.

Salii al cinquantesimo piano. Quando entrai nell'hall degli uffici notai che non c'era Maddy, la ragazza del centralino. Al suo posto dietro al bancone della reception, c'erano tre diverse impiegate le quali sembravano nel completo caos.

«Ciao, vorrei vedere Nathan Walsh, per favore.»

«Ciao, sei sua sorella giusto?»

Strinsi le labbra e risposi nervosamente di si. Essere vista come sua sorella in tutta la Long Island era già pesante. Ma qui a Manhattan avrebbe potuto anche presentarmi come la sua ragazza.

«Emily, sai se il Signor Walsh è libero?»

«Deve essere nel suo ufficio con Kathleen Stuart per conto di Dubois»

Deglutii nervosamente.

La terza ragazza che era impegnata in una conversazione al telefono, si intromise nella conversazione.

La mia piccola tempestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora