19. Ormai è Tardi

12 2 2
                                    

Consapevole che non sarebbe più riuscita a dormire, oltrepassò la sua botola e si diresse stanca verso l'edificio. Nel silenzio tombale di una notte calata su di loro ma invisibile all'occhio umano dal sottoterra, si sorprese di non sentire neanche il rumore dei suoi stessi stivaletti che schiacciavano il terreno che assorbiva ogni passo. In effetti era come se ogni cosa che appartenesse a quella strana e inquietante quiete inghiottisse tutto, almeno finché lo stridio della porta che si apriva nell'atrio della Torre non si sentì irrompere quel silenzio tombale. Alzò lo sguardo verso l'alto per costatare che l'alba ancora non aveva invaso come di consueto il cielo allo scadere della notte.

Salendo quei gradini pericolanti si chiese quante volte in passato era andata lì per ammirare i colori vividi del cielo. C'era stato un tempo, nella tenuta, in cui era convinta che non avrebbe mai più rivisto quel posto. Invece tutti quei gradini erano ancora lì, resistenti alla guerra e ad ogni conflitto circostante.

Entrò nella grande sala circolare, la luce della luna dominante illuminava debolmente ogni vetrata circostante, stava per lasciare posto al sole. Alcune stelle però non erano da meno, come punte di diamante grezzo risplendevano intorno a tutta la città in rovina.
Saleem era lì e probabilmente aveva riconosciuto il rumore dei suoi passi perché la stava già scrutando.
Forse in quel momento tutto e due stavano realizzando che erano scappati dalla prigione, insieme. Erano sopravvissuti non solo a mesi separati dal deserto ma anche alla battaglia del Palazzo.
Per Skye erano davvero tante cose da assimilare e con cui fare i conti. Tuttavia sapeva non essere saggio cercarlo proprio quando non voleva fornirgli le risposte che invece meritava di sapere.
Eppure era lì, con il cuore in gola, camminava proprio nella sua direzione. Una strana sensazione di Deja vù balenò nella sua mente quando si accomodò al suo fianco, sedendosi per terra. Nonostante il tempo li avesse divisi, riusciva ancora a ricordare nitidamente l'ultima volta che insieme erano stati lì.
Era una notte mite, non tanto diversa da quella. Avevano atteso la prossima alba, quella che avrebbe delimitato la loro partenza verso la base.
All'epoca aveva stretto fra le dita la sua mano, confortandolo per la morte immeritata di alcuni vecchi membri del Villaggio che era stato costretto a sopprimere. Saleem si era appropriato spesso dei dolori altrui, commettendo per conto di chi teneva, gesti che avrebbero segnato l'anima di chiunque.
Aveva commesso per loro atrocità pur di proteggere la sua gente. In quello, dopotutto, non era molto diverso da suo cugino.

«Ehi» si annunciò, lui le fece un piccolo cenno di testa come saluto.
«Come stai?» chiese sebbene sembrasse una domanda superflua. Si conoscevano abbastanza bene da sapere già tutto.
Lei aveva avuto a disposizione del tempo per affrontare la morte del loro compagno di squadra. I suoi amici invece l'avevano scoperto dalle sue labbra proprio quello stesso pomeriggio. Da quel momento in poi, la sua squadra non sarebbe mai più stata al completo senza Finn.
«Sono stato decisamente meglio» ammise ed annuì comprensiva. «Si... già» balbettò distendendo anche lei le gambe sopra al pavimento. Il suo ginocchio si scontrò con la sua coscia, più snella di quanto ricordava.
«L'hai visto?» le domandò girando il viso verso di lei e non c'era bisogno di specificare chi o quando. Annuì di nuovo, solo un po' più rassegnata.
«Mi dispiace» quelle parole la sorpresero.
«Mi dispiace di tutte le cose che hai dovuto subire per colpa mia. Da quando hai lasciato la base, al Palazzo, alla prigione...» non si aspettava quelle scuse da lui, ma ben altre.
Saleem l'aveva rinchiusa in una stanza di spionaggio il giorno in cui Icaro aveva sguinzagliato il suo esercito per cercarla e costringerla a rispettare il patto. Le aveva privato di combattere contro il suo volere. Come se non bastasse si era arreso di fronte a Maicol. Quando quest'ultimo gli aveva consigliato di lasciare che i suoi soldati la rispedissero a Dover, costringendola ad abbandonare tutti.
In tutte quelle occasioni, Saleem non aveva mai preso in considerazione ciò che lei desiderava. A quanto dolore le provocassero quei suoi gesti quasi patriarcali.
Dopo avergli raccontato della morte di Finn, trovò fosse di pessimo gusto rinfacciargli tutte quelle cose, cosi si immusonì, lasciando cadere il discorso. A volte, aveva la sensazione che sarebbe stato inutile parlare con lui. Che in un modo o nell'altro, Saleem avrebbe sempre scelto di proteggerla piuttosto che accettare che lei si mettesse in pericolo di vita.

REVENGEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora