Capitolo 5

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Erano ormai le quattro passate quando decisi di uscire dall'appartamento di Marco, due erano le cose, chiamare un taxi, oppure guardare quanto potevo metterci a piedi da qui a casa mia.
Milano era diventata all'improvviso così fredda come del resto era il mio cuore in quel momento, ero veramente frustato dal comportamento di Marco, prima fa l'indifferente per un mese intero dimenticando della mia esistenza, poi la sua rabbia improvvisa se quasi non lo calcolavo, poi fa il contento nel vedermi o quanto meno sentirmi e poi? Fa il coglione? Doveva sperare che la mia rabbia sparisse perché dopo oggi con il cazzo che mi avrebbe rivisto.

Aspettai il mio taxi in una panchina di un parchetto non molto lontano da casa del ragazzo, ero talmente arrabbiato che mi mancava solo di beccarlo in strada o cos'altro. Almeno lì l'unica cosa che potesse  succedere era quella che qualcuno mi puntasse qualcosa addosso per chiedermi dei soldi, sì sono talmente arrabbiato.. che preferirei un coltello puntato addosso che vedermi lui davanti. Per fortuna arrivò la macchina dopo qualche minuto, il mio telefono squillò e con mio fastidio era proprio quel ragazzo. "Sto tornando a casa. Ciao" riattaccai senza dargli tempo di replicare.

Arrivai a casa dopo una bella mezz'ora di viaggio ed entrai cercando di non fare rumore per non svegliare mia madre ed entrai dentro la mia camera. Il mio telefono squillò nuovamente, ma stavolta per un nuovo messaggio.

- Sei arrivato? Io sono sotto casa tua.

-Si, puoi andare.

-Ale.. per favore parliamo.

-Non c'è niente da parlare.

-Mi dispiace, ok?

- Ok.

- Ale...

-Buonanotte Marco.

- Cerca di capirmi..

- Non c'è niente da capire.

Spensi il telefono, non volevo che provasse nuovamente a chiamarmi e mi addormentai cercando di non pensarlo.
Passò una settimana dal nostro ultimo incontro, ero  sollevato che il nostro rapporto lavorativo fosse finalmente finito.
Quella mattina dovetti fare delle commissioni per mia madre, che era impegnata a lavoro. "Dovrei cercarmi un lavoro." Dissi a Camilla al telefono. "Non hai ancora recimolato niente?" Chiese sorpresa, davvero si sorprendeva per il fatto che fossi una nullità? Le persone pensavano che dopo la mia collaborazione con Marco mi avesse pagato oro, invece avevo appena rifiutato il mio stipendio per tre testi che aveva appena scelto, mi bastava trovare il mio nome sulla discalia dei compositori. "Quanti brani hai fatto per lui?" Domandò Camilla curiosa, dovevamo per forza parlare di lui? "Tre, ma mi ha preso in simpatia, quindi ho rifiutato che mi pagasse." Gli risposi scendendo nuovamente le scale di casa. "Simpatia o no, ti potevano servire per lo stage di scrittura." Disse dispiaciuta, mi ero dimenticato dello stage. "Vabbè adesso è andata così e poi non ho solo lui che mi può pagare." Dissi ridendo, appena uscì del palazzo alzai il mio sguardo al cielo, oggi Milano era proprio di cattivo umore, dei nuvoloni minacciavano di traboccare in qualsiasi momento. "Sta per piovere." Borbottai a Camilla. "Spero per te che hai l'ombrello! Mi manca solo che devo fare di nuovo i turni con gli altri per salvaguardare la tua salute." Disse seccata, la immaginai che avesse roteato gli occhi come al suo solito.

Arrivai in fumetteria, speravo di trovare l'ultimo volume del manga che stavo leggendo. Il mio telefono squillò e il nome di Stefano compari sul mio display. "Pronto?" Dissi appoggiando il telefono tra la spalla e l'orecchio. "Dove sei?" Domandò agitato, oddio cosa ho fatto ora? "In fumetteria, perché?" Domandai spogliando un volume di Dragon ball. "Ti vengo a prendere!" Rispose con entusiasmo che mi fecce ridere. "Che cosa è successo che sei così felice?" Domandai rimettendo a posto il manga e salutando David il commesso. "Marco ha chiesto se puoi scrivergli un'altra canzone e stavolta ci ha invitato a passare una settimana con lui in un resort in Germania." Disse entusiasta, una vacanza pagata, ecco perché è così felice. "Se ci tieni vacci tu, io mi astengo."
"Non dire cazzate." Disse appena parcheggiò davanti a me, sali in macchina seccato, "secondo te voglio passare una settimana appresso a uno so tutto io?" Domandai irritato allacciandomi la cintura. Sospirò rassegnato, "Alessandro, questo è lavoro non vita privata." Disse severo che mi fecce roteare gli occhi per l'esasperazione. "Lo faccio solo perché ci sei anche te."

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