Capitolo 51

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Serkan

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Serkan

Sicilia ➳ Palermo.
Zona Centro.

Apro le palpebre quando la luce del sole mi sfiora il viso e dò uno sguardo a Katherine al mio fianco. Ieri sera ci siamo messi sul divano fuori, sotto la tettoia visto che pioveva. L'ho tenuta stretta per tutta la notte e il volto è così vicino al mio che il suo respiro mi solletica le labbra.

È rimasta al mio fianco nonostante fossi furioso. Quando ieri sono uscito fuori mi ha raggiunta e mi ha abbracciato da dietro. È bastato quel contatto a farmi rilassare.

Katherine è capace di mettere armonia nel caos in cui mi trovo.

Tolgo il braccio destro da dietro la sua testa e la faccio appoggiare sul cuscino quando mi sposto. Riesco a mettermi in piedi e la copro col plaid estivo.

Mi dirigo in casa a piedi nudi e guardo il casino che ho combinato ieri sera per colpa di quelle stronze.

Vado in cucina e dico al mio sistema intelligente di prepararmi un caffè. Appena la tazza si riempie la afferro e ritorno in soggiorno.

Do un'occhiata alla vetrata, quella vicina alla porta che non è più a vetro, l'ho dovuta cambiare. Ne ho messa una blindata che è più sicura per i miei figli.

Vedo una persona seduta e mi avvicino al battente. Lo apro e controllo fuori. È Fiammetta che sta dormendo qua fuori come una barbona.

Mi appoggio sul muretto del porticato e standole di fronte sorseggio il caffè. Ha dormito qui fuori con la temperatura fredda che c'è ogni notte. Si sarà congelata.

Ma a noi importa? Chiede il Diavolo che c'è in me.

Certo che ci importa. Risponde l'angelo benefattore.

Siete due vocine inutili. Tanto ormai mi è tutto indifferente. Sarò come un muro che cammina, come mi hanno sempre visto.

Sarò buono solo con chi lo è con me e mi fiderò quando avrò le certezze che non mi inganneranno e che posso mettere perfino la mano sul fuoco per loro.

«Svegliati che un centesimo ce l'ho per dartelo.» le dico ironico e le colpisco la scarpa, cosicché si svegli. Appena apre le palpebre mi osserva, «buongiorno. Da quando sei diventata un senza tetto?» continuo a farmi beffe di lei.

«Sono morta di freddo, Serkan. Non sono in vena di ironia.» sbotta e si alza, dandomi un'occhiata, «è caffè americano quello?»

«Già. È mio. Vai al bar se vuoi il caffè.»

«Serkan, per piacere... Non mi togliere mio figlio.»

«Ieri ero arrabbiato. Non te lo tolgo. Non sono così infame a differenza di voi. Da oggi in poi ci limiteremo soltanto a parlare di nostro figlio. Di altro non me ne frega niente.» parlo senza peli sulla lingua e mi avvicino all'ingresso, «buona giornata», le auguro ed entro, senza invitarla in casa.

𝐓𝐡𝐞 𝐌𝐞𝐝𝐣𝐚𝐲𝐬 ➳ ᴀɴɪᴍᴇ sᴏғғᴇʀᴇɴᴛɪ [Secondo Volume]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora