17. Finn

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Skye teneva lo sguardo fisso sulle spalle sottili di Ginevra in cammino davanti a lei. Koraline e Pierre, che erano ai corrispettivi lati della dama, perlustravano la zona in cui erano finiti con occhi curiosi e allo stesso tempo titubanti.
Erano arrivati quasi in prossimità dei Campi, un luogo che Skye ricordava in ogni minimo dettaglio. Solo pochi mesi prima aveva utilizzato quello spazio ogni giorno per tendere fino allo stremo ogni muscolo presente nel suo corpo. Proprio lì, quando ancora nessuno si fidava di lei, si era esercitata ed imposta con tutto il suo spirito affinché venisse arruolata nella squadra del Villaggio. Sempre nello stesso posto aveva sferzato drasticamente la sua vecchia e lunga chioma, l'aveva fatto con un taglio impreciso della lama di un coltello che aveva trovato in giro fra i tendoni dei fabbri.
Wave ai tempi era stato il primo ad accettarla nella squadra e ad insegnarle a mirare. Era solo grazie a lui che aveva ancora un tiro decente.

I tendoni, che in quel momento erano tutti abbandonati, costeggiavano l'ingresso ed erano spogli da ogni vecchia arma fabbricata. Ciò che vide sorgere al lato dei Campi, le provocò un crampo allo stomaco.
La grande struttura che si ereggeva pericolante e desolata era stato il luogo in cui aveva medicato Saleem e aveva conosciuto George. Ma non solo. Era stato anche il posto in cui il suo superiore, l'ultimo giorno al Villaggio, aveva dovuto obbligatoriamente porre fine a vite di persone che conosceva e che avevano condiviso con lui, in passato, pasti e preghiere.

Stanchi e affamati, il chiacchiericcio di ognuno si ridusse in un lieve brusio. Stava per aumentare il passo e avvicinarsi alle sue dame quando sentì Ronald apostrofare. «Non credere a quelle parole» lo guardò sbigottita e per sua fortuna non attese molto affinché le desse una degna spiegazione. «Ho notato anch'io quello che prima ti ha riferito Maicol. Sta solo cercando di entrare nella tua testa e...tu non devi assolutamente lasciarglielo fare» riflettendo su quelle parole, appurò velocemente che dopotutto non era una novità che un nemico approfittasse del punto debole di un avversario per ferirlo. Dopotutto era solo una vigliaccata, perché se la prendeva tanto?
«Non mi ha ferita» borbottò, non ne seppe il motivo ma sentiva perfino lei di star mentendo. Le diede una leggera gomitata, e nel suo sguardo pieno di ilarità nacque anche una punta d'ironia. Sebbene cercasse di smascherarla e stesse trattenendo dentro di sé una risata canzonatoria, Ronald divenne particolarmente serio mentre sottolineò. «Sul serio, non pensare a quelle parole» se fosse stato cosi semplice, l'avrebbe indubbiamente già fatto. Le sarebbe piaciuto decidere di non pensare più ad una persona per far si che ogni suo pensiero tacesse all'istante.
Se solo avesse potuto farlo, avrebbe scelto Icaro per cancellare tutto ciò che provava per lui. Nonostante lei non fosse degna del suo amore, sapeva che amarlo avrebbe inevitabilmente ferito delle persone a lei care. Come Saleem.
«Ti ho già detto una volta che per me rimani la mia Regina, a prescindere da tutto. Non farmelo ripetere di nuovo» Skye cedette e si aprì in un timido sorriso. Era vero, gliel'aveva confessato l'ultimo giorno in cui l'aveva aiutata a nascondersi da Icaro. Era stata per giorni rintanata nella sua stanza dopo che era scappata dal Palazzo a seguito di un litigio con il loro Re.
All'epoca stava sfuggendo da tutto quello che provava nei suoi confronti. Ed una parte di lei, desiderava ancora farlo.
Ma anche a distanza di mesi, come quello stesso pomeriggio all'interno della fortezza, Ronald gliele aveva ripetute. Come se sapesse che Skye aveva bisogno di sentirsele dire.
Più Maicol la screditava, più lui le rimarcava che non era vero. Che rimaneva la sua Regina.
Ma la domanda che più la tormentava era: per Yuri rimaneva una Regina?
E nel caso fosse così, perché aveva raccontato la verità proprio a Maicol?!
Aveva dei risentimenti verso di lei per ciò che gli aveva urlato contro la mattina prima della battaglia?

Il gruppo davanti a loro si fermò scoordinato come le foglie secche di un albero sotto ad un maestrale.
«Non siamo soli» stabilì George. Estrasse molto lentamente una delle pistole che aveva scelto dal piccolo arsenale della sorella e la fece volteggiare fra le dita.
«C'è qualcuno...lì» tutti si voltarono verso la direzione che stava ostinatamente fissando. Dal principio videro tre sagome di diversa muscolatura camminare lente, tutti i loro lineamenti si confondevano nel buio.
Quando finalmente fuoriuscirono dall'oscurità opprimente del Villaggio, Pierre e perfino Ronald accanto a lei, erano già pronti all'attacco. Lo sguardo puntato nei mirini e le dita che sfioravano delicate il grilletto erano pronte per un nuovo scontro. Con sua sorpresa però non spararono. Attesero un comando, un cenno, qualsiasi cosa per qualche assurdo motivo.
Stando ancora dietro agli altri, Skye non riusciva a vedere cosa stava accadendo a pochi passi da lei. Distinse chiaramente la voce dell'americano irrompere fino a spezzare la tensione. «Fermi!»
Si meravigliò nel vedere Pierre abbassare la canna del fucile e lo stesso fece subito dopo Ronald.
Si domandò da quando quei tre se la intendevano cosi bene. C'era così tanta fiducia da accettare ad occhi chiusi l'ordine dell'altro?

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