CAPITOLO 10

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DANIEL

"Non so nulla, vi prego lasciatemi stare". Un uomo seduto e legato ad una sedia piagnucolava come una ragazzina quando entrai nella stanza.

Mi avvicinai agli uomini in piedi di fronte a lui, mentre con le mani mi allentavo nervoso la cravatta e mi toglievo la giacca. Quegli stupidi completi che indossavo per la mia copertura mi facevano sentire in gabbia. Ma anche per il mio vero lavoro ero costretto ad indossarli, perciò la situazione non cambiava. Li sopportavo solo un po' di più. Forse era la copertura a starmi stretta.

"Allora, che abbiamo qui?" chiesi ai miei uomini, con sguardo incazzato.

"Non parla, signore".

"Non so niente, giuro, non sono la persona che state cercando" piagnucolò quello ancora.

"Va bene, ora lasciatemi solo con lui". Liquidai i miei uomini e presi una sedia di legno posta in un angolo, posizionandola al contrario di fronte a lui e sedendomici sopra, con gli avambracci poggiati sullo schienale. L'uomo grassoccio e sudato mi guardava con terrore e respirava freneticamente.

"Charlie Brown" lessi il suo nome sulla targhetta posta sulla sua giacca e alzai lo sguardo, rimanendo in silenzio per aumentare la tensione. I suoi occhi spalancati aspettavano con ansia la mia prossima parola.

"Bene Charlie, sai perché sei qui?" lo guardai in tralice.

Lui scosse la testa velocemente e sospirai, annoiato. Tutte le volte la stessa storia.

"È sparito qualcosa che mi appartiene e qualcuno che era qui prima di te, ha fatto il tuo nome. Ti ricorda niente?". Lui scosse ancora la testa, spaventato, e sbuffai.

"È un peccato. Sai, ho fatto delle ricerche prima, ovviamente. Uno come me non si lascia sfuggire nulla. Sono un po' paranoico sui miei affari, ma succede dopo anni di esperienza in cui cercano di fottermi. E nessuno ha ancora imparato a lasciarmi stare. Mi chiedo, è così difficile? Quanti ancora dovrò ucciderne prima che capiscano?" feci il mio monologo con aria annoiata e ironica al tempo stesso. Gli uomini nella sua posizione si aspettavano di vedere subito il lato cattivo e crudele, ma quello li avrebbe prima distrutti psicologicamente. 

Prima o poi, tutti cedevano. Era solo questione di tempo. 

Mi alzai dalla sedia, girandogli intorno lentamente, come un cacciatore con la sua preda. Le sue gambe tremarono e gocce di sudore gli scesero sulla fronte. 

"Non mi piace perdere tempo, Charlie. E non mi piacciono le persone che mi mentono" gli poggiai le mani sulle spalle quando gli fui dietro e strinsi la presa, facendolo sussultare. Mi abbassai alla sua altezza e lo vidi tremare di nuovo.

"Hai fatto la tua scelta?" chiesi con voce grave e dura. Charlie non rispose ma deglutì. Ritornai alla mia sedia con estrema lentezza, la sollevai con una mano e ne staccai una gamba. Mi girai il pezzo di legno tra le mani, mentre ogni mio movimento lo faceva trasalire e tremare. Cacciai un coltellino dal retro dei miei pantaloni e Charlie spalancò gli occhi per il terrore. Cominciai ad intagliare il legno, lentamente e in silenzio, e lui si agitò sulla sedia guardandosi intorno.

"Vuoi sapere cosa ho scoperto?" chiesi alzando lo sguardo su di lui, ma continuando ad affilare la punta del pezzo di legno. Charlie annuì spaventato, mentre una puzza di sudore cominciava a rendere l'aria pesante e irrespirabile.

"Lui ti paga per occuparti di queste operazioni. Ora, è chiaro perché lo proteggi. Quello che non mi è chiaro è perché proprio io". Lo guardai negli occhi, abbassandomi alla sua altezza e poggiando le mani sulle ginocchia. 

Lui sfuggì al mio sguardo, non rispondendo, e sospirai frustrato. Mi misi dritto e intagliai ancora per qualche secondo. Quando fu pronto, posai il coltello al suo posto e mi rigirai il paletto tra le mani, mentre il respiro agitato e frenetico di Charlie era l'unico rumore che si sentiva nella stanza. 

LE SETTE DAMEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora