Capitolo 81

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Il corridoio era avvolto in un'oscurità opprimente, interrotta solo da torce intermittenti fissate alle pareti. Ogni lampo di luce proiettava ombre inquietanti, che sembravano muoversi e danzare in sincronia con i miei passi. Il silenzio era palpabile, interrotto solo dai rumori lontani del palazzo e dai miei passi cauti.

Mi era stato permesso di sistemarmi in una delle stanze del palazzo di Mifune, grazie alla clemenza dei samurai che, dopo un controllo superficiale, mi avevano lasciata andare. La mia mente era preoccupata: avevo appena scoperto che Danzo stava complottando, e ogni movimento nel buio sembrava potesse essere una minaccia. E ora, quel timore sembrava materializzarsi.

Camminavo con la massima attenzione, cercando di non fare rumore, quando cominciai a notare qualcosa di strano. Sentivo un'ombra che sembrava muoversi in sincronia con me, il rumore dei passi leggermente distanti ma costanti. Il mio cuore accelerò, e un'irrequietezza crescente mi avvolse. Il pensiero che qualcuno potesse seguirmi non era rassicurante.

Il palazzo era un labirinto di corridoi e stanze, e l'oscurità sembrava amplificare la mia paura. Ogni angolo che giravo sembrava nascondere una nuova minaccia, e le ombre proiettate dalle torce intermittenti sembravano allungarsi verso di me con intenzioni maligne. Il suono di passi dietro di me era sempre più distintamente percepito, e mi sembrava che la mia ombra avesse acquisito una volontà propria.

Mentre fissavo il corridoio, cercando di capire se fosse solo la mia immaginazione a giocarmi brutti scherzi, notai qualcosa sul pavimento, proprio al limite della luce fioca di una torcia. Avanzai lentamente, cercando di fare meno rumore possibile, e mi inginocchiai per vedere meglio.

Era un piccolo oggetto, quasi invisibile nel buio. Lo raccolsi delicatamente e lo portai più vicino alla torcia.

Quando la luce lo illuminò, il mio cuore si fermò per un istante.

Tra le mie dita, tenevo una piccola figurina di legno intagliata con cura, la vernice rossa sbiadita dal tempo. Era una piccola gru, il simbolo preferito di mio fratello.

Il sangue mi gelò nelle vene. Conoscevo bene quell'oggetto: era uno dei pochi ricordi tangibili che avevo di lui. Lo aveva sempre portato con sé, un portafortuna, aveva detto una volta.

Quando morì in battaglia, quella gru era stata la cosa che avevo cercato di più, sperando di trovare almeno un segno del suo destino.

Ora, vederla qui, in questo palazzo remoto, mi fece tremare le mani. Cosa significava? Era davvero possibile che mio fratello fosse ancora vivo? Oppure qualcuno l'aveva trovata e portata qui? E, in tal caso, perché?

Era una cattiveria di Danzo?

Una sorta di avvertimento?

La mia mente era un turbine di domande senza risposta. Mi alzai, stringendo la piccola gru tra le mani...

Con un nuovo senso di urgenza e determinazione, mi girai per tornare sui miei passi, ignorando le ombre inquietanti e il senso di pericolo che sembrava crescere intorno a me. Se c'era anche solo una speranza di capire che stava succedendo, avrei affrontato qualsiasi cosa. E in quel momento, nel buio del corridoio, una figura emerse dall'ombra, fissandomi con uno sguardo penetrante.

Il fuoco delle fiaccole si spense all'improvviso con una folata di vento freddo, lasciandomi al buio più completo.

Mi fermai bruscamente dietro a un angolo, ascoltando attentamente. Il battito del mio cuore rimbombava nelle mie orecchie mentre cercavo di identificare la fonte del rumore. I passi si fermarono anche loro, e il silenzio sembrava opprimente. Mi sentivo come se fossi osservata, e l'idea che uno degli uomini di Danzo potesse essere qui per seguirmi e impedirmi di raggiungere Kakashi mi angosciava.

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