-Avete fatto cosa?- domanda mia madre in evidente stato di agitazione. -Ma come ti è... anzi, come vi è venuta un'idea del genere?siete pere caso impazziti?!- Si alza dalla sedia e batte un pugno sul tavolo.
-Ruth. Calmati!-
-Non dirmi di stare calma. Ma non ti rendi conto di quello che ha appena detto? Per forza che poi ci sono conseguenze negative. Avevi intenzione di farti picchiare anche tu da quel... quel... Robert?! -È completamente partita con la testa e quando fa così è quasi impossibile trattenerla.
Vorrei provare a ribattere, ma una vocina dentro di me mi suggerisce di non farlo. Che è meglio restare in silenzio e forse avrei dovuto farlo anche prima. Dovevo omettere certi dettagli, ma ormai il danno è fatto.
-Non hai imparato nulla? Da quando sei tornato ad essere così sconsiderato?-Fa avanti e io dietro per la cucina senza nemmeno smettere di imprecare. Ora sì che non la riconosco più.
Senza dare spiegazioni mi alzo dalla sedia.
-Dove vai ragazzino?- domanda, alterata.
-In camera mia...- cerco di mantenere il controllo sul mio stato d'animo, ma è difficile farlo con persone come lei.
Eppure riesco a salire i gradini uno alla volta e ad entrare in camera.
Una volta dentro lascio che tutto lo sconforto accumulato esploda, facendomi versare mille lacrime simili alle gocce di pioggia che, in questo momento, stanno cadendo con forza dal cielo invaso dalla tempesta.
Mi stendo sul letto e affogo nell''amarezza della mia vita: una vita fatta di sofferenza e dolore. So perfettamente che non dovrei piangermi addosso, ma è più forte di me. Non posso farci nulla. È una volontà che sa prendersi quello che vuole, che manipola e soggioga anche il lato nascosto della mia anima.
Da dietro la porta posso ancora sentire il vociare di mia madre che, adesso, se la prende con Thomas ma lui sa come difendersi dai suoi attacchi di rabbia e in poco tempo regna di nuovo la quiete.È quasi mezzanotte e la tempesta sembra essere peggiorata. Per un breve istante ho l'impressione che voglia spazzare via tutto ciò che trova. E spero tanto che lo faccia.
In mezzo al caos generato dal nubifragio, vi è un suono in particolare che attira maggiormente la mia attenzione. Un suono costante e deciso.
Si tratta della suoneria del mio telefono...
Osservo il numero sullo schermo, ma non so di chi sia. Così decido di rispondere:
-Pronto?-
-Anthony...- è l'amore voce di Josh.
-Cosa vuoi?- domando seccato.
-Vederti... e chiarire...-
-Puoi farlo quando saremo a scuola!-
Segue un breve silenzio anche se l'ululato del vento accompagna la nostra conversazione.
-Non credo che tornerò a scuola...-
La sua affermazione ha lo stesso effetto di una pugnalata data dritta al cuore, dovrei essere indifferente davanti a questa notizia, eppure non lo sono.
-Perché non vuoi? Ti hanno espulso o sospeso?-
-Nessuna delle due. So di essere un pericolo per chiunque mi stia intorno...-
-Vale anche per me?- chiedo tremando.
Ancora silenzio.
-Forse...- sussulta. -Senti, non so se vale anche per te... l'ultima cosa che voglio è farti rivivere "quella" terribile esperienza.-
-Allora hai ragione tu. È meglio se non torni a scuola...- lo dico senza convinzione. Aspetto una risposta, ma non arriva. Poi in sottofondo sento un clacson. -Ma dove con questo tempo?-
-Sotto casa tua...-
Con un balzo mi affaccio alla finestra. Josh è lì, in piedi dall'altra parte della strada, gli occhi rivolti verso la casa, la pioggia che lo bagna da capo a piedi nonostante indossi una giacca impermeabile con cappuccio.
Con un balzo scendo dal letto e mi precipito al piano di sotto. Apro la porta e lo chiamo, lui senza troppe esitazioni mi viene incontro.
-Da quanto sei qui?- domando facendolo accomodare in salotto e dopo avergli tolto di dosso la giacca fradicia di acqua.
-Da un paio d'ore... non sai quanto ho provato a chiamarti.- Resta con lo sguardo fisso su di me e ho come l'impressione di notare una nota di rammarico in quelle iridi che sembrano brillare sotto i pallidi bagliori delle braci ardenti del camino.
-Sei pazzo...-
-Lo so... sono impazzito ieri. Quando mi hai visto nel lato peggiore di me...- ha la voce strozzata dalla tristezza. Le sue mani cercano di afferrarmi, ma io mi scanso. -Anche adesso mi respingi...-
Tremo e non nego di aver paura. Dio solo sa cosa mi è passato per la testa di farlo entrare qui. Forse la pietà che ho provato nel vederlo lì fuori grondante di acqua.
Prosegue dicendo: -so di essere stato un idiota aggredendo Robert, ma non potevo permettergli di farti del male e credimi... dopo di me, se la sarebbe presa con te...- Mi circonda con le braccia. -Il solo pensiero che potesse sfiorarti, anche solo con un dito, ha scatenato in me una reazione esagerata e violenta. E per questo io ti chiedo scusa. Scusa se ho riportato alla tua mente quell'episodio che ti stava costando la vita.- Sposta la mano sulla mia guancia e l'accarezza con molta dolcezza. Avverto il cuore che batte con decisione a ritmo sostenuto, ma rapido. -Io adesso sono qui... e ti faccio una promessa... farò di tutto per darti la felicità che ti meriti e se vorrai, io sarò pronto a difenderti...- Mi attira a se, abbracciandomi con calore.
Poso le mani sul suo petto e lo lascio fare. Lascio che mi avvolga, che mi culli. Alzo gli occhi verso i suoi e senza dargli il tempo di aggiungere altro al discorso, mi metto in punta di piedi e lo bacio.
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Il canto del Mare
RomanceAnthony si è appena trasferito dall'inghilterra all'Australia per cambiare aria dopo essere stato in coma per sei mesi a causa di un'aggressione omofoba. Qui, nei sobborghi di Sydney dovrà fare i conti ancora una volta con l'amore.