VEGA
Poche volte avevo pensato a come sarebbe stato il mio futuro.
Da quando ero lì dentro, ogni cosa era stata ridotta alla pura sopravvivenza. Non esistevano più sogni, più desideri, non riuscivo più a immaginare come sarebbe stata la mia vita fra dieci anni. Dovevo solo mangiare per non farmi mangiare.
E fino a quel momento me l'ero cavata abbastanza bene. Tutte avevamo delle ferite, alcune fisiche e altre mentali e per guarire, sempre se fossimo riuscite a guarire, ci sarebbe voluto molto tempo. Quel giorno una strana consapevolezza prese piede nella casa delle Sette Dame. Eravamo state spostate tutte insieme in una villa accanto a quella della sera precedente, con più agi rispetto alle camere a cui eravamo state abituate durante la selezione. Un uomo della sicurezza mi aveva trovata nel bagno, sudata, senza maschera e senza mantello. Era inevitabile.
Tornai nella villa con del ghiaccio avvolto in un fazzoletto che Umiko mi aveva procurato per non far gonfiare ancora il taglietto sulla tempia. L'anello di quel bastardo mi aveva provocato un'emicrania. Ero troppo stanca per reagire e troppo piccola in confronto a quell'armadio di due metri. Avevo incassato lo schiaffo ed ero rimasta in silenzio, serrando la mascella per la rabbia e il bruciore.
Quella mattina, al mio risveglio, erano tutte più silenziose. Mi sembrava un dejà-vu.
"Che succede?". Iris e Zoe mi guardarono impassibili, stringendo le labbra e continuando una a dipingere, l'altra a leggere. Alzai gli occhi al cielo e Xenia mi rispose.
"Da un momento all'altro potremmo essere vendute. Non ti spaventa neanche un po'?". Sospirai e mi sedetti affianco a lei sul divano.
"Certo che mi spaventa. Ma non possiamo fare granché" le risposi, raccogliendo le gambe con le braccia. Umiko mi porse una tazza di tè e la ringraziai. Mi guardai intorno, Mireia disegnava vestiti e Laia aveva lo sguardo perso nel vuoto. Mi alzai dal divano e andai in cucina per prendere l'MP3 da un cassetto, poi tornai in sala e mi avvicinai a Laia, allungandole l'oggetto. Mi guardò impassibile, alternando lo sguardo tra me e l'MP3, indecisa se prenderlo o meno. Alla fine cedette e lo afferrò, borbottando un "grazie". Le sorrisi e tornai al mio posto, mentre tutte mi guardarono contente. Laia era difficile da capire e fino a quel momento le uniche parole che avevamo scambiato erano state per aggredirci.
Era arrabbiata con il mondo e, in fin dei conti, era lì per quel motivo.
Quando ognuna tornò alle sue attività, mi alzai di nuovo e mi avvicinai a Zoe. Cercai di essere delicata, ma un dubbio mi aveva tartassato il cervello e non avevo avuto modo di affrontare prima la questione.
"Zoe, possiamo parlare?". Mi guardò incerta e attesi, fiduciosa. Annuì e sorrisi, poi andammo in cucina, dove nessuna poteva sentirci. Fuggì dal mio sguardo e rimanemmo in silenzio, fino a quando sganciai la bomba e lei sussultò.
"Cosa voleva da te il nipote del Direttore?". Non rispose e aspettai per insistere.
"A me puoi dirlo, Zoe. Ho visto come lo guardavi. Eri spaventata. E poi sei tornata con gli occhi lucidi e il rossetto sbavato. Cosa ti ha fatto?". Il cuore mi batteva forte, temendo la sua risposta. Gli occhi le si riempirono di lacrime e si girò per non farsi vedere.
Passarono diversi minuti e proprio quando iniziavo a perdere le speranze, lei si girò e sussurrò: "Sono qui per colpa sua".
Era forse la prima volta che sentivo la sua voce, delicata e sottile, ma anche spezzata e rassegnata.
"In che senso?". Alzò lo sguardo su di me e mi spiegò.
"Il mio peccato è la Gola. Insoddisfazione perenne sia materiale che spirituale. Ho un desiderio costante e pericoloso di rischi, adrenalina, esperienze, oggetti. Lo avevo capito già prima di tutta questa storia, ma lo ignoravo". Rimase in silenzio per qualche secondo, poi sospirò e continuò.
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LE SETTE DAME
ChickLitSette ragazze. Un culto. Una tradizione. Vega Gonzalez è una giovane donna di New Orleans, la sua era una delle Famiglie fedeli al Direttore, capo di una Religione conosciuta in tutto il mondo come "Le Sette Dame", amata e seguita da milioni di pers...