42. La cura

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Spesso siamo abituati ad associare la parola "cura" a qualcosa di clinico, una terapia, una medicina, una formula chimica che possa aiutare a guarire il corpo

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Spesso siamo abituati ad associare la parola "cura" a qualcosa di clinico, una terapia, una medicina, una formula chimica che possa aiutare a guarire il corpo.

Ma altrettanto spesso dimentichiamo che la "cura" dovrebbe coinvolgere anche la mente e l'anima e per queste ultime non basta ingoiare una pastiglia con un bicchiere d'acqua, neppure la psicoterapia riesce ad offrire una completa soddisfazione e quindi una guarigione.

A volte si guarisce solo parzialmente e altre, purtroppo, neppure ci si riesce.

E la verità, per quanto banale possa sembrare, è che non tutti i mali possono essere curati e la cura per tutti i mali non esiste.

Può guarire il corpo, ma non l'anima e può anche avvenire l'esatto opposto, guarisce l'anima ma non il corpo. E mentre ci rifletto, non so quale delle due cose sia peggio.

Rowoon non ha più lividi e segni sul suo corpo, causati dalle punizioni fisiche inflitte dal padre, ma la sua anima è segnata a vita, porta cicatrici invisibili, che solo quando ci guardiamo intensamente negli occhi come ora riesco a intravedere. Gli accarezzo teneramente i capelli spettinati, il viso stanco e colgo in lui un senso di fragilità e tormento che mai gli avevo visto. È come se non vedesse più scelte o vie di salvezza di fronte a sé, come se credesse di non potercela fare da solo.

Jiwoo invece non potrà mai guarire fisicamente, ma la sua anima sembra aver fatto pace con questo suo triste destino. Sa che dovrà portare una croce sulle spalle per il resto della sua vita, ma l'ha accettata e le sue cicatrici sono quelle degli interventi ai quali si è dovuta sottoporre in questi anni, ma quello che mi ha sempre colpito di lei è stata la sua serenità e forza al tempo stesso. Certo, è stata una scelta obbligata, a ben vedere. O reagiva così o altrimenti non sarebbe sopravvissuta.

La cura che vorrei avere in mano in quest'istante non è la stessa che sono in grado di dare al ragazzo che amo e sua sorella. Mi rendo conto di quanto sono limitata e ciò mi irrita alquanto, ma stare loro vicina e supportarli con affetto e discrezione è già diventata una missione per me.

Non appena acquisisco questa consapevolezza, stringo le mani di Rowoon un po' più forte e mi concentro su quella visione: le nostre dita intrecciate, che a tratti si fondono e confondono, come un groviglio che non si riesce più a sbrogliare. So che lui sta facendo lo stesso, so che ha paura e che ha bisogno di sentirmi in tutti i sensi... con tutti i sensi.

Non smette mai di cercare il conforto attraverso il contatto, non lo ha fatto neppure quando sono arrivati i suoi genitori (chiamati da Rowoon stesso) in ospedale. Non si sono scannati come sul pianerottolo di casa, ma gli sguardi pieni di rabbia e rancore rivolti verso di lui non gli sono stati risparmiati. Neppure in un momento così delicato. Non solo non hanno abbracciato il figlio, ma hanno fatto capire di non voler mettere da parte le ostilità, che si tratta invece di una tregua.

Ci ha tenuto a ribadire che mi voleva accanto a sé anche quando uno dei dottori della terapia intensiva ha chiamato lui e i suoi da parte per parlare delle condizioni di Jiwoo. Ovviamente io non ho potuto ascoltare perché non sono sua parente, ma sono rimasta a debita distanza, pronta ad accogliere lo sguardo di Rowoon, ogni volta che si girava a cercarmi.
È stato un colloquio piuttosto lungo e le espressioni facciali non hanno mai rivelato alcun segnale di rilassamento o rassicurazione.

Love in Montmartre (Rowoon)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora