Con te

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Sono ancora qui. Tra le braccia di Josh e con le lacrime che segnano ogni angolo del mio viso. Non ho nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia, ma lui se ne sta in silenzio, trattenendomi a se in un caldo abbraccio e di tanto in tanto sento le sue mani che mi accarezzano la schiena, come a volermi cullare. E io lo lascio fare; lascio che il suo tocco delicato possa darmi la pace. "Ne ho un disperato bisogno".
Mi stacco leggermente da lui, ma senza alzare gli occhi. Li tengo fissi sulle sue scarpe da ginnastica leggermente sporche e macchiate di terra.
-Come stai adesso?- domanda con molta dolcezza.
Non rispondo. Mi guardo attorno e sento il bisogno di sedermi.
Lui mi accompagna fino alla prima panchina nelle vicinanze. Si accomoda accanto a me e possa il braccio dietro le mie spalle. Quasi per istinto mi accoccolo a lui: sembro un bambino impaurito che ha bisogno delle coccole per potersi calmare.
Sento la sua testa che si posa sulla mia. Poi chiede: -Che ti è successo prima? Mi hai fatto prendere un colpo.-
Mi stringo a lui più forte di prima e affondo il viso nel suo petto.
-Facciamo così Anthony. Quando sarai pronto per parlarne. Io ci sarò. Ok?-
Annuisco.
-Vuoi che ti accompagni a casa?-
Faccio cenno di sì con la testa.
-Andiamo...-
Facciamo la strada per casa mia a ritroso e per tutto questo tempo non abbiamo espresso nemmeno una sillaba, ma lui di tanto in tanto mi da delle fugaci occhiate e la stessa cosa la faccio io. All'improvviso mi sento pieno di vergogna per lo "spettacolo" a cui lui ha dovuto assistere. Non avrei mai dovuto lasciare che un simile attacco di panico mi prendesse alla sprovvista. "Le sedute dalla psicologa non sono servite a molto, a quanto pare". Mi ammonisco da solo per aver speso una marea di soldi per ritrovarmi punto e a capo.

Una volta davanti casa ho finalmente il coraggio di sostenere il suo sguardo di compassione. -Grazie per avermi accompagnato- lo dico con fiato corto.
-Figurati.-
-Mi dispiace a quello che hai dovuto assistere.-
-Tranquillo. Non mi sono scandalizzato per niente.- la mette sul ridere. -Ci vediamo domani a scuola...- Mi da un buffetto sulla guancia e se ne va.
In questo istante ho il cuore che batte come un tamburo, sento le palpitazioni al petto che si fanno via via più frenetiche ogni minuto che passa. La mia mente vaga fino a lui, ripensando a al contatto fisico avuto poco fa. Scuoto la testa e me la prendo con me stesso per la pessima figura appena fatta. Vorrei solo scomparire e sotterrarmi.
Entro e mia madre mi viene incontro dalla cucina, ha il fiato corto e sembra in affanno.
-Ma dove sei stato? Pensavo che ti fossi perso o peggio... non hai visto il telefono? Ti ho lasciato mille messaggi e chiamate!-
Tiro fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni e sì, ho una serie di messaggi non letti e altrettante chiamate non risposte.
-Scusa, mi sono trattenuto a scuola con Josh.- Vado verso le scale per andare in camera.
-Josh? Il cameriere della pizzeria?-
-Proprio lui.-
-È un tuo compagno di scuola?-
-Esatto...- Inizio a salire le scale. -Ora scusami, ma vado in camera. Sono molto stanco.-
Appena sono in camera, lancio lo zaino sulla prima sedia che trovo e mi stendo sul letto. Sono così esausto da voler desiderare dai poter dormire per una giornata intera, ma ho già dei compiti da sbrigare, così non perdo tempo e comincio.
Meno di un'ora più tardi non ho combinato nulla, sono così distratto da non essere nemmeno capace di capire quali siano le parole del libro che sto leggendo. Non faccio altro che pensare a Josh. Sento ancora addosso il suo abbraccio, il suo respiro sui miei capelli e il dolce suono della sua voce.
"Devo smetterla. Devo smetterla". Non posso provare certe cose per un ragazzo appena conosciuto. Anzi, dovrei dire che non posso provare certe cose per nessuno. È stata colpa di uno di loro se quella fatidica notte sono stato aggredito.

Il canto del MareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora