30. Il mostro

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Spesso i veri mostri non sono là fuori, ma si annidano in noi stessi; arrivano sotto sembianze svariate e ben più spaventose di quelle che siamo abituati a vedere nei film, videogame o racconti di fantasia

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Spesso i veri mostri non sono là fuori, ma si annidano in noi stessi; arrivano sotto sembianze svariate e ben più spaventose di quelle che siamo abituati a vedere nei film, videogame o racconti di fantasia.

Spesso i veri mostri si chiamano trauma, malattia, rabbia, paura, depressione, ansia, complessi e non ci attaccano dall'esterno, ci mangiano da dentro, lentamente, ci logorano nello spirito e nel fisico, senza che noi riusciamo a fare molto per sconfiggerli.

Io però credo fermamente che ci sia qualcosa in grado anche solo di alleviare il dolore, aiutare a combattere queste entità silenziose, infide e spaventose: affrontarle insieme.

Non c'è una ricetta medica, un vademecum o un incantesimo in grado di far sparire quella cosa che ci graffia l'anima e ci succhia le energie giorno per giorno, ma ci sono balsami e unguenti che riescono a darci sollievo e magari restituirci la voglia, la forza di alzarci di nuovo in piedi per affrontare quel mostro.
A volte basta esserci. Basta far capire a chi combatte o sta per arrendersi che sei accanto a loro, non importa quanto dura possa essere la battaglia, rimanere con loro e sorreggerli nel momento in cui sembra non ci sia più alcuna ragione per lottare può significare qualcosa, molto, tutto.

È esattamente ciò che ha fatto Rowoon con Jiwoo. In tutti questi anni, lui le ha sempre offerto una scintilla di nuova vita nel buio incombente della morte. E proprio nel dare a lei il modo di sopravvivere ha trovato la sua stessa ragione di vita. Ora che questo rischia di venire meno, ora che Jiwoo non sembra voler continuare a lottare, cosa succederà?

Se da un lato capisco le ragioni che spingono lei a scegliere una strada senza ritorno, dall'altra capisco anche come possa stare Rowoon in questo momento e non mi stupisce che non abbia voluto o non sia riuscito a parlarne prima.

Sono affranta, mi sento impotente, preoccupata, per entrambi.

Jiwoo ed io siamo rimaste abbracciate per un minuto abbondante ed è sorprendente quanto fra noi non ci sia il minimo imbarazzo o impaccio! Sembriamo comportarci come due vecchie amiche che si sono riviste dopo un certo periodo di separazione.
Quando siamo tornate a guardarci, ero io paradossalmente quella da consolare, non lei.

«Mi spiace molto che al nostro primo incontro tu debba già venire a sapere certe cose... speravo che Rowoon ti avesse almeno... anticipato qualcosa, ecco.»

Scuoto il capo e mi asciugo in fretta le lacrime residue: «Non devi dispiacerti. Sono solo...»

«Triste? Arrabbiata?» Chiede con un dolce sorriso, «Puoi dirlo, so cosa vuol dire. Ci sono passata anch'io.»

La guardo sottecchi, ammettendo tacitamente di esserlo, poi le rivolgo una domanda: «Mi chiedo come tu non lo sia? O almeno non lo dai a vedere. Sembri... serena.»

Jiwoo tira su la mano sinistra per aggiustarsi i capelli dietro l'orecchio e così facendo, la manica del suo maglione di lana si sposta, lasciando intravedere dei lividi violacei sull'avambraccio: «Ho combattuto a lungo contro la mia malattia. Per molto tempo ho vissuto da arrabbiata e mi chiedevo perché proprio io? Cosa avevo fatto di male per meritarmi un fardello così pesante? La mia era una condanna a vita, capisci, Bambi?»

Love in Montmartre (Rowoon)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora