CAPITOLO 24

147 11 40
                                    

LA SCELTA

A volte prendiamo delle decisioni nonostante siamo consapevoli delle conseguenze.
Scegliamo di agire, sapendo quando male andrà e forse è un po' una forma di masochista. Abbandoniamo le nostre certezze, più sicure e confortanti, per buttarci in situazioni difficili e di solito dolorose. Sappiamo quello che stiamo facendo e diciamo di non avere scelta.
Rhea sapeva di avere una scelta, non era così ipocrita da fingere il contrario.
Poteva rimanere a Long Island, riposarsi prima di continuare a cercare una cura per il suo cancro, poteva crescere Robin insieme a Christina.
Poteva usare il tempo le rimaneva per creare nuovi ricordi.
Eppure lei scelse diversamente, scelse di combattere, di non arrendersi al tempo e alla mortalità. Non si sarebbe arresa all'universo, al Tesseract.
Quando si svegliò si trovò nel letto Robin, le stringeva un braccio con forza, col viso innocente sul cuscino di Dean. Perché per lei quello era il lato del suo primo amore e mirando la foto appesa sentì una fitta colpirla.
Quella notte aveva fatto degli incubi, per l'ennesima volta si era svegliata spaventata di aver causato un terremoto. Invece andava tutto bene.
Non c'era più tempo da perdere, così si era alzata ed era andata in laboratorio.
Aveva fatto ciò che sapeva fare meglio : essere un genio.
Non era stato facile risalire alla vera identità dello psichiatra di Berlino ma ci era riuscita : Helmut Zemo.
Helmut J. Zemo era nato nel 1978 a Novi Grad, la capitale della Sokovia, e proveniva da una famiglia aristocratica, dalla quale ha ereditato il titolo di barone.
La cosa che la sorprese è che nonostante avesse già un posto di potere, di nobiltà rispetto la povertà della sua Nazione, lui era entrato nell'esercito.  Zemo si unì alle forze armate e divenne il comandante dell'EKO Scorpion, l'unità tattica paramilitare di Sokovia.
Rhea conosceva quel nome, sapeva che cosa faceva l'EKO, ovvero si occupava di uccisioni.
Questo aveva chiarito ogni cosa, ciò che lui voleva era la vendetta.
Ci pensò per ore mentre gli altri dormivano e la prima volta da settimane, sperò di rivedere suo padre come allucinazione, così che potesse ordinarle cosa fare.
Lui aveva sempre un piano, lei seguiva il caos.
Non voleva essere un'eroina, un Avengers, voleva essere una madre. Voleva vivere per Robin, dargli stabilità. Non poteva farlo restando paralizzata, cercando di fuggire da sé stessa, dalla sua natura e dal suo passato.
Doveva ricordare, prendersi le sue responsabilità o sarebbe diventata davvero la figlia dell'Hydra. Doveva essere migliore e questo significava fermare Zemo, fermare quei soldati.
Doveva fare qualcosa di buono.
Quindi, per la prima volta, da un anno, entrò nei file dell'Hydra che erano stati diffusi da Natasha. C'erano così tanti orrori, così tante storie ma la falla era ovvia al suo cervello.
La stessa falla nella mente di Bucky, ovvero sé stessa. Dove c'era lui, molto spesso, c'era stata anche lei.
Fu così che trovò l'Inferno di Ghiaccio, la base in Siberia.
C'era una foto, non l'aveva mai vista, eppure la riconobbe.  Prese tutte le informazioni, caricandole sul server della navicella nell'hanger nascosto.
Poi uscì e andò in salotto, erano già tutti svegli.
Christine stava al computer con una tazza di caffè, sembrava impegnata a guardare delle lastre, le sue lastre.
Natasha la vide per prima, le sorrise con la bocca piena di cereali. <<Buongiorno>>

<<Tutto bene?>>chiese Steve, apparendo dalla cucina.

Bucky, seduto sul divano si voltò a guardarla. Sembrò essere l'unico a leggerle la mente, lo sguardo che si scambiarono parve avere un linguaggio tutto loro. 

<<Lo hai trovato>>

<<Sì>>ammise.<<So dov'é e credo che ci stia aspettando>>

Natasha si alzò, Steve si raddrizzò e Bucky parve quasi dispiaciuto. Tutti e tre si stavano abituando a quella casa, alla pace che c'era. Christine invece distolse gli occhi, fissando il cervello della sua amica, il modo in cui il tumore cresceva.
Era così preoccupata.

𝐒𝐈𝐍𝐍𝐄𝐑 - 𝐓𝐡𝐞 𝐀𝐯𝐞𝐧𝐠𝐞𝐫𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora