XXXI

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Non appena uscita dal cancello della scuola mi dirigo verso uno dei vicolini che portano direttamente e in meno tempo verso la piazza del municipio. Sperando di non incontrare nessun compagno o familiare lungo la strada, perché se no mi mettono in guai più grandi di me.
Per fortuna a quest'ora non c'è molta gente in giro, dopotutto gli adulti sono a lavoro, gli anziani sono tranquilli in casa e i giovani o sono a casa o sono su alla rocca a giocare, quindi sarà più facile muoversi liberamente verso il municipio.
Il municipio è un bel palazzo, probabilmente del 1800, con una torretta alta, con delle alte vetrate, mentre al centro c'è un bel balconcino, con su tre bandiere, a destra quella della Città del Vaticano, al centro quella di San Marino e a sinistra c'è la bandiera rosso bianco nera con al centro la svastica nazista, della Germania.
Non vedo neanche tanta gente che gira ingiro, di solito da queste parti c'è sempre un pó di movimento, dopotutto qui ci sono le funzioni vitali dello Stato.
Non posso rimanere qui fuori a lungo o qualcuno mi bacca, meglio entrare, e affrontare la verità.
La porta è pesante, ma almeno non scricchiola, quindi è molto più comoda da aprire non come la porta del bagno dei nonni, che tutti in casa sentono quando vai in bagno.
《Buongiorno, potrei sapere dov'è il centro informazioni dell'anagrafe?》
Chiedo ad una signora, dietro al bancone, lei mi guarda sbigottita dalla mia richiesta.
《Ah sì, piccola, e in cosa ti può aiutare l'anagrafe?》
Mi chiese lei.
《Voglio scoprire chi è mio padre!》
《Ah, vedo, allora seguimi...》
Detto ciò mi fa segno di seguirla con il braccio, io ovviamente la seguo senza obbiettare.
Mi sta portando verso un corridoio di uffici, ma non mi fa entrare in nessuno di essi, ma invece mi fa scendere una rampa di scale e ecco lì la porta della nostra destinazione.
Mi fa entrare e prima di chiudere la porta dietro di me mi dice.
《Accomodatevi e arriva subito qualcuno.》
Dice, ora, con un tono di voce fredda, molto diversa da quella che aveva prima, quando mi ha salutata e chiesto il motivo.
Come se fosse diventata un'altra persona.
《Va bene, grazie.》
Le rispondo cortesemente.
Ora non resta altro che aspettare che qualcuno arriva ad ascoltarmi e ad aiutarmi.
La stanza è molto spoglia e un pó buia, è illuminata solo da una lampadina pendente dal soffitto; ha una semplice scrivania, con il legno un pó rovinato, le pareti hanno la carta da parati un pó rovinata, e in certi punti anche strappata.
A lato c'è una libreria di medie dimensioni, ed è piena di polvere, come se nessuno lì ha toccati da anni.
《Dentro c'è una bambina che vuole l'anagrafe, ci pensate voi?》
Sento la donna di prima, che para con qualcuno nel corridoio fuori dalla stanza.
《Si, ci penserò io.》
Qualcuno le risponde, ha un accento germanico, e anche un pó famigliare, ma sarà perché ho vissuto in Polonia e in Svizzera, che parlano una lingua simile al tedesco, ma subito dopo che hanno finito di parlare, sento dei passi avvicinarsi alla porta, ovviamente d'istinto mi volto verso la direzione dei passi, dopotutto sono molto curiosa.
Quando la porta si apre vedo due figure vestite di nero entrare nell'uscio. Sono dei nazisti, saranno loro a controllare chi è mio padre?
《Bene, bene, bene, da tanto che non ci vediamo?》
Esclama uno dei due che mi sembra altrettanto famigliare, non capisco chi è perché ha il volto coperto dalla penombra, ma dopo che ha fatto un passo avanti riconosco subito, la persona che ho davanti.
《Alex!!》
Subito lui si avvicina a me, con un sorriso quasi fraterno, e si siede davanti a me, dall'altra parte della scrivania.
《Quindi, che hai combinato questa volta? Non mi avevi detto che non ti cacciavipiù in altri problemi?》
Mi chiede con un sorrisino sulla faccia, come una ramanzina della mamma, quando scherza o ti prende in giro.
《Lo so, Alex, ma... mi diverto a darti fastidio!》
Subito lui scoppia in una breve ma contagiosa risata, che trascina anche me.
Dopo un pó parla anche l'altro uomo che era entrato con Alex.
《Sir, wir müssen uns mit dieser Göre beeilen, wir müssen zu Herrn und Frau Biliani, auf Befehl des Führers.(Signore, dobbiamo sbrigarci con questa mocciosa, dobbiamo andare a trovare i signori Biliani, per l'ordine del Führer)》
Dice l'altro uomo in tedesco, di cui ne capisco poco o niente.
《Lassen Sie uns eine Stunde oder so in Ruhe und ich rufe Sie zurück. Wenn Sie mich anrufen, tun Sie das nur, wenn es dringend und superwichtig ist. Zum Beispiel ein neu Befehl des Führers. Sie können sich jetzt verabschieden.(Lasciateci soli per un'oretta e vi richiamerò. Se mi chiami al telefono, fallo solo se è urgente e super importante. Per esempio, un nuovo ordine del Führer. Ora puoi congedarti)》
Gli risponde, sempre in tedesco, Alex, che poi mi sorride come per rassicurarmi che tutto va bene.
Intanto l'altro soldato, esce dalla stanza, dicendo credo le uniche parole in tedesco che conosco.
《Hail Hitler》
A cui, Alex non replica, anzi gli fa cenno con la mano di andare.

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La Figlia Del FührerWhere stories live. Discover now