22. Enigmi

9 2 2
                                    

Sì trovava in una cella che riconosceva. Gli stivaletti neri erano scoloriti dallo spesso strato di sabbia. Intorno a lei, c'era una sala immensa e rocciosa, una scala con grate in ferro su un'unica parete e zone piene di penombre soffusi.
Ad un certo punto si rese conto che ciò che stava guardando non era la sua cella ma il luogo della loro ultima battaglia nella Fortezza. E appeso alla parete legato per i polsi c'era proprio Yuri.
Si sollevava sulle punte delle scarpe verso la corda del soffitto troppo alta. In bilico si reggeva pericolante a malapena. Il suo Re stringeva con i denti un pezzo di stoffa che girava intorno alla sua bocca per non permettergli di emettere alcun suono.
Come un'onda anomala, tutto il suo corpo si fletté sotto all'urto che arrivò con uno schiocco sonoro sulla pelle. Il cuoio batté di nuovo contro alla sua schiena, provocando un rumore di membra e frusta che riecheggiò come un fulmine a ciel sereno intorno a lei.
«Guardalo» ordinò qualcuno, anche se lo stava già facendo. Skye non riusciva a distogliere lo sguardo da quella scena e raccapricciante e dalla nuova cicatrice incisa come un flusso di lava scarlatta.
Il suo aguzzino si fermò solo il tempo di fare un altro mezzo giro con il braccio per rialzare il frustino contro Icaro.
All'ennesimo colpo, Skye serrò di scatto le palpebre bagnate. «Guarda cosa gli hai fatto» insistette la voce.
«Perché è solo colpa tua»

Si risvegliò di soprassalto aprendo gli occhi nel buio più totale. Il terrore l'assalì e non fece in tempo a rimettersi seduta che un dolore lancinante alle costole la costrinse a ritornare al punto di partenza. Ovvero sulla brandina.
Non era in quella cella. Icaro era al Villaggio con lei, non più in quella Fortezza. Non erano più lì.
Si ripeté costantemente quelle parole affinché acquisirono un senso logico. Affinché non riuscì a placare ogni nervo scoperto.

Una mano calda si mosse nel buio e si adagiò su una sua caviglia. Solo allora realizzò chi c'era lì con lei. «Ah, sei tu» biascicò con il fiato corto, il suo petto continuava ad alzarsi e abbassarsi velocemente.
Focalizzò il viso di Saleem fra l'unica fonte di luce scarsa che filtrava come una cornice sulle tende situate alla fine del tendone. Lui la rassicurò con un colpo netto di testa. «Era solo un incubo, andrà tutto bene» fu grata del calore che le infondevano le sue dita perché rabbrividì appena ripensò all'incubo appena fatto.
Eppure...quello che definiva un incubo non era poi cosi lontano dalla realtà, e a ricordarglielo sfacciatamente era ogni cicatrice sul corpo di Yuri.

Un rumore la destò dal suo stato di agitazione, non proveniva da Saleem seduto al suo capezzale con l'intento di fare la guardia.
Si voltò verso quel suono e vide altre due figure accovacciate maldestramente su due sedie. L'ombra del vestito voluminoso di Ginevra era inconfondibile. I visi impalliditi dai giorni di prigionia e le occhiaie marcate erano indirizzati proprio su di lei.
«Buongiorno» sbadigliò Koraline, come se anche lei si fosse appena risvegliata di colpo. «Credo» aggiunse dopo essersi guardata velocemente intorno in cerca di uno spiraglio di luce naturale, che ovviamente non trovò.
Ginevra al suo fianco si rialzò e strusciò pigra i piedi verso la sua brandina, tutto questo sotto allo sguardo attento, e anche un po' infastidito, del suo superiore.
Non aveva mai visto la sua amica cosi stanca, neanche quando Maicol aveva pernottato alla tenuta.
Saleem studiò ogni movimento della dama, dal posizionarsi accanto a lei fino ad afferrarle delicatamente una mano in segno di premura.
Il modo in cui la studiava lo riconosceva amaramente. Stava valutando se Ginevra potesse essere una minaccia o no. Un brutto segno che non si fidava ancora di quella che sarebbe stata a tutti gli effetti la sua nuova squadra.
«Oggi iniziano gli allenamenti» proferì drasticamente, ritirando le dita dalla sua gamba. Sebbene una parte di lei aveva assolutamente bisogno di riprendere gli allenamenti, sapeva che le sarebbe stato impossibile farlo a causa della sua condizione fisica. «Chi si allenerà insieme a te?» domandò riacquistando piena lucidità.

«Tutti» affermò, puntando per un attimo lo sguardo sulle due donne rabbuiate dalla sua sola presenza lì.
«Non la lasceremo sola» protestò Koraline, mostrando i denti come se avesse potuto sbranarlo come un piccolo lupo affamato. In risposta, Saleem incrociò le braccia al petto e si sollevò dalla brandina. «L'unico ingresso al Villaggio è tramite la grotta, che guarda caso è anche vicino ai Campi. Se qualcuno entrerà, ce ne renderemo conto» sottolineò, Ginevra scosse più volte il capo e alcuni suoi ciuffi sfuggirono dal solito chignon.
«Non ho paura solo su chi possa entrare, ma anche su chi già è qui» sapeva si stesse riferendo a Maicol, ma il soldato alzò comunque gli occhi al cielo, proprio come se la sua dama gli stesse ripetendo la solita cantilena da svariate ore.
«Fa come vuoi» sentenziò infine, non prima di averle lanciato uno sguardo indagatore che poi allungò anche alle sue dame, dopo ciò se ne andò.
Non ebbe neanche varcato l'uscita del tendone che Koraline borbottò. «Non mi piace quello lì» provocando un sonoro respiro da parte dell'altra compagna. «Evidentemente neanche noi gli piacciamo. Se Skye dorme non ci lascia da sole con lei. Come se credesse che noi potessimo...» evitò di finire la frase. Era assurdo che Saleem avesse paura di loro due, erano palesemente sue amiche. Skye strinse le mani sottili di Ginevra.
Se Saleem aveva deciso di lasciarle da sole con lei proprio in quel momento, era perché pensava che a lei, nonostante fosse ferita, riuscisse comunque a stenderle a tappeto.
«Dovete allenarvi. La guerra è alle porte e noi...siamo fin troppo pochi e deboli» quello purtroppo era evidente e lo sarebbe stato anche a qualsiasi nemico sul campo da battaglia. Le due decisero di non protestare, la dama dagli occhi blu fu la prima ad alzarsi dalla sedia. «D'accordo ma torneremo per cena» valutò, battendo le mani su una spallina per sollevare la sabbia accumulata sulla sua tuta.
«Sì, torneremo presto vedrai» concordò anche l'altra, scoccandole un bacio veloce su una guancia. Poco dopo, entrambe sparirono nella stessa direzione che prima aveva percorso il suo superiore.
Cosi non le restò nient'altro da fare che attendere che finissero quegli allenamenti.
Un'attesa che sembrò protrarsi per un lasso di tempo equivalente all'infinito. In cuor suo, avrebbe mentito se ostinata non ammetteva che ad ogni singolo minuto che passava, sperava che la tenda del tendone venisse spostata di lato dal suo Re che entrava.
Voleva riprendere il loro discorso, potergli dire che ci teneva a lui, che non pensava veramente a tutte le parole che gli aveva urlato contro la mattina della battaglia.
Ma lui non ritornò a trovarla.
Né quel giorno, né gli altri tre che susseguirono.

REVENGEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora