Si chiamava Luca, era uno studente italiano che stava frequentando un corso estivo per stranieri. Solare, sfacciato e invadente, aveva preso una poltroncina e si era messo affianco al mio tavolino.
Stava talmente disturbando tutta la Fleet Library che pensai avesse scambiato l'area centrale della biblioteca, disseminata di poltrone, tavolini e lampade da lettura, per un lounge bar. In effetti, poteva apparire così, ma nessuno si era mai azzardato a intavolare una conversazione in quel luogo.
La sua voce rimbombava fra le colonne e le arcate di quello spazio che mi aveva protetto e accolto nelle ultime giornate. Era stato il mio rifugio per tutta la settimana. Quando arrivavo a casa, lontano da altre persone, non facevo altro che piangere. Mi addormentavo in lacrime e mi svegliavo nella stessa condizione.
Mi vergognavo talmente tanto per essere stata così stupida da credere che tra me e Nate ci fosse qualcosa di vero e speciale. Non avevano nemmeno chiesto il conforto di Micky. Le avevo mandato solo un messaggio per avvisarla della mia partenza ed ero entrata in silenzio radar anche con lei.
Non mi sentivo pronta ad ammetterle quanto fossi stata ingenua.
Così stavo trascorrendo le giornate in completa solitudine. Tolleravo la presenza di altre persone solo unicamente in quel luogo perché mi impedivano di piangere e, di conseguenza, mi davano l'opportunità di studiare. Allo stesso tempo, e con mia immensa gratitudine, le interazioni in biblioteca erano limitate per forza di cose. Questo ovviamente non valeva però per il bel italiano.
Gli approcci di Luca erano talmente grotteschi che ad un certo punto, invece di innervosirmi, riuscirono quasi a strapparmi una risata per la prima volta dopo giorni.
Risata che si spense subito, intravedendo con la coda dell'occhio una notifica sul cellulare, lasciato sul tavolino.
Nate aveva provato a chiamarmi anche quella mattina, rendendo l'uscire di casa ancora più faticoso, dato che avrei voluto spegnere il telefono, ributtarmi a letto e fingere di non esistere.
Luca continuava a parlarmi con il suo accento divertente, ma io non lo stavo più seguendo. Sentii il mio cuore iniziare a galoppare e il respiro diventare sempre più difficoltoso. Avevo uno strano presentimento. Afferrai con uno scatto il telefono.
«Scusami, devo andare alla toilette.»
Non so quanto tempo passai chiusa là dentro, dopo aver ascoltato il messaggio in segreteria e visualizzato gli screenshot, ma non riuscivo a ricompormi per tornare in mezzo alla gente.
Mi sembrava di essere dentro un loop temporale. Mi asciugavo le lacrime, facevo grandi respiri, mi alzavo dal wc e non appena toccavo la maniglia della porta ricrollavo. Mi riaccasciavo sul coperchio del water stringendomi le spalle per non urlare, dopo diverso tempo mi riasciugavo le lacrime e riprovavo invano ad uscire.
Avrei dovuto essere sollevata perché la spiegazione di Nate sembrava confermare il fatto che mi amasse davvero. Ma non mi sentivo affatto così perché dall'altro lato scoprire che Michela era stata capace di fare una cosa simile, di manipolarmi in quel modo, mi aveva destabilizzata. Era stata il mio unico punto di riferimento per anni e io non mi ero accorta di nulla. Come una scema mi ero bevuta tutta la sua recita dell'amica felice per me.
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La mia piccola tempesta
ChickLit[COMPLETA] 🔞Contenuti sessuali espliciti🔞 Gabi ha sviluppato una personalità auto-sabotante, vivendo allo sbando tra un'esperienza estrema e l'altra con la speranza che qualcuno si accorga di lei. Nate, il suo nuovo fratellastro, un affascinante g...