I sogni erano confusi come mai prima di allora. Sentivo parole volare nell'aria. Camminavo o forse correvo tra degli alberi. Mi girava la testa, il vento non soffiava e sembrava mancarmi l'aria. Pioveva e di tanto in tanto mi colpiva un pezzo di grandine, l'ultimo così forte che svenni.
Mi ripresi poco dopo. Ero davanti a una quercia. Assomigliava ad alberi che avevo visto altre volte nei miei sogni. Così grande da apparire innaturale. Emanava uno strano odore, come di rose. Ci girai un paio di volte intorno, cercando di capire perché ero davanti ad esso.
D'improvviso iniziai a notare dei segni nella corteccia, come se qualcuno ci stesse incidendo sopra. Dopo poco iniziarono a diventare lettere e poi frasi. Scritte in latino molto indistinte.
Mi sentivo stordita, più di quando mi avevano portata all'ASG.
Poco dopo iniziai a notare che la velocità con cui le lettere stavano apparendo era diminuita. Mancavano poche linee per definire gli ultimi caratteri.
Una voce mi svegliò.
Avevo la vista appannata, mi girava la testa, ma la voce continuava a chiamare il mio nome.
Ero sdraiata per terra. Il freddo sulla pelle mi faceva rabbrividire. Sentivo che il gelo mi oltrepassava i vestiti.
Con me avevo il pugnale e la paura prese il sopravvento. Facevo respiri profondi cercando di calmarmi, ma invano. La percezione del mondo intorno a me iniziava a essere più chiara. Il mio corpo si stava abituando al freddo del pavimento, mentre la mia mente si rassegnava all'idea di ciò che probabilmente avevo compiuto.
Vicino a me c'era Lorenzo, la sua voce continuava a chiamarmi. Mi alzai in piedi di scatto lasciando cadere il pugnale. Toccò terra e fece un rumore fiacco, quasi inesistente. Io, intanto, osservavo il ragazzo con uno sguardo spaventato d'un bambino dopo un incubo. Lui ricambiò con un'espressione angosciata. Ci guardammo per alcuni minuti, nessuno disse nulla.
Dopo un po' raccolsi il pugnale guardandolo fisso. Passarono pochi secondi prima che Lorenzo iniziasse a parlare. Mi chiese disperatamente come stavo ed io cosa stesse succedendo e perché era in camera mia.
Con una voce alquanto allarmata disse che nel cuore della notte aveva sentito dei rumori contro il muro. Si era reso conto che avevamo le stanze confinanti. Il rumore contro la parete si faceva sempre più forte e stridulo.
Dopo poco era venuto a vedere. Aveva forzato la porta nell'intento di raggiungermi.
«...avevo paura per te...» mi disse. Parole che toccarono un nervo scoperto.
Si era preoccupato per me.
Era stato il primo, l'unico. Ma in pochi attimi il pensiero sfumò, e scomparve dalla mia attenzione.
«Entrato ti ho vista scrivere con il pugnale sul muro. Stavi incidendo lettere nel mezzo di un attacco di sonnambulismo. Temevo che ti ferissi e ti ho svegliata... stai bene?»
Mi voltai a guardare la scritta alle mie spalle.
Era latino, tipica lingua utilizzata dall'Agenzia. Osservai a lungo quelle parole. La traduzione era semplice: "la tua missione è anche la loro". Quella era una frase piena di contenuti ma alquanto enigmatica. Cos'era una mia missione, ma era anche la loro. Non che avessi avuto molte missioni da parte dell'ASG in quegli anni, anzi: solo una.
Un brivido corse velocemente lungo il mio corpo. Compresi tutto in fretta tanto che Lorenzo non ebbe il tempo di chiedermi di che cosa si trattasse. Il mio sguardo si illuminò di paura e l'espressione preoccupata del mio viso tradì la sicurezza dei miei modi.
Le mie gambe si mossero da sole, quasi come controllate da una forza oscura. Corsi più forte che potevo fuori da quella stanza. Il cuore batteva all'impazzata. Scivolavo tra i corridoi mentre i pensieri faticavano a formarsi. Non poteva essere, non potevano prendere le gemme.
Giunsi in sala controllo, subito dopo arrivò Lorenzo. La Lion era già lì. Il mio sguardo atterrito la sorprese fin da subito.
Fece risuonare l'allarme per riunire gli altri.
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Guardiana_Obscurity
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