CAPITOLO 1

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VEGA

Le strade scorrevano veloci, mentre io le guardavo distratta con la testa poggiata al finestrino del taxi. Ero in ritardo e un leggero strato di sudore imperlava la mia schiena. Anche quel giorno New Orleans brulicava di turisti e odiavo gli sguardi indiscreti e invadenti che mi rivolgevano. Sii gentile. Feci un profondo respiro e scesi dall'auto, pagando la corsa con quel poco che mi era rimasto. Entrai nel locale ancora spento e corsi nel camerino per indossare la mia divisa. Presto quel locale si sarebbe riempito di gente e luci ed io non ero ancora pronta a liberare la mente dai problemi per concentrarmi sul lavoro. A Rufus non piacevano le ragazze distratte. E di certo non potevo permettermi di farmi licenziare, questo lavoro mi serviva.

«Ehi ragazza togliti quel broncio dalla faccia, ti vengono le rughe e a me ragazze con le rughe non servono, chiaro?"

"Si Rufus, scusa", rilassai la faccia e sospirai per l'ennesima volta, guardando Rufus allontanarsi. "Oggi è un po' nervoso, ma rimane sempre una brava persona". Mi girai verso la voce che arrivava dalle mie spalle e una ragazza già pronta mi scrutava con un sorrisino sulle labbra. 

"Lo conosco da troppo poco tempo per poterlo dire" borbottai riprendendo a vestirmi. 

"Oh io invece lo conosco da veramente molto tempo, è un tipo a posto", mi rispose guardandosi le unghie e vagando per la piccola stanza. Annuii e legai i capelli rosso fuoco in una coda alta, pronta ad indossare i soliti tacchi dodici che mi avrebbero lasciato i piedi a pezzi a fine serata. "Brutta giornata?" Guardai la ragazza che continuava a parlarmi e annuii, infastidita. Ero nata incazzata con il mondo e questa rabbia me la portavo dentro sempre.

Ma quel giorno avevo un motivo per esserlo e perciò lasciavo che vagasse per il mio corpo e per la mia mente senza curarmi di chi venisse travolto. Ci avrei pensato in un altro momento.

"Oggi ci sarà così tanta gente che non avrai tempo di pensare a quanto schifo fa la vita" disse contenta battendo le mani. "Lo spero".

Giravo tra tavoli e banconi con un vassoio sempre pieno di alcolici, circondata da risate e musica jazz. Adoravo quelle canzoni, erano forse l'unica cosa in grado di rilassarmi. Avevo mandato giù un paio di shottini per distrarmi e sciogliermi un po', ma quella sera c'era davvero troppa gente. Rufus aveva un locale di alto profilo, frequentato dagli uomini e dalle donne più influenti di New Orleans e quella sera aveva scelto di offrire il suo locale come luogo per una serata di beneficenza. Ci teneva che fosse tutto perfetto, noi ragazze comprese, ma lo vedevo in preda ad un attacco di panico ogni volta che qualcosa non andava secondo i suoi piani. Era una persona strana ed eccentrica, ma sembrava veramente innocuo. E io mi sentivo sempre più euforica e arrabbiata, una fiamma pronta ad esplodere. Gli sguardi degli uomini mi seguivano ovunque andassi e questo alimentava il mio nervosismo.

"Bella, quanto vuoi per venire a casa con me dopo?" Un uomo pelato e basso mi si avvicinò barcollando e girai la testa per nascondere la smorfia di disgusto che mi si creò sul viso.

Quell'uomo puzzava terribilmente di alcol e sigaro e non aveva meno di sessant'anni. Feci di tutto per continuare ad ignorarlo, fino a quando le sue richieste non si fecero più insistenti.

La rabbia cresceva e la mia pazienza era ormai nulla: spinsi via con forza quell'uomo disgustoso e guardai con odio tutti quelli che si erano girati a guardarmi come se fossi una pazza. 

"Puttana! Mi ha messo le mani addosso!" Mormorii si alzarono seguiti da sguardi accusatori e d'odio. Avrei voluto gridare e dare loro un motivo per chiamarmi pazza, ma quel lavoro era davvero importante, Rufus mi pagava bene, perciò dovevo imparare a gestire il mio caratteraccio. Anche quando avevo ragione.

LE SETTE DAMEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora