Anche tu qui?

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Non posso credere che Josh sia qui, nella mia stessa classe. Questo è un sogno, solo un sogno o il frutto di una mente perversa e piena di fantasie. So perfettamente che di non essere del tutto "sano" dopo quello che mi è successo.
Josh ne approfitta per darmi un altro sguardo prima di sedersi nell'unico posto libero rimasto: dall'altra parte della classe sempre in primo banco. Si accomoda come se fosse il padrone e appoggia la schiena al muro, restando con il volto rivolto verso di me e non ammette neanche per un attimo di osservarmi con attenzione.
Io resto con gli occhi puntati verso l'insegnante, che mi sembra di aver capito che insegni Letteratura inglese: tale professor Morrison. Lui, con la dovuta solerzia si mette a spregiare quale sia il programma di tutto l'anno scolastico, senza mostrare nessuna emozione. Mi ricorda vagamente il mio vecchio insegnante di inglese, così devoto alla sua materia da farne una ragione di vita. E a quanto pare studieremo e leggeremo diversi autori che ho già avuto modo di "conoscere" nella vecchia sede.
-Avete ben compreso ragazzi?- domanda il professor Morrison poi il suo sguardo va verso Josh. -Ha compreso anche lei signor Walker? Vuole essere così gentile da dirmi che cosa sta guardando con tanto incanto?-
Il mio cuore si mette a vibrare e battere con forza, sapendo che sta osservando proprio me. Eppure i miei occhi cercano i suoi e, naturalmente, Josh ricambia.
-Nulla. Ammiravo il paesaggio fori dalla finestra.-
-Ah. Non sapevo che le piacessero i grattacieli.- Il professore lo prende in giro.
Ma Josh non si lascia intimorire. -Sì, li trovo molto singolari.-
Gli altri ragazzi si mettono a ridere.
-Veda di fare meno lo spiritoso!-
La campanella si mette a suonare e tutti noi ci possiamo rilassare un attimo prima che arrivi l'insegnante dell'ora successiva.
La ragazza seduta di fianco a me, una bionda con troppa matita sugli occhi e bassa di statura, si presenta con molto garbo ed educazione. -Ciao. Tu sei nuovo vero? Non ti avevo mai visto prima.-
-Sì, esatto. Sono arrivato in città da pochi giorni...-
-Prima dove stavi? A Melbourne, Adelaide?-
-No, prima vivevo a Londra.-
Il suo viso, dalla forma simile a un cuore, si illumina. -Ma davvero?-
Annuisco.
-Porcaccia vacca. Mi piacerebbe tantissimo poter andare a Londra. E com'è?-
-Bè... ecco...- Alzo lo sguardo su Josh, il suo compagno di banco gli sta parlando animatamente, ma lui non sembra ascoltarlo; troppo concentrato su di me. -Ecco... è piuttosto uggiosa e piovosa, però è degna di essere visitata.-
Lei fa un sorriso smagliante. -La prenderò in considerazione. Sai, non sono mai uscita dall'Australia. A proposito, io mi chiamo Amber.-
-Piacere, Anthony.-
-Piacere mio.- Infine i suoi occhi puntano sul lato della mia fronte poco sopra il sopracciglio sinistro. -Che cos'hai qui?- domanda toccando il punto il questione.
Istintivamente porto le dita dove ha appena indicato. Sbadatamente non ricordavo della cicatrice che mi sono procurato quando venni aggredito, i chirurghi avevano fatto di tutto per far sì che non si notasse molto, ma a quanto pare Amber ha l'occhio attento.
-Questa? Me la sono fatta cadendo...- mento e cerco di essere il più naturale possibile. Non le voglio raccontare che questa cicatrice è un marchio indelebile lasciato da un maniaco che ha tentato di uccidermi.
-Voi maschi siete tutti uguali: siete fatti per farvi male.- Si mette a ridere. Attirando l'attenzione di altri ragazzi.
Io abbasso la testa dalla vergogna e, fortunatamente, vengo salvato dall'arrivo della professoressa di trigonometria.

All'intervallo tutti i miei nuovi compagni, compresa Amber, escono per prendere una boccata d'aria nel cortile che circonda la scuola. Io ne approfitto per fare un bel respiro profondo, ammetto che stare a sentire Amber con il suo ciarlare è davvero snervante.
-Vuoi mangiare qualcosa?- chiede una voce maschile che riconosco subito.
Alzo lo sguardo su di lui. Su Josh. Mentre, con fare gentile, mi porge una mela. 
-Non ho fame.-
-Peccato. È deliziosa.- La addenta e un rivolo di succo gli cola sul mento.
Distolgo lo sguardo davanti a quello spettacolo quasi perverso.
-Sai. Sto iniziando a pensare che questo sia un gioco del destino.- Si siede accanto a me, al posto di Amber.
-Coincidenze, nient'altro che coincidenze- dico fermamente convinto, ma nervoso.
-Io non credo nelle coincidenze.- Avvicina il viso verso il mio.
-E in cosa credi? Nel destino? Nel fato?-
-In un certo senso...- Da un altro morso alla mela. -Sicuro che non la vuoi?-
-Non dopo che l'hai messa in bocca tu?-
-Allora la volevi- sogghigna.
-Non ho detto questo.- Mi alzo in piedi e vado verso la porta. Ma so con certezza che Josh è dietro di me.
Infatti. -Ti accompagno se ti fa piacere.-
-Faccio da solo, grazie.-
-Ma potresti perderti.-
Mi volto di scatto verso di lui. -Ti prego. Voglio solo restare solo...-
Raggiungo il cortile esterno e un improvviso senso di malessere prende il sopravvento su di me. L'unica cosa che voglio in questo momento è un pò di serenità e Josh non mi sta aiutando.

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