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T/N's pov

Avevamo appena cenato. Stavo andando a farmi la doccia quando mi ricordai che non potevo andare ad un appuntamento in pigiama, quindi mi vestii in modo carino e sopra mi infilai il pigiama. Avevo optato per dei jeans corti e un top non troppo attillato bianco che lasciava le spalle scoperte: era bello e facile da nascondere sotto il pigiama.

Mi infilai a letto e presi in mano il libro di fisica: dovevo aspettare che Bisky e Gon si addormentassero. Iniziai a ripassare, ma ogni due secondi mi ritrovavo a pensare a Killua, che stava fingendo di dormire (Io ovviamente ero più brava, ma anche lui non era male).

Gon dormiva oramai da mezz'ora, Bisky da dieci minuti circa e Killua... Si era addormentato?! Finalmente potevo avere la mia vendetta. Mi avvicinai di soppiatto e sospirai quando vidi il suo viso: mentre dormiva sembrava un angelo. Mi preparai a fargli il solletico. La mia mano stava per toccare il suo ventre quando sentii che qualcosa mi aveva afferrato il polso. E quel qualcosa era la mano di Killua, che improvvisamente aveva aperto gli occhi sorridendo divertito al mio tentativo di vendetta. Si mise seduto e mi sillabò:  
«Se ti giri un attimo mi cambio» Io mi girai subito e iniziai a sfilarmi il pigiama da sopra i vestiti, poi lo nascosi sotto le coperte. Pochi secondi dopo mi sentii toccare la spalla e mi girai. Killua era vestito con una canottiera nera leggermente attillata e dei jeans logori strappati intorno alle ginocchia. Era bellissimo. Mi mosse un braccio davanti la faccia per risvegliarmi dalla mia trance. Mi diventarono rosse e orecchie, ma lo seguii fuori dalla tenda. Ci facemmo una corsetta fino alla torre diroccata e, una volta arrivati, restai strabiliata. Nonostante l'esterno rovinato, l'interno era in buonissime condizioni: c'era un quadro ancora appeso rappresentante una bellissima ragazza dai capelli neri e gli occhi azzurri. Avrà avuto più o meno la mia età ma era vestita da sposa. Fortunatamente per lei, l'uomo che le stava affianco avrà avuto al massimo cinque o sei anni in più, e soprattutto lei lo guardava con amore. Mi girai e vidi un affresco che raffigurava una bellissima valle attraversata da un ruscello limpido. Di fianco alla sorgente erano raffigurate delle scale. Killua ci si stava avvicinando e mi accorsi che le scale non facevano realmente parte del dipinto: erano le scale che portavano sul tetto. 

Nonostante le scale non sembrassero finire mai, il risultato ne valse la pena: dalla cima della torre si vedeva un panorama mozzafiato, e una miriade di stelle. Guardai meravigliata la natura che mi circondava, poi sentii tirarmi un braccio verso il basso: era Killua che mi faceva cenno di sedermi. Rimanemmo a guardare il cielo un altro po', poi presi coraggio ed iniziai a parlare.

«Killua, senti, ti devo dire una cosa» Dissi io impacciata. 
«Ed è che... sei bellissimo. E simpatico. E gentile. E affettuoso. E...» Stavo per aggiungere altro, ma fui interrotta dalla sua risata. Poi fu lui a prendere la parola, guardandomi negli occhi. 
«T/N, adesso tocca a me.» Mi prese entrambe le mani e continuò a parlare. 
«Ed è che ti trovo la migliore ragazza esistente al mondo, e mi piaci.» 

Il cuore iniziò a battere più velocemente, e la velocità continuava a salire. Gli piacevo. IO GLI PIACEVO!!!!!!! Poi fece una cosa che mi aspettavo ancora meno.

Spostò le mani sulle mie guance, avvicinò la sua fronte con la mia e mi baciò. Mi baciò davvero. Di sua volontà. Non per colpa di un Kurapika arrabbiato. Passarono pochi istanti prima che ricambiassi il bacio, ma ero insicura: non avevo mai baciato nessuno prima, quindi mi affidai a lui. Continuammo fino a quando non rimanemmo senza fiato, poi ci mettemmo io con la testa sulla sua spalla e lui che mi abbracciava. Capii che mi potevo fidare di lui, perciò presi un bel respiro e spezzai quel momento così romantico.

«Killua, senti, c'è... c'è una cosa che devo dirti.» 
«Dimmi» 
«Io non faccio di cognome Summer» 
«Già lo sapevo. Ho capito che mentivi perché tu non sei capace a mentirmi.»
 «Io te lo dirò solo se mi prometti di non dirlo a nessuno fino a quando te lo dirò io.» 
«Muto come un pesce» e nel dirlo, fece una faccia buffa: gonfiò le guance e incrociò leggermente gli occhi, suscitandomi una risata. Poi tornai seria e dissi: 
«Il mio cognome è... io mi chiamo T/N Morou» Inizialmente lui sembrò non capire e non reagì. Poi realizzò e la sua faccia divenne come la strada dove sfilano i carri di carnevale: vidi sospetto, inquietudine, comprensione, terrore, stupore. Mi stava guardando come a chiedere se fossi seria o scherzassi. Io mi feci una risata e continuai. 
«Hai capito bene, Hisoka è mio fratello.» 
«Ah... e a lui va bene se stiamo qui ora? Non voglio farmelo nemico, ho paura di lui... Non è che ti ho fatto qualcosa di male? O...» 
«Vedi? È proprio per questo che non ve l'ho detto! Sapevo che avreste reagito così. E io volevo che mi conosceste come "T/N", non come "la sorella di Hisoka". Volevo guadagnarmi la vostra stima con le mie sole forze. E se avessi fallito... bhe, allora pazienza.» Il mio tono di voce si era incrinato leggermente per la rabbia, e Killua dovette notarlo, perché addolcì lo sguardo e tornò ad abbracciarmi come prima. Poi con voce più calma mi chiese: 
«E com'è? Come fratello, intendo.» 
«Onestamente? Io lo trovo il migliore del mondo.»
«Però non vi somigliate per niente» 
«Perché in realtà non abbiamo un vero e proprio legame di sangue. Vedi, io sono originaria della Città delle Stelle Cadenti. I miei genitori, poco tempo dopo essersi sposati, trovarono questo bambino abbandonato in fasce fra i rifiuti, perciò decisero di prenderlo e crescerlo come un figlio. Decisero di chiamarlo Hisoka, ovvero misterioso, perché non sapevano nulla di lui. Pochi anni dopo nacque il mio primo fratello, Chojiro, ed un anno ancora dopo nacque il mio altro fratello: Hansamu. Era un bambino bellissimo, e lo era anche quando è cresciuto. Passarono altri quattro anni e nacqui io. Eravamo poveri, e i miei fratelli iniziarono a lavorare a soli sei anni. Chojiro aveva un animo gentile ed era umile, faceva le pulizie nel "Comune" della Città, sempre che lo si potesse definire tale. Hansamu era vanitoso e narcisista, andava fuori città e faceva da modello per i negozi d'abbigliamento. Hisoka faceva tre lavori: era prestigiatore per strada, poi faceva i tornei di combattimento e faceva la pulizia nella Chiesa, che era l'edificio cuore della città. Io all'epoca avevo due anni, mentre lui dieci. Nonostante tutto quello che faceva, trovava comunque sempre il tempo di giocare con me. I miei genitori non mi volevano, io sono un errore. Sono ancora viva solo perché Hisoka giurò che avrebbe provveduto lui a tutto ciò di cui avevo bisogno appena avessi smesso di essere allattata. E così fece. Ogni giorno portava a casa un pranzo e una cena solo per me. Poi quando compii i sei anni toccò anche a me lavorare, ma nessuno cercava una bambina come me. Perciò Hisoka, che aveva perso il lavoro della Chiesa mi propose un gioco con cui avremmo anche guadagnato. O meglio: lui lo faceva passare come un gioco. In un paesino vicino la polizia cercava aiuto per smascherare un pedofilo che girava da un po' e che aveva rapito già cinque bambini. Perciò Hisoka disse che era un gioco: io dovevo recitare la mia parte, e dovevo cercare l'altro attore. Nel mentre lui sarebbe stato sempre dietro di me e quando avrei trovato quest'altro giocatore lui sarebbe uscito allo scoperto e io avrei vinto. Io accettai e iniziammo ad aiutare tutte le cittadelle vicino a quella delle Stelle Cadenti. Improvvisamente i miei iniziarono a volermi bene, ma io preferivo sempre e comunque Hisoka a loro.»

«Quando feci dieci anni, però, successe il dramma: Chojiro morì. Sul lavoro, ci fu una disputa e un proiettile vagante lo ferì sulla tempia. Non morì sul colpo, ma noi non avevamo i soldi per le cure. Dopo il funerale Hansamu disse che abbandonava la Città per sposare una ragazza ricca e bella e fare fortuna. Da quel momento io lo considero morto. A mio padre venne un attacco di cuore per quel colpo e rimase in coma per un mese, poi purtroppo non ce la fece. Mia madre, a questa notizia decise di suicidarsi. Perciò rimanemmo io e Hisoka, che mi disse che aveva trovato un bellissimo posto dove vivere e mi ci portò. Poi mi comprò un po' di vestiti, mi lasciò tutti i soldi che aveva e mi abbandonò, dicendo che sarei dovuta riuscire a tirare avanti con le mie sole forze. Mi si spezzò il cuore. Iniziai ad odiarlo, ma non cambiò nulla. Lui non... non tornò.» Dissi io singhiozzando leggermente. Killua stava continuando ad ascoltarmi e stingermi a se, mentre mi accarezzava dolcemente i capelli. Io feci un respiro profondo e continuai il racconto.

«Non è che non sapessi difendermi, Hisoka mi aveva insegnato a difendermi dagli "uomini cattivi", come li chiamava. Perciò per prima cosa cercai un alloggio che avrei potuto usare per un po' di tempo. Trovai un monolocale di undici metri quadrati in cui non funzionavano ne l'elettricità ne tantomeno gas o acqua calda al prezzo di cinquemila Jenny totali, ma il proprietario, vedendo che l'acquirente era una bambina piccola vestita di stracci abbassò il prezzo a duemila e cinquecento. Erano tutti i soldi che avevo, erano quelli che mio fratello aveva iniziato a mettere da parte sin da quando ero nata. Perciò comprai la casa e andai a cercare lavoro presso la polizia, pensando di poter fare la stessa cosa che Hisoka chiamava "il gioco dell'attore", anche se oramai avevo capito che non era un gioco. Passarono due anni da quel giorno, mi ero messa da parte qualche soldo: ero riuscita a comprarmi un telefono e a riattaccare luce e gas, quando mi arrivò una chiamata da un numero sconosciuto. Io risposi e...  prova ad immaginare chi era? Esatto, era Hisoka. Dopo che mi aveva abbandonata per strada e non si era fatto vivo per due anni mi stava chiamando. Immagina quanto fossi arrabbiata. La mia risposta fu tipo: "TU BRUTTO FARABUTTO COME TI PERMETTI DI CHIAMARMI AL TELEFONO DOPO QUELLO CHE MI HAI FATTO!?!" e non immagini come mi ha risposto! "Ciao sorellina, come stai? Mi sei mancata tanto, lo sai?" Io stavo letteralmente per esplodere, e per evitare di dirgli cose di cui mi sarei pentita per sempre misi il muto. Nel frattempo lui stava continuando a parlare: "Sai, perché non provi l'esame da Hunter? Riusciresti sicuramente a superarlo. Io ho provato l'anno scorso, l'ha superato perfino un ragazzino della tua età. Ci riusciresti sicuramente." Io mi ero incuriosita, ma non per questo ero meno arrabbiata. Perciò tolsi il muto e gli risposi: "Mi dispiace dirtelo, ma non mi alleno più in quello che mi hai insegnato tu da un bel po'. E poi non è pericolosissimo? Non posso rischiare." "E che problema c'è? Vengo io ad allenarti. Che ne dici, accetti?" "Ad una sola condizione" Gli risposi io. "Dimmi" "Che ti lasci tirare un pugno in faccia senza pararlo e senza rispondere." "D'accordo. Sei sempre nella stessa città, vero? Ci vediamo domani allora" E con questo mise giù. Il giorno dopo venne da me e iniziò l'allenamento, e ti assicuro che quello di Bisky in confronto è una passeggiata di piacere. Mi insegnò ad utilizzare il Nen e come sfruttarlo, poi andai a fare l'esame da Hunter, a tredici anni. Non fu difficile. Tornai a lavorare per la polizia per altri due anni, fino a quando sempre Hisoka mi informò del vostro gruppo e decisi di provare ad entrare. E il resto già lo sai.»

Dopo questo mio lunghissimo racconto lo guardai, per cercare di capire che cosa pensasse ora di me. Lui mi stava guardando ammirato e curioso, ma non c'era disprezzo nel suo sguardo. Poi mi disse: 
«Wow. Non immaginavo che avessi passato tutto questo. È quasi peggio della mia storia.»
«Sei la prima persona con cui riesco ad aprirmi così. Grazie» dissi io ricominciando a singhiozzare leggermente. 
«Ne sono onorato.» mi disse quasi sussurrando, poi mi diede un altro tenero bacio. Mi aiutò. Mi fece capire che nonostante tutto quello che avevo passato ci sarebbe stato comunque qualcuno che mi avrebbe voluta e amata. Mi lasciai andare sorridendo sulle sue labbra, mentre una lacrima calda mi scorreva sul volto.

La mia Moonshine (KilluaxReader)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora