Jogging

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Mi sveglio alle prime luci dell'alba, ieri sera sono crollato e non mi sono nemmeno reso conto di essermi addormentato. Il viaggio fatto in aereo è stato estenuante e faticoso, ammetto che non avevo mai compiuto un tragitto così lungo a bordo di uno di quegli aggeggi volanti.
Da sotto posso sentire la voce inconfondibile di mia madre mentre dà ordini a qualcuno, mi affaccio sul corridoio e la sento imprecare. Con passo felpato scendo lentamente le scale un gradino alla volta.
-Come sarebbe a dire che sono in ritardo? Spero per lei che stia scherzando!- Segue una breve pausa. -Non mi importa un accidente delle sue scuse! Esigo che la mia roba venga consegnata prima della fine della settimana!- Ruth mette giù e lascia il telefono sul tavolino sbilenco accanto al divano cigolante e dall'aspetto trasandato.
-Tutto bene mamma?- le chiedo.
Sospira. Sembra esasperata. -Potrebbe andare meglio...-
-Ci sono problemi con il camion dei traslochi?-
-Esatto. Il corriere sembra essersi perso nel tragitto.- Si siede sul divano e sembra sprofondarci dentro. -Guarda questi mobili! Sembra che siano appena usciti da un film degli anni trenta...- è quasi alle lacrime. -Lo sai che non mi piace questo vecchiume...-
Mi siedo accanto a lei e le prendo una mano. -Sono certo che andrà tutto bene.- Abbozzo un sorriso di incoraggiamento e aggiungo: -Vuoi che ti porti del caffè?-
-No, servirebbe a farmi agitare di più.- Mette la mano libera davanti al viso, poi ritorna con lo sguardo su di me e chiede:  -Tu che farai oggi? Metti a posto la tua stanza?-
-Sì, però... stavo pensando che potrei fare una passeggiata nel quartiere, dato che è ancora presto uscirò per una breve corsa.-
-Ti senti bene? Ti sta per venire un altro attacco di panico?- Si mette in allarme.
-No, mamma. Voglio solo vedere il posto. Per ambientarmi.-
Tira un sospiro di sollievo, portando una mano al petto. -Va bene. Per un attimo ho temuto che stessi di nuovo male.-
-Stai tranquilla- le do un bacio sulla fronte. -Mi cambio ed esco.-

Fuori casa e prima di mettermi a correre, prendo un profondo respiro a pieni polmoni tenendo gli occhi chiusi. Infilo gli auricolari e, a tutto volume, faccio un paso davanti all'altro; all'inizio a ritmo sostenuto, poi sempre più veloce fino a diventare una vera e propria corsa. Sorpasso una casa dopo l'altra fino a che raggiungo, senza nemmeno essermene accorto, l'Opera House: il teatro più famoso al mondo.
Mi fermo davanti ad esso osservandolo da lontano e stando seduto su di una panchina. All'improvviso uno strano senso di malessere si prende gioco di me e sento il fiato venirmi meno, come quando ho un attacco di panico. Molto probabilmente la mia mente non ha del tutto assimilato questa "nuova" vita. Ci vorrà un pò di tempo prima che possa adattarmi.
Porto le mani davanti al viso, coprendolo. Sono sconvolto. E provo, con scarsi risultati, a mantenere il respiro regolare.
-Ehi. Ragazzo! Stai male?- domanda una voce maschile sopra di me.
-No, tranquillo...- Alzo gli occhi verso chi mi sta parlando e, non appena poso il primo sguardo su di lui, sento il cuore perdere un battito dalla bellezza spiazzante che possiede. Ha i capelli scompigliati di un castano molto chiaro, quasi biondo, lineamenti ben definiti e occhi brillanti. Per non parlare del fisico atletico messo in evidenza dalla maglia senza maniche e dai pantaloncini corti.
-Per fortuna, grazie al cielo- sorride. -Quando ti ho visto qui boccheggiante, ho temuto che ti stesse per venire un attacco di cuore.-
"In effetti mi sta per venire". -Vai tranquillo. Sto meglio ora- lo rassicuro alzandomi in piedi. Solo adesso mi accorgo che lui è molto più alto di me e... ha un buonissimo odore. Uno di quelli che ti fanno perdere la testa. -Sarà meglio che vada a casa a riposare.-
-Vuoi che ti accompagni?-
-Ehm. No!-
Mi guarda di sottecchi. -Non ti fidi?-
-Esatto!- Immediatamente il mio pensiero va verso a quella fatidica notte. -Scusa, ma non voglio!- Mi rimetto a correre senza voltarmi.

Appena varco la soglia, trovo i miei genitori nel bel mezzo di una discussione riguardante il trasloco e lo smarrimento dei nostri mobili.
-Ecco il mio ragazzo! Sei stato a correre? Bravo.- Thomas mi viene incontro e mi abbraccia. Poi fa una faccia semi disgustata e dice: -Faresti meglio ad andare a lavarti. Puzzi come un camionista ubriaco.- La prende sul ridere.
Faccio come dice e salgo nel bagno al piano di sopra. Mi tolgo di dosso i vestiti sudati ed entro nel box doccia. Lascio che l'acqua calda mi distenda i muscoli della schiena e delle gambe. Chiudo gli occhi, la mente proietta dentro di me l'immagine di quel ragazzo e la sua smisurata bellezza.

Il canto del MareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora