Capitolo 16

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Keiji si sentiva come se stesse volando, o addirittura meglio, come se stesse planando tra le nuvole e fluttuando nel cielo. Aveva paura di trovarsi in un sogno da cui si sarebbe potuto svegliare da un momento all'altro, così si diede un pizzicotto per assicurarsi di essere completamente sveglio. Per fortuna lo era. Si accoccolò ancora di più tra le braccia di Bokuto sospirando beatamente, mentre una nuvola avvolgente di cannella li circondava, come una confortante coperta di sicurezza.

Finalmente tutti i pezzi del puzzle si univano, regalando a Keiji l'opportunità di vivere quella realtà perfetta, una fantasia che non avrebbe mai creduto possibile prima d'ora. Eppure, guardando indietro, i segnali erano stati così chiari! Come aveva fatto a non accorgersene? Maledisse la sua mancanza di autostima e la capacità di negare tutto ciò che gli accadeva di positivo.

Tuttavia, c'era un particolare inferno pronto ad attenderlo, ma piuttosto che affrontarlo a testa alta, scelse di nascondersi nel petto di Bokuto. Il suo telefono era caduto a terra durante la notte, ciò nonostante non smetteva di vibrare. Akaashi sapeva che la maggior parte delle notifiche erano di sua madre, probabilmente anche dei suoi fratelli e forse persino di suo padre. Temeva il peggio, una predica di disapprovazione su quanto fossero pericolosi i lupi.

Ma come poteva Bokuto essere pericoloso, quando sembrava così carino mentre dormiva? Talvolta gli si muoveva l'orecchio, e Keiji si chiese se stesse sognando. I capelli gli ricadevano morbidi sulla fronte, ciocche nere e argento che incorniciavano il suo viso. Teneva le labbra incurvate in un dolce sorriso e ogni tanto arricciava un po' il naso. Keiji non poteva trattenersi. Baciò la fronte di Bokuto, scendendo poi lungo il suo viso fino alla mascella. Si fermò sulla ghiandola odorosa, sotto l'orecchio, mordendo e leccando la sua pelle delicata.

La voce sonnolenta e roca di Bokuto arrivò dal nulla. «Buongiorno anche a te.»

Keiji sobbalzò bruscamente e arrossì, come fosse un bambino colto a fare qualcosa di dispettoso. I suoi istinti andarono un po' fuori controllo, oscillando tra il combattere o fuggire. Ma, dopo che la mente tornó lucida e gli fece capire che andava tutto bene, si avvicinò lentamente a quel piccolo punto sul suo collo e gli diede un'altra leccatina.

«Buongiorno, Bokuto.»

«È una bella sensazione...», mormorò il lupo, sollevando il mento in modo che Akaashi potesse avere maggior accesso al suo collo.

Keiji accettò l'offerta con gioia interiore, lasciando piccole leccate da gattino sulla sua ghiandola. Non solo poteva assaporare il dolce aroma di cannella e zucchero, ma aveva potuto rilasciare anche il suo profumo. Keiji lo sparse sul ragazzo in modo che trasmettesse un messaggio molto chiaro: già impegnato.

«È il mio turno», insistette Bokuto, spostandosi fino alla ghiandola sotto l'orecchio di Keiji e leccandola in modo trasandato.

A differenza delle sue delicate leccatine, Bokuto passò la lingua sulla sua ghiandola con fermezza. Il suo messaggio era ancora più forte: Non osate avvicinarvi. Una minaccia davvero intensa per qualcuno con un carattere così allegro e solare. Era il lupo interiore di Bokuto, che ogni tanto si affacciava sulla sua natura spensierata.

Keiji fissò il telefono sul pavimento ed emise un piccolo gemito.
«Non voglio richiamarla, ma devo farlo.»

«Idem», sospirò Koutarou. «Sono fortunato. La batteria del mio telefono è morta.»

«Tua madre non andrà fuori di testa?»

Bokuto alzò le spalle. «Non lo so. La chiamerò oggi, dopo l'allenamento.»

«Lei... non gradisce gli erbivori, vero?» chiese Keiji, ricordando la voce aspra dall'altro lato del telefono che lo definiva un parassita.

Era forse il termine più offensivo per un ibrido di mammifero, e lei lo aveva sputato fuori con tanta nonchalance per riferirsi a lui.

Imprinted (BokuAka)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora