18. Il rendez-vous

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La partenza di Rowoon ha in sottofondo il sapore di un addio, sebbene la consapevolezza comune sia che ci rivedremo sicuramente fra un paio di giorni, se non viene trattenuto più a lungo

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La partenza di Rowoon ha in sottofondo il sapore di un addio, sebbene la consapevolezza comune sia che ci rivedremo sicuramente fra un paio di giorni, se non viene trattenuto più a lungo. So quanto non sopporti i luoghi come gli aeroporti e quanto non ami i saluti che segnano una separazione, per quanto temporanea sia, ma entrambi alla fine siamo lieti di esserci regalati questi minuti preziosi prima che lui vada via.

Restiamo abbracciati per quasi tutto il tempo, godendoci il calore reciproco, che ci protegge sia dall'aria più fredda del clima, sia dalla malinconia che inevitabile ci pervade. Sui nostri volti troviamo solo sorrisi, che sono sì sinceri, ma velati di una lieve commozione se ci guardiamo negli occhi. Quelli neri di Rowoon si trasformano in oro liquido, illuminati dalle luci dell'aeroporto; mentre i miei, a detta sua, non sono mai stati tanto verdi come ora. Il color cervone, che a lui tanto piace, si presta facilmente a cambi di gradazione, a seconda della rifrazione ed esposizione alla luce. Ecco perché oggi, sotto ai faretti dell'area di attesa, sembrano più chiari ed erbosi del solito.

«Non stai partendo per andare in guerra! Perché siamo così sentimentali?!» Esclamo, ridendo di me stessa, mentre mi asciugo le palpebre inferiori.

Anche Rowoon ridacchia. Scuote il capo e mi stringe un po' più forte, schioccandomi un bacio tra i capelli castani, lasciati artatamente sciolti, nel caso in cui avessi bisogno di nascondere al mondo le mie lacrime incontrollate.

«Non saprei. Perché ci vogliamo bene», risponde semplicemente lui, «e perché io odio i saluti e le partenze», aggiunge poi.

Stavolta quando torniamo a guardarci, il sorriso di Rowoon è decisamente più spensierato e me ne rallegro anch'io con lui. Forse sta facendo uno sforzo, ma sta riuscendo benissimo nella prova di superare lo scoglio emotivo della separazione.

«Ricordo che quando sono andato via di casa per motivi di studio, ho pianto come una fontana e ancor di più quando mi sono trasferito qui a Montmartre. Era tutto nuovo ed incognito per me, provavo il dolore di lasciare la mia famiglia e avevo paura perché non sapevo come mi sarebbe andata. Oggi, forse anche grazie a te, riesco a sentire la cosa più sopportabile.»

Riscaldata dalle sue parole, vengo pervasa da profonda tenerezza e mi sento lusingata dal fatto di avere tutta questa influenza su di lui.

«Mi dai fin troppa responsabilità. Non ho fatto nulla, Rowoon.»

«Hai fatto molto più di ciò che credi, ma di questo ne parleremo un'altra volta.»

Quella frase suona quasi profetica, infatti di lì ad un secondo sentiamo l'annuncio relativo all'imbarco che richiama i passeggeri dell'aereo che deve prendere lui. È l'ora dei saluti, stavolta per davvero e dentro di me si mescolano emozioni contrastanti. Tra tutte, ve n'è una in particolare, una sorta di presentimento, di sesto senso, che non mi dice nulla di buono. Non capisco cosa mi venga comunicato o cosa temo possa succedere in particolare, ma sta di fatto che quella sensazione persiste ed è alquanto irritante, oltre che allarmante.

Love in Montmartre (Rowoon)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora