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T/N's pov

Mi trovavo in un ampio cortile contornato di alte mura bianche e adorno di splendidi fiori. Avevo indosso un abito magnifico ma molto scomodo: aveva il corsetto, manco fossimo nell'Ottocento. Un uomo vestito come un cameriere mi si avvicinò e mi fece cenno di seguirlo. Il cielo era azzurro, e il Sole splendeva. Entrammo in una stanza sontuosa con un lungo tavolo in mogano apparecchiato, la tovaglia in pizzo bianco sopra quella di seta rossa arrivava quasi a toccare terra. L'uomo che a questo punto credevo un uomo della servitù mi fece sedere a destra da capotavola, dove si sedette un uomo alto e muscoloso, benvestito e ben curato. Aveva sul viso un'espressione autorevole e decisa, avrà avuto intorno ai trent'anni. Quando si girò verso di me, però, cambiò viso, diventando improvvisamente Hansamu. 
«SORELLINA, è questo che ti aspetterà se verrai a vivere con me. Avrai una vita agiata e piena, e un marito bello e ricco. Cosa vorresti chiedere di più?» Io impallidii: come faceva ad essere entrato nei miei sogni? O magari era tutta un'illusione creata dalla mia mente.
«Voglio cambiare sogno.» 
«Ma questo non è un sogno, ti sono entrato in testa. Queste parole che ti sto dicendo sono tutte vere, non sono frutto del tuo cervello.» 
«Ok, corteccia prefrontale? Rispondi, per favore? Può bastare così, non serve che continui con questa farsa.» 
«Cara la mia sorellina, tu non stai sognando. La tua anima è davvero qui con me e quest'uomo.»
«Non ci credo.» 
«Se non fosse vero... potrei farti questo?» La faccia di Hansamu scomparve e mi trovai di nuovo davanti all'uomo che non conoscevo. Decisi di chiamarlo Jack, perché mi sembrava che avesse una faccia da Jack.

Jack avvicinò il suo volto al mio, e tentò di baciarmi, ma io mi scansai. Poi mi prese la testa con una mano, costringendomi a rimanere ferma. A quel punto mi baciò, ma io non ricambiai, anzi, gli morsi il labbro, molto forte anche. Mi sentii istantaneamente la guancia bruciare: mi aveva tirato uno schiaffo, e aveva fatto abbastanza male. Non era un sogno. Mi alzai di scatto da tavola e provai a correre fuori, ma l'uomo della servitù assunse la faccia di Hansamu e mi bloccò.

«Vedi sorellina, sei bloccata qui fino a quando non ti sveglierà qualcuno. Sarai bloccata qui con Jack per tutta la notte, anche se a te pare che sia giorno qui.» Ci avevo azzeccato con il nome, ma ero bloccata all'interno di una dimensione diversa dalla mia con l'anima cosciente di un uomo di circa quindici anni più grande di me. All'improvviso mi sentii la testa girare, pensando alla gravità della situazione. Cercai di liberarmi dalla stretta di quell'uomo che credeva di essere mio fratello, nonostante per me fosse solo un $%&?!"£°#* indegno del nome che portava, ma sembrava che a bloccarmi fosse un pezzo di metallo. Cercai di attivare il mio Nen di manipolatrice, ma non funzionava. 
«Ah, già, mi ero scordato: sei forzata in stato di Zetsu, quindi non sforzarti di produrre aura. Buona serata, sorellina mia.» Detto questo, anche la faccia dell'uomo della servitù tornò normale, e io continuavo a dimenarmi, fallendo miseramente. Improvvisamente mi ricordai che a volte Killua mi aveva detto che parlavo nel sonno e mi agitavo, quindi mi sforzai di addormentarmi all'interno di quella dimensione. Iniziai a canticchiare una melodia che mi aveva sempre aiutato a rilassarmi, e caddi tra le braccia di Morfeo. Com'era prevedibile, stavo facendo un incubo: stavo precipitando in un vuoto con la voce di Hansamu che mi diceva di andare a vivere con lui. Iniziai ad urlare, quando sentii qualcosa di gelato in faccia: era acqua. Mi svegliai nel mio letto al campo piangendo. Davanti a me c'era Killua che mi guardava preoccupato con un bicchiere vuoto in mano. Lo abbracciai piangendo. Lui posò il bicchiere e mi strinse forte a se. Nascosi il viso nell'incavo del suo collo mentre continuavo a singhiozzare. Provai ad emettere aura, e grazie al cielo ci riuscii.

«Ehi, che succede?» Mi domandò lui dolcemente, mentre mi accarezzava la testa con una mano. Io non riuscivo a rispondere, ero ancora terrorizzata. Avevo paura che sarei rimasta bloccata dentro quel castello con Jack all'infinito, in mezzo a scomodi vestiti e sontuosi banchetti. Cercai di prendere un bel respiro, ma non ci riuscivo. Mi stava venendo un attacco di panico. E voi direte: "Un attacco di panico? Non sarà un po' esagerato?" Ma voi non sapete che sono claustrofobica. O meglio: sono terrorizzata dall'idea di non poter uscire, di non potermi muovere, di non poter reagire. Quindi per me rimanere lì bloccata anche solo per pochi minuti era stato orribile. 
«Oi, calmati!» Mi mise distesa sul letto, poi mi guardò negli occhi. 
«Respira con me, ok? Uno, due, tre.» Il mio respiro era affannato, ma si stava calmando. Mi sentivo soffocare, ma mi sforzai di continuare a respirare. Stavo bene, ero a casa. Ero con una delle persone a cui volevo più bene sulla faccia della Terra, non con uno sconosciuto di nome Jack in una dimensione parallela. Ero libera di fare quello che volevo, non ero impotente. 
«Shhhh, va tutto bene. Ora qui con te ci sono io, ok? Ti voglio bene T/N, sappilo sempre.» Nel sentire quelle parole pronunciate dall'albino mi calmai definitivamente, rilassando il respiro. Avevo il viso pieno di lacrime, ma avevo smesso di piangere. Mi tirai di nuovo seduta e riabbracciai Killua. 
«Grazie, Kil. Non so cosa farei senza di te.» 
«Non ti preoccupare, sei al sicuro adesso. Ci sarò sempre per te.» Fece per alzarsi e tornare nel suo letto, ma gli afferrai il braccio. Arrossii al pensiero di quello che stavo per chiedergli, ma avevo paura. 
«A-aspetta... resti con me? P-per favore...» Anche lui arrossì leggermente, ma mi sorrise e si sedette vicino a me, per poi stendersi. Mi misi accanto a lui, che con fare insicuro mi abbracciò. Era caldo, mi faceva sentire davvero al sicuro. Inconsciamente, mi rimisi a canticchiare quella melodia che mi aveva salvato da Jack, e feci un piccolo sorriso, scivolando piano piano nel sonno.

Mi trovavo sotto un albero, tra le braccia di qualcuno. Avrò avuto quattro, forse cinque anni. All'improvviso le due braccia che mi tenevano mi lanciarono per aria, e io mi appesi ad un ramo dell'albero per non cadere. Sotto di me c'era Hisoka con le braccia tese. Anche lui era piccolo, ma ai miei occhi era grandissimo: aveva dodici o tredici anni. Stava sorridendo alla mia espressione dubbiosa: in quel momento, non sapevo se lasciarmi cadere o se arrampicarmi ancora più in alto sull'albero. Alla fine, decisi di lasciarmi, e mio fratello mi prese al volo, poi mi abbracciò. Ci mettemmo di nuovo seduti a terra, stavolta però uno davanti all'altro. Tirò fuori delle carte e mi fece un gioco di prestigio, a cui rimasi stupita, dopodiché si mise a canticchiare una melodia. 
«Fratellone, che cosa canti?» 
«Una ninnananna.» 
«Perché? Vuoi dormire?» 
«No, è solo che mi piace molto.» 
«E come si chiama?» 
«Si chiama "la ninnananna di Zelda".» 
«Chi è Zelda?»
«Non lo so.»
«Me la canti?» 
«Va bene, vieni qui.» Mi prese in braccio e la intonò. 

Nemmeno il tempo di finirla che mi ero addormentata, e mio fratello mi diede un bacio sulla fronte.

Mi svegliai serena nel mio letto al campo. Sentii un tepore di fianco a me, e mi ricordai di Killua. Notai anche che eravamo ancora abbracciati e avvampai leggermente. Mi voltai lentamente: aveva la bocca leggermente schiusa, e sorrisi alla sua espressione beata. Lo stavo ancora guardando quando aprì gli occhi, ed io spostai lo sguardo ancora più imbarazzata.

«Buongiorno» Mi salutò sbadigliando. Anche lui aveva le orecchie rosse, ma sembrava meno in imbarazzo di me. 
«Noto con piacere che mi stavi osservando. Ti è forse piaciuto quello che hai visto?» Mi chiese con un ghigno, mentre io mi facevo ancora più rossa. 
«Sbavavi.» 
«E io dovrei crederti?» 
«Basta che controlli nell'area vicino alla bocca, sei ancora umido.» 
«Sicuramente era solo per quello.» Si pulì i rimasugli di saliva che aveva sulle labbra, poi mi si avvicinò e mi diede un bacio a stampo.

«CHE CARINIIIIIIIIIII» Era Bisky ad aver urlato, era appena rientrata. Io e Killua ci staccammo subito e lui si alzò. Eravamo entrambi talmente rossi da fare invidia a dei pomodori. 
«Eddai ragazzi, c'era anche Gon qui con voi. Vi pare un comportamento adeguato? E poi avete solo quindici e sedici anni!» 
«Ma- MA CHE STAI DICENDO?» Strillai io. Probabilmente ero diventata bordeaux. 
«Ho fatto un incubo e gli ho chiesto di rimanere con me... Davvero!» Biscuit aveva una faccia maliziosa e inquisitoria, che diceva chiaramente: "Sese, credici. Credici che ci credo."

A quel punto mi alzi dal letto, presi dei vestiti e andai a fare una doccia.


SPAZIO AUTRICE

Ciao a tutti. Lo so che in questo periodo sono abbastanza inattiva, e vi chiedo scusa. Comunque, grazie per tutte le 311 letture, grazie di cuore, e anche per le 45 stelline.

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La mia Moonshine (KilluaxReader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora