33. Nella Nebbia del Pericolo

12 2 0
                                    

Erano passate all'incirca sei ore di cammino quando sentirono il caratteristico ronzio che precede l'intercettazione di una conversazione. Joseph impallidì e, allarmato, estrasse subito una delle radiotrasmittenti sottratte agli uomini di Gerald. Nell'urgenza, la piccola radio rischiò più volte di cadere, sobbalzando pericolosamente tra le sue mani colossali.

«Faccio io» intervenne Saleem, già spazientito dalla scenetta. Afferrò l'arnese a volo e cliccò più volte il pulsante della frequenza finché non trovò quella giusta che aveva meno disturbi.

«Mi sentite?» disse una voce dall'altra parte della radio.
«Arriveremo in vostro soccorso! C'è qualche problema con le vostre radio? Che fine avete fatto?!» imprecò lo sconosciuto.

Skye non riusciva a capire a chi potesse appartenere quella voce: era vissuta, non sembrava di un uomo anziano, ma neppure di uno giovane. Tutti i membri della squadra si riunirono in cerchio intorno a Saleem per cercare di ascoltare meglio.

«Questa notte ci accamperemo ai piedi del Jebel. Entro domani saremo da voi, d'accordo?» avvisò qualcun altro, con voce più stridente. Probabilmente l'uomo pensava di parlare a qualche compagno di squadra, capace di sentirlo ma non di rispondergli. In entrambi i casi, non avevano ancora idea che diffondere informazioni simili poteva essere molto rischioso per gli avversari.

«Il Jebel» ripeté Saleem. «Questo nome non mi è del tutto nuovo...» Le lunghe sopracciglia scure si incurvarono pensierose.

«So dov'è» esclamò Yuri, il suo viso si illuminò. «È un bene sapere che stavamo proprio andando in quella direzione. Se non fosse stato per questa, saremmo andati dritti in bocca ai lupi» informò, indicando la radiolina e girandosi a osservare quella che probabilmente era la direzione che li avrebbe portati dagli accampati.

Il sentiero per loro fortuna era ancora un po' alberato, vivendo lì da parecchi mesi, Skye aveva imparato a distinguere l'inverno dall'estate, quando ai tempi di Parigi o Dover non immaginava nemmeno che ci fosse una distinzione tra le due stagioni. Insomma, per lei il deserto era un luogo dove regnava un caldo perenne. Anche se non era stata molto lontana dalla verità, aveva vissuto sulla sua pelle quelle piccole differenze.

«Dunque, che avete intenzione di fare?» chiese Maicol in tono melodrammatico, mentre i suoi occhi passavano nervosamente da un bivio all'altro.

Davanti a loro si estendevano due piccoli sentieri, come due parallele tracciate nel terreno. Da una parte, il percorso conduceva verso il luogo dove sapevano si trovassero i nemici, una scelta che sembrava pura follia. Dall'altra, una via di fuga, l'opzione che il buon senso avrebbe suggerito, soprattutto a Wave, che già si vedeva lontano da quell'inferno.

Avrebbe senza dubbio scelto la seconda opzione, se non fosse stato per Yuri, che con un'espressione ferma e gli occhi duri come la pietra, interruppe il flusso dei suoi pensieri.

«Non c'è tempo per scappare», disse deciso. «Se non agiamo ora, ci ritroveranno ovunque andremo e saremo presto in trappola. L'unica via d'uscita è affrontarli, qui e adesso.»

Lei deglutì sapendo che Yuri aveva ragione. Non c'erano scelte facili in quel momento, solo il coraggio o no. E mentre l'ombra dei nemici sembrava avvicinarsi, capirono che non avrebbero potuto evitare allungo lo scontro.

«Puntiamo all'accampamento, sperando finalmente di trovare qualche mezzo utile» dichiarò Yuri con risolutezza. Ma le sue parole non ebbero l'effetto sperato.

Wave, che sembrava trattenere a stento la frustrazione, sbottò: «E se poi non avessimo abbastanza armi per contrastarli?»

L'aria si fece ancora più tesa. Saleem, silenzioso fino a quel momento, strinse la mitragliatrice tra le mani, il metallo freddo gli trasmetteva un senso di sicurezza assoluta.

REVENGEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora