39.Little rubber duck

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L'ho detto...

Le mie mani sono ancora strette tra quelle di Ian, il mio respiro è soffocato dai battiti accelerati.

L'ho detto.

Cazzo! Questa non è un'esercitazione. Non è come il "ti amo Ollie" che ho scritto sul diario in quinta elementare al mio compagno di banco, non è il ti amo che dici a un amico quando scova sui social il ragazzo sconosciuto che stalkeri da mesi.

È quello che non ti aspetti. Capita e basta.

Ripeto le "parole stupende" nella mia testa.

Ogni volta suonano meno strane, diventano più dolci e si sciolgono in tremolii caldi e piacevoli lungo la spina dorsale.

Una luce si proietta nelle iridi di Ian, tante piccole stelle immerse nella notte dei suoi occhi.

Perché non dice nulla? Non voglio che mi risponda allo stesso modo. Forse è spaventato.

Rompo il silenzio con le prime parole che le mie labbra tremolanti riescono a spiccicare.

«Io...cioè, no...»

Sono così imbarazzato da non riuscire a sostenere il suo sguardo.

Iniziamo bene. Proprio alla grande, Beau!

«Io volevo, cioè stavo dicendo e non è che sai»

Vomito parole a caso aggrappandomi a una scusa che non esiste.

Ian afferra il labbro inferiore tra i denti per non ridere.

«Non farlo! Ian, non c'è nulla da ridere è ch-»

Le parole si spezzano in nuove lacrime che bagnano il viso, si confondono in una risata, nuovi brividi straziano ogni strato di pelle. Un caos totale.

E in questo caos sono sicurissimo di una cosa. So cosa provo.

Il sorriso di Ian si stampa nell' incavo del mio collo, le sue mani si chiudono dietro la mia schiena. Lo stringo così forte che ho paura di asfissiarlo.

I brividi diventano più irruenti.

«Dici quello che vuoi. Che è da amici, che ti sei sbagliato, non mi importa» ridacchia.

Strizzo le palpebre, nuove lacrime si adagiano sugli angoli della bocca puntati in alto.

Non smetto di sorridere.

Aumenta la presa. Mi sta dando tutto sè stesso nel calore di questo abbraccio.
Fa scivolare le mani sotto le cosce, mi alza di peso. «Andiamo via di qui che sei molto freddo. Ci prendiamo qualcosa di caldo, che ne dici? Ormai quel cappuccino è ghiacciato.»

Allontano il mento dalla sua spalla, mi soffermo sul suo viso. Qualche ciocca è scomposta sulla fronte, ha un leggero rossore sulle guance. Mi aggrappo ai suoi occhi, la luce è sempre forte. Strofino la punta del naso contro il suo.

«E il lunapark?» sussurro.

Ride. «Sì, andiamo anche lì.»

Mi lascia un bacio sul naso. «Non devi dispiacerti di nulla, ok?»

Annuisco.

Lo so, volevo farcela anche stavolta.

Qualsiasi dettaglio si insinua nell'anima. Le luci che si riflettono nei nostri occhi, le melodie delle piccole attrazioni che viaggiano tra i chioschi, Ian che ricerca la mia mano, ogni sorriso che mi regala, ogni brivido lungo la schiena appena i nostri occhi collimano e non vogliono lasciarsi andare.

Inizia la caccia ai peluche e la prima tappa è il tiro ai barattoli. Nei giochi di forza è imbattibile, ostenta la sua capacità di far crollare la torre in un solo colpo. E mi va benissimo così, non mi dispiace vedere come mette in gioco le curve dei suoi muscoli ad ogni lancio.

This could be nothingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora