Capitolo 17

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Milano. Ottobre. Giovedì mattina.

La pioggia traboccava sul mio ombrello da quando avevo deciso di uscire finalmente da casa per andare all'università.

Maledetto il giorno che ho deciso di iniziare la facoltà di lingue.
Maledetto il giorno in cui ho accennato a mia madre di voler prendere la laurea in lingue.
E maledetto il giorno in cui mi ha costretto a lavorare part-time al bar della sua amica del cuore. Quella mattina la volevo passare beatamente a letto. "Accidenti." Borbottai esasperato.

"Giornata no?" Borbottò qualcuno dietro alle mie spalle ed eccolo li, Mister simpatia. Fecce capolinea affianco a me e mi passò la sua solita barretta di cioccolato. "Sai, se non fossi tu..ti avrei già mandato a quel paese." Dissi al ragazzo divertito e accettando la sua barretta, mi guardò torvo "Ehi ragazzo se non fosse per me morriresti di fame, lo sai si?" Davide alzò gli occhi verdi su di me e mi guardò storto, andiamo bene, era già girato di prima mattina? "Gugu? Dove sta?"
Domandai aprendo la barretta, sbuffò. "Si è preso l'influenza. Quindi mi tocca coprire il suo turno stasera." Disse scuotendo la testa incredulo.
"Non dovresti uscire con Chiara oggi?" Domandai perplesso vedendo che finalmente si stava avvicinando il bus. "Si ed è questo il problema. So già che mi mollerà stavolta." Rispose salendo sul bus e prendendo i nostri soliti ultimi posti. "Vai tranquillo copro io il suo posto." Dissi finendo di mangiare la barretta che mi aveva gentilmente donato, mi guardò perplesso "Oggi c'è la serata lo sai si?" Chiese divertito. "Domani mi copri tu infatti."

La mattinata passò in fretta e per mia gran fortuna il prof di francese era assente. "Che fammo? Torniamo a casa?" Chiese Davide sbadigliando, avevamo passato la mattinata da un professore all'altro. "Nel registro c'è scritto che ci sarà il suo assistente a farci recupero." Borbottai mentre mangiavo il panino che mi aveva preparato mia madre quella mattina. "Sul serio Alessandro? Sarà più palloso del prof." Disse Davide appoggiandosi allo schienale della mia sedia con il gomito, aspettava un morso dal mio panino. "Dai non sarà male. Ho delle vibes positive." Dissi tagliando a metà il panino per dargliene metà.
"Secondo me sarà un imbecille." Disse divertito.

L'assistente era un ragazzo alto e moro, era alquanto timido, non smetteva di balbettare talmente era agitato nel parlare con noi, molti ragazzi lasciarono l'aula con qualche scusa inventata all'ultimo e in lui cresceva sempre di più l'agitazione da novello che era.

"Mi correggo è un cretino." Borbottò Davide che stava scarabocchiando sul suo quaderno, io avevo gli occhi fissi su quel ragazzo che nel mentre si aggiustava gli occhiali che ogni due per due gli ricadevano giù. Mi faceva tenerezza e non volevo distogliere il mio sguardo, era come diffondergli coraggio. "Mi scusi? Potrei chiederle un informazione?" Cristina la snob della classe apri la sua bocca e ciò significava che stava per sparare una stronzata delle sue. Il ragazzo accennò un si titubante con la testa, aveva ragione Davide, era proprio un cretino. "Ma lei fa l'assistente perché è invalido?" Domandò la ragazza rigirandosi una ciocca di capelli castani tra le dita, il ragazzo sospirò, pensavo che si sarebbe stato zitto e invece mi sorprese. "Adesso però signorina la riformuli in francese." Mi scappò una risata divertita e lo sguardo assassino di Cristina si spostò su di me. "Hai qualche problema Muhammad?" Alzai gli occhi al cielo, simpatica. "Mi chiamo Alessandro." Dissi distogliendo il mio sguardo e tornando a guardare il ragazzo che era leggermente diventato rosso. "Comunque Cricri non hai risposto al professore." Disse Davide divertito. "Ma che me né frega? Non è un professore." Disse la ragazza incrociando le braccia. "Beh all'esame ci sono pure io. Se vuoi te la faccio formulare li." Disse l'assistente appoggiandosi alla scrivania. Lo zio aveva tirato fuori le unghie.

Dopo un'altra ora e mezzo fummo finalmente liberi. La discussione iniziale fu la micia per aiutare il ragazzo a sbloccarsi con noi e fu divertente come finì il resto della lezione.

Il locale in cui lavoravo era poco distante dall'università e prima che attaccassi a lavoro mancava ancora un oretta. "Ricapitolando il tizio non è male. Almeno lui ha spiegato bene il concetto dell'esame che dovremmo affrontare." Disse Davide portando la sua tazzina alle labbra eravamo seduti fuori dal bar. "Bah sai, non ti saprei dire." Dissi poco incurante, stavo ricontrollando gli appunti della lezione, avevo finalmente capito come era la pronuncia di qualche frasi.

"Ale, guarda che ho avvisato un mio amico per venirci aiutare stasera." Disse Camilla, la nostra collega e non ché la nostra migliore amica, nel mentre che prendeva posto al nostro tavolo. "E chi sarebbe?" domandò Davide curioso, "Marco." Rispose lei secca, la guardammo perplessi e mo chi era costui? Una nuova fiamma?
"Tra poco lo conoscerete."

Il ragazzo era in ritardo. Io e Camilla avevamo già sistemato tutta la sala ed eravamo pronti per mangiare qualcosa prima dell'inizio della serata. "Il tuo amico è in ritardo." Borbottai infastidito speravo che non  avesse cambiato idea. "L'hai chiamato per caso? Perché sta entrando proprio adesso." Sibillo lei andando verso il ragazzo. "Finalmente!" Urlò entusiasta, lui alzò lo sguardo sorpreso nel ricevere l'abbraccio dell'amica, mi sembrava un viso conosciuto, ma non ricordo dove l'avevo già visto. "Scusami...ho avuto un imprevisto." Borbottò irrequieto, notai solo ora che avesse una manica della camicia strappata. "Chi è stato?" Chiese lei preoccupata prendendogli il viso tra le mani, "e dove cacchio sono gli occhiali?" gli raggiunsi incuriosito e con la mia incredulità riconobbi in quel ragazzo l'assistente di quella mattina. Cavoli sta bene senza occhiali.

"Non è stato il gruppo di Cristina vero?" Chiesi passandogli un fazzoletto per tamponare il labbro, il ragazzo si bloccò appena mi vide. "Tu..sei.."
"Alessandro Mahmoud." Dissi sorridendo, lui non sembrava felice di vedermi però. "Ale, lui è Marco Mengoni, un mio caro amico d'infanzia. Sta qui per dare una mano al nostro vecchio professore." Spiegò lei. "Ah ecco, io sono un'amico e collega di Camilla. È un piacere fare la tua conoscenza."
Lui guardò la ragazza titubante e sospirò "Scusami, sono molto emotivo." Disse lui allungando la mano per stringere la mia. "Macché tranquillo. Hai fame?" Domandai indicando la cucina del locale.

Il ragazzo sembrava un'altra persona, si ondeggiava tra i tavoli con un sorriso stampato in faccia, aveva una parlarina che neanche io avevo quel giorno, era straordinario come si comportava con la clientela.

"I genitori di Marco avevano un ristorante una volta, lui ha iniziato a lavorare lì." Camilla rispose alle mie domande silenziose, la guardai perplesso "Stamattina non era così." Alzai le spalle per giustificare il motivo per cui lo stavo fissando, lei segui il mio sguardo con un sorriso triste "Un anno fa ha avuto un incidente stradale è stato due mesi in coma, sai? Non ricordava più niente. Poi per caso un giorno l'ho incontrato in stazione qui a Milano... non si ricordava più neanche di me." Si asciugò una lacrima ribelle. "Scusami e che ci tengo troppo a quella testa calda." Prese uno dei tanti vassoi pieni sul bancone per svuotarlo. "Non ha recuperato?" Domandai curioso, mi incuriosiva quel ragazzo, aveva un so ché di misterioso.
"Mahmoud al tavolo cinque richiedono di te." Disse Marco appoggiando un vassoio pieno sul bancone, guardai chi mai c'era al tavolo. "Potresti dire che sono impegnato? Non ho voglia di averci a che fare." Borbottai infastidito, Camilla alzò lo sguardo facendo una smorfia. "Non potevano rimanere a Londra?" Chiese schifata e scuotendo la testa. "Oddio chi sono?" Momorò il ragazzo divertito dalle nostre facce "i nostri ex ragazzi." All'unisono io e Camilla parlammo con disgusto sotto lo sguardo stupido di Marco. "E quindi tocca andare a me?" Borbottò perplesso, guardando il tavolo in questione. "Tranquillo, prima o poi mi toccherà comunque parlarci." Dissi prendendo il taquino delle ordinazioni. Non potevo effettivamente evitarli.

"Buonasera ragazzi, cosa prendete?" Domandai senza neanche rivolgergli lo sguardo. "Ciao Ale..Come stai?" Domandò uno dei due. "Indaffarato Dario. Quindi se mi dici cosa prendi mi faresti un favorone." Borbottai infastidito, lui rise sono i baffi e sospirò. "Il nuovo esce con te o con Camilla?" Chiese curioso guardando verso il bancone dove in quel momento Marco stava riappoggiando un nuovo vassoio. "E a te cosa interessa?" Domandai acido. "Calma era una semplice domanda. Io prendo una Birra, tu Cri?" Cristian. Il mio ex ragazzo che mi aveva mollato per questo cretino che fingeva di essere tutto innamorato della mia migliore amica. "Una coca." Borbottò lui guardandomi con uno sguardo di chi non volesse assolutamente essere lì. "Arrivo subito." Dissi secco per poi andare a preparare le loro ordinazioni.

"Non mi sembra che sia andata bene con quei due." Borbottò Marco, aveva dato il cambio a Camilla. "Quel cretino pensa di essere sto cazzo." Dissi prendendo i bicchieri e le bottiglie dal frigo. Marco mi appoggiò una mano sul braccio e mi guardò con uno sguardo complice. "Vado io. Ti devo un favore, no?" Disse prendendo il vassoio e andando al tavolo. Che favore gli avevo fatto?

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