Il dolore per la perdita della mia migliore amica non era qualcosa che mi aspettavo di provare quell'estate.
Per tutto l'anno scolastico me l'ero immaginata leggera, spensierata e piena di feste come al solito. E invece mi ritrovavo senza padre, senza soldi e senza Sarah.
Che vita di merda.
In quel momento ci trovavamo tutti allo Chateau di John B, con Pope Che accettava il grande albero nel cortile. Quando la forma a cuore fu intagliata, Maybank prese una fiamma ossidrica e con l'aiuto di un pezzo di ferro incise il nome del ragazzo è la data di nascita e di morte.
Non volevano mettere nulla per Sarah, e io non volevo insistere.
Ci ritrovammo tutti e quattro a fissare quella che era una sottospecie di lapide. In parte apprezzavo che mi avessero fatta venire, nonostante il rapporto fra me e Maybank, che in quel periodo era anche peggiorato.
«A John B» disse il biondo, alzando la fiaschetta.
«E a Sarah» aggiunse Kie.
Io le strinsi la mano, per ringraziarla. Sapevo che ci teneva anche lei, ma comunque non era allo stesso modo.
Poi, sotto all'albero scavammo una buca in cui mettemmo una scatola piena di cose che erano appartenute a John B.
Era un addio. O almeno così credevo.
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Ritornare a scuola senza Sarah mi sembrava un incubo.
Per tutta la notte, non avevo chiuso occhio. Avevo passato le ore a rigirarmi fra le lenzuola, senza riuscire a prendere sonno nemmeno per qualche minuto.
Mi arresi quando le prime luci dell'alba si infiltrarono dalla mia finestra, sbattendo contro il mio viso.
Mi misi seduta sul letto, stiracchiandomi, e infilai subito gli apparecchi acustici.
La casa era silenziosa: non un passo, non una parola, non un respiro. La tranquillità più totale.
Scesi le scale ed entrai in cucina, prendendo una ciotola di latte e cereali. Per un po' feci colazione da sola, finché Chris non scese le scale a sua volta e si mise seduto accanto a me sul bancone di marmo.
