XXVI: Ritorno

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Insieme a loro vennero pure Sam, la sua amica ed i suoi compagni di stanza, Ellie ed un'altra ragazza, tutti gli altri corsero in centro per andare per negozi, ci misero un'ora intera a piedi per arrivarci, ma quando erano lì nessuno aprì bocca. Tutti ammutoliti guardavano quel secolare monumento ammirandone tutti i dettagli e pensare che centinaia di persone passavano sotto ad esso ogni giorno senza però vederne la bellezza provocava sconforto. Si fecero fare un sacco di foto: tutti insieme, alcune da soli, una soltanto Aziraphale e Crowley, che ne avevano fatta una mentre si baciavano, una Nadia ed il sig. Smith, che erano ormai diventati amici, e Sam che ne aveva fatta una da solo ed una con i suoi genitori. Dopo dieci minuti ripartirono con passo affrettato, visto che il punto d'incontro era a quaranta minuti da lì.

***

<<STATE FERMI CRISTO SANTO!>>

Urlò Crowley nella speranza di far zittire le classi

<<TESORO CALMO, NON URLARE!>>

Ribattè il biondo, ma nonostante tutto quello che avevano provato gli allievi sembravano non volersi calmare.

***

1974, 11 anni prima.

Avevo solo diciannove anni quando mia madre si suicidò puntandosi una pisola in gola e premendo il grilletto, tutta la colpa che mio padre aveva gli scivolava addosso per diverso tempo. Soffrivo di problemi alimentari già da cinque anni ed i miei genitori ne erano consapevoli. Lei era l'unica che mi proteggeva, lui era l'unico che faceva l'opposto. Ci aiutavamo a vicenda ogni volta che ne avevamo bisogno, appena aveva finito di picchiarla, darle sberle e provocarle ferite indelebili io ero lì ad aiutarla.

<<STAI FERMO CRISTO SANTO!>>

Lo teneva per il braccio e per la testa cercando di immobilizzarlo.

<<È colpa tua se si è ammazzata.>>

Il suo tono era sibilante come quello dei serpenti, gli occhi lo guardavano fisso e sembravano volergli inserire tutto il timore attraverso di essi.

<<Guardami.>>

Il bruno piangeva, gli occhi gli bruciavano e quindi era obbligato a tenerli chiusi. Sentì una forte sberla.

<<GUARDAMI!>>

Aprì gli occhi spaventato.

<<Ecco... così.>>

La vista gli tremava, tutto intorno a lui era sfocato.

<<Se tu fossi stato normale, lei sarebbe ancora viva.>>

Il povero ragazzino terrorizzato non osò dire nulla.

<<Ora. VAI VIA!>>

Seguì le parole letteralmente, con i pochi soldi che aveva in tasca camminò verso una meta sconosciuta.

***

1978

Suo padre era stato arrestato, il figlio però non aveva smesso di farsi del male, no, ogni notte lui tornava, e quella figura tornava ogni notte, lo perseguitava ogni ora di sonno e gli ripeteva che l'unica persona ad avere la colpa era lui, Anthony. Aveva raccimolato parecchi soldi in quegli anni, abbastanza da trovare un appartamento da condividere con altre tre persone e da pagarsi gli studi e, nonostante tutto lo stress, riusciva comunque a sopportare quest'ultimi. "Perché vuoi diventare insegnante?" Gli domandavano tutti i giorni, e lui rispondeva sempre nello stesso modo: "Voglio aiutare tutti quelli che hanno passato le stesse cose che io ho passato, proprio come il me di sei anni fa avrebbe voluto". Come avrebbe voluto anni prima, si tinse i capelli di rosso, rosso fuoco, perché doveva simboleggiare la forza che ogni giorno aveva e che gli permetteva di alzarsi dal letto. Con i soldi che gli rimasero riuscì a comprarsi una batteria, una di quelle piccole: tre tom, un crash ed i soliti ride-rullante-ride-cassa. Imparò da autodidatta i primi mesi e poi nella, scuola che frequentava, aprirono un corso per chi come lui volesse iniziare a suonare uno strumento.

Non C'è Solo Aria Tra Noi DueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora