CAPITOLO 30

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UN VECCHIO AMICO

A volte siamo certi di dover affrontare tutto da soli.
Ci convinciamo che sarebbe più facile, non si deve dipendere da nessuno, non bisogna parlare o discutere. Si può fare ciò che si deve e ciò che si vuole, niente sensi di colpa, niente accuse.
Stare soli, per molti versi, è più semplice.
Rhea ricordava di non esserlo sempre stata ma ricordava abbastanza da desiderare di diventarlo.
Non voleva vivere con dei fantasmi, come suo padre che la inseguiva ovunque ma almeno i fantasmi non potevano fermarla.
Aveva lasciato il letto il caldo di Steve, addormentato innocentemente. Nudo tra le lenzuola, sarebbe voluta restare lì per sempre, al sicuro ma allo stesso tempo si pentiva.
Girarsi, guardarlo, l'avrebbe davvero fermata.
Così se n'era andata, perché nessun uomo poteva avere quel potere sulla sua vita, sul suo destino.
Non era giusto restare, si era detta, era ancora una madre e aveva delle responsabilità. Come poteva dimenticarsene così in fretta? Come poteva aver ceduto?
Aveva una brutta sensazione.
Così si era preparata, nessuno l'aveva fermata tra le guardie, quasi capissero o sapessero di non poterlo fare. E lei andò dritta verso la piattaforma, ed era quasi riuscita ad arrivare al suo mezzo quando percepì l'aria cambiare.

<<Rhea!>>

Steve.
Ella si paralizzò, stringendo i pugni e guardò la navicella davanti a lei, mancavano pochi passi ed egli era arrivato al momento giusto per lui ma sbagliato per lei. Maledetto destino, pensò.
Voleva ricordare quella che avevano avuto come un regalo del tempo, un attimo vissuto per egoismo, per desiderio, chiuso in una bolla.
Ma adesso la bolla stava per scoppiare.
Lo sentì avvicinarsi a passi lunghi e distesi, riusciva a sentire persino quello che provava, era una strana percezione la sua e iniziò a pensare che qualcosa in lei stava decisamente cambiando.
Tutte quelle verità che cosa la rendevano?

<<Non ci posso credere, stai davvero scappando>>

Ella aggrottò le sopracciglia e solo per questo si voltò<<Non sto scappando.>>

Steve era proprio di fianco a lei, bello ed impossibile.
I capelli castani, poco più lunghi erano scompigliati come mai prima d'ora e l'accenno di barba lo faceva apparire solo più duro, forte e grosso. Osservò la canottiera bianca che gli fasciava i muscoli, la pelle che lei aveva accarezzato e baciato, di cui dubitava le sarebbe bastato.
E sì, era decisamente arrabbiato.

<<Questo non è scappare?!>>sbottò. <<Andarsene di soppiatto, senza dire niente a nessuno, lasciando il nostro let..>>

Il nostro letto, pensò lei, si sentì andare a fuoco e solo per questo non gli fece finire la frase.

<<Okay>>lo fermò<<Avevo già detto che sarei partita, lo avrei fatto prima se...>>

<<Se non fosse stato per me?>> toccò a lui interromperla.

No e sì.
No, perché era stata male in quella caverna e ciò le aveva rubato tre giorni ma sì perché era rimasta di più per lui, per sentire come poteva essere stare insieme.
Ed era stato perfetto.
Lui era così perfetto, era un'eroe e lei era la Peccatrice, non era buona ma egoista. Era una Pierce e la famiglia veniva prima di tutto, qualcosa dentro di lei le urlava di correre a casa.
Da Robin, ma perché?

<<Steve, devo andare.>>mormorò piano.

<<Così?>>

Lui voleva troppo e in quel momento, in quel modo, lei non sapeva come darglielo.
Non sarebbero mai potuti essere una coppia normale, innamorata, felice o che avrebbe avuto un primo appuntamento e si sarebbe tenuti la mano.
Rogers sognava ancora quelle cose, voleva corteggiarla come avrebbe fatto con Peggy ma lei non era l'agente Carter. Era una mamma single, con poco tempo da vivere e un potere fuori controllo.
Lei non voleva quelle cose, non dopo aver già perso un uomo. <<Così. Mi dispiace se ti aspetti che io sia una persona diversa, quella che forse ricordi ma le cose sono cambiate>>

𝐒𝐈𝐍𝐍𝐄𝐑 - 𝐓𝐡𝐞 𝐀𝐯𝐞𝐧𝐠𝐞𝐫𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora