Capitolo 20: omicidio premeditato?

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Adele pov:
è arrivato il momento, devo parlarle e finalmente riuscire a liberarmi di tutto questo peso. Sono tornata perché ho capito che non serve a nulla scappare e dopo averci riflettuto tanto forse è il caso che provi a seguire strade nuove.
Ovviamente mi riferisco a Davide, ho fatto un po' di ricerche ed effettivamente la sua storia potrebbe combaciare alla mia, ho intenzione di dargli una possibilità e darla anche a me. L'unica che potrebbe aiutarmi effettivamente è Rachel, ma la verità è che muoio dalla voglia di rivederla.
Mentre sto per entrare la vedo arrivare, il mio battito accelera e quando si accorge di me cambia strada, d'altronde la capisco, sono passati più di 2 mesi dall'ultima volta che ci siamo parlate e l'avrò lasciata con un mucchio di domande appese. Ma ora dovrò rimediare.
Quando la vedo uscire da un'aula, vorrei andare a parlarle ma penso sia il caso di aspettare così stavolta cambio strada io. Poi attendo che le lezioni finiscano e aspetto fuori, vicino alla famosa panchina dove ho quasi la sicurezza che verrà.
Ed infatti eccola che esce, si accende una sigaretta come se fosse un bisogno vitale e si siede sul muretto accanto all'entrata. Così mi avvicino dietro di lei e quando parlo vedo che sussulta per lo spavento
A: "sa fumare annebbia la mente"..dico apposta per ricordarle la nostra prima conversazione. Poi lei si gira e impallidisce leggermente
A: "scusi non volevo spaventarla, ha un accendino?"..le chiedo mentre cerco nella borsa le sigarette e mi siedo accanto
R: "credevo si fosse trasferita"..mi dice Rachel mentre mi piego leggermente verso di lei per farmi accendere la sigaretta. I suoi occhi mi erano mancati così tanto e da così vicino riesco a vedere tutte quelle piccole lentiggini che abbiamo in comune. Poi il mio sguardo si sposta sulle sue labbra che continua a mordersi e vedo fuoriuscire del sangue.
A: "sta sanguinando"..le dico cercando di rimanere impassibile a quella scena, lei si tocca il labbro sanguinante e scende dal muretto cercando qualcosa nel suo zaino ma io la precedo cacciando dalla borsa un pacco di fazzoletti. Ne tiro fuori uno e scendo anche io dal muretto. La prendo delicatamente dalle braccia per farla appoggiare al muro e inizio a tamponarle le labbra. Vedo che il mio contatto la destabilizza e diventa un piccolo tronco in imbarazzo. Devo ammettere che mi piace avere il controllo su di lei, so che questa situazione è sbagliata e non avrei dovuto crearla, ma ora proprio non riesco a pensare ad altro che alle sue labbra. Il sangue non esce più ma io non voglio smettere di tamponarle, guardarle e toccare la loro morbidezza. Involontariamente e senza pensarci mordo le mie e lei alla vista di ciò prende il fazzoletto dalle mie mani e si ricompone
R: "g-grazie, faccio io"..inizia a torturarsi le labbra con il fazzoletto come per dimenticarsi del mio contatto delicato
A: "ascolti, Rachel, sono tornata e ho bisogno di parlarle"..cerco di farmi seria io
R: "va bene, mi dica"
A: "non qui, se ha finito le lezioni preferirei venisse da un'altra parte più tranquilla. Qui tra pochi minuti sarà pieno e vorrei evitare ulteriori dicerie su di me"..dico senza accorgermi di aver parlato troppo. Ma infondo è quello che penso, so che tutti i ragazzi dicono che sono una stronza apatica, magari è la verità ma se c'è una cosa che non voglio è che mi vedano debole. E so che affrontare certi argomenti non farà altro che rendermi tale.
R: "va bene, la seguo"..dice Rachel confusa
A: "a che ora deve tornare a casa?"..le chiedo dopo che è salita nella mia macchina
R: "non ho un orario, solo mi può dire di che si tratta?"
A: "no non voglio dirglielo"
R: "grandioso"
A: "glielo voglio mostrare"
R: "lei ha un'enorme capacità di rendermi sempre più confusa, sa?"
A: "se si riferisce a quel giorno in ufficio mi dispiace, non ho saputo controllarmi perché era un momento difficile"
R: "no non mi riferisco a quel momento, forse quello è stato l'unico in cui non mi ha lasciata confusa perché ho visto semplicemente un essere umano che aveva bisogno di un abbraccio"..mi dice lei spiazzandomi, siamo ferme al semaforo e quindi mi giro a guardarla incredula
A: "e allora a cosa si riferisce?"..avrei voluto difendermi da quelle parole ma riesco solo a dire questo
R: "beh a lei, mi confonde. Arriva, sparisce poi torna, non capisco quali intenzioni abbia e cosa c'entri io"
A: "le mie intenzioni non la riguardano"..dico pentendomi subito di essere tornata la stronza, con lei non vorrei esserlo
R: "e allora se non mi riguardano cosa ci faccio qui?"..mi risponde lei quasi arrabbiata
A: "crede che sia facile?"
R: "credo che dovrebbe partire"
A: "beh lo farò se sarà necessario ma ora sono qui perché non riuscivo più a stare lontano"..eccomi pentita di nuovo delle mie parole
R: "intendevo partire ora, è verde"..dio che stupida, penso di me stessa mentre ristabilisco il mio volto sulla strada abbandonando quello di Rachel
R: "da cosa non riusciva a stare lontana?"..mi domanda poi lei dopo qualche minuto di silenzio, pensavo di averla scampata e invece no
A: "dall'università, mi piace insegnare"..dico cercando una via di fuga
R: "e allora perché non è venuta per 2 mesi?"..mi chiede mentre parcheggio e spengo la macchina. Poi prima di slacciarmi la cintura la guardo intensamente
A: "perché ho avuto paura Rachel"..non controllo più nemmeno quello che fuoriesce dalla mia bocca
R: "paura di cosa?"..il suo tono della voce diventa sempre più caldo mentre si sistema per guardarmi meglio
A: "di tutto quanto... insomma quel ragazzo, le cose che ha detto e poi anche tu"..rispondo mettendo la testa sul volante per evitare di guardarla. Ormai non si torna indietro dopo questa uscita amara
R: "i-io? Cosa ho fatto?"..mi chiede colta di sorpresa, non vedo la sua faccia ma sono sicura della sua espressione
A: "non hai fatto niente... semplicemente eri lì quando avevo bisogno e questa cosa mi ha destabilizzata. Non riuscivo a controllare più nulla e non potevo permettere che mi continuassi a sentire così quando eri attorno a me"
R: "così come?"..domanda lei mentre posa le sue mani sul mio viso per alzarmi la faccia e guardarmi negli occhi
A: "così, così"..dico indicandomi
R: "non riesco a capirla mi scusi"
A: "Rachel credo che ormai non sia più il caso di darmi del "lei" "
R: "beh vede, io continuo a non capirla è in decifrabile davvero"..dice lei distogliendo lo sguardo e con il tono di voce stavolta più alto e di rimprovero. Così scendo dalla macchina, faccio il giro ed apro la sua portiera. Lei mi guarda sempre confusa mentre le porgo la mano attendendo che la prenda
A: "vuoi rimanere in auto?"..le chiedo mentre finalmente posa la sua mano sulla mia e si alza per poi lasciarla subito. Si guarda intorno e vedo che inizia ad aspirare l'aria profondamente con il naso. Siamo su di una montagna con un lago invernale al di sotto e qui l'atmosfera si colora sempre di una freschezza incredibilmente invidiabile in confronto alla città.
R: "perché mi ha portato qui? Se forse vuole uccidermi sarebbe stato meglio un posto meno bello di questo"
A: "se avessi voluto ucciderti non credi l'avrei già fatto?"
R: "beh forse il suo sadismo preferisce prima farmi soffrire"..dice mentre penetra i miei occhi, un po' mi ferisce che pensa queste cose di me... ma infondo non la biasimo, chi non lo penserebbe
A: "d'accordo allora adesso smetto di farti soffrire, dove preferisci che lo faccia?"
R: "ma fare cosa?"
A: "beh ucciderti ovviamente"..le rispondo riuscendo a malapena a trattenere una risata vedendo la sua faccia allibita
R: "io.. io davve.."..la blocco prima che possa finire la frase e la faccio poggiare delicatamente contro la macchina, ormai dovrebbe esserci abituata. Le tengo fermi i polsi mettendoli a contatto con l'auto e avvicino il mio corpo al suo per immobilizzarla. Questa posizione ammetto che mi fa un certo effetto, ma considerata la sua pelle d'oca e i visibili brividi che le passano sul corpo, beh non sono la sola. Mi avvicino sempre di più al suo viso a pochi centimetri dalla sue labbra e vedo che lei chiude gli occhi. Poi devio sulla destra del suo viso e le sussurro all'orecchio "io non ti farei mai del male".

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