Capitolo 28: Verità

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Mi ritrovai in una stanza con le pareti anguste, colorate di un azzurro pastello, e una sola, minuscola finestra alla mia destra. La porta era aperta, e sentivo delle voci, che si facevano sempre più vicine. Una piccola bambina gattonando, e tentando di alzarsi in piedi con movimenti incerti, oltrepassò la soglia. Mi fece tenerezza. Un essere così piccolo, fragile, indifeso, eppure con una forza. Nonostante cadesse più e più volte continuava a tentare di alzarsi in piedi. Dietro di lei c'erano due figure che, abbracciandosi, si sporsero, mostrandosi alla luce del sole. Erano Obscurity e la Lion. Guardavano la bambina sorridendo, rimanendo stretti uno nelle braccia dell'altro.

«Vedi» l'uomo si rivolse a me.

Sembrava essere fuori dal copione, fuori da quella scena.

È solo un ricordo. Un suo ricordo, pensai, mentre gocce di inchiostro iniziarono a cadere nell'acqua. Mi sommersero, mi avvolsero, mi annegarono. Sentii il respiro affaticato e mi dimenai, cercando di non affondare. Vidi la superfice, cercai di raggiungerla e in un attimo fui a terra su un marciapiede. Ora piovevano foglie autunnali. Mi alzai, tastando con i palmi la strada bagnata. C'era la Lion che camminava con passo affrettato, e che teneva la bambina tra le braccia, ora poco più grande di prima. Le due mi passarono davanti, senza neanche rivolgermi lo sguardo e a passo spedito. Poi si fermarono di scatto e la donna si voltò. Fissava qualcosa alle mie spalle, qualcosa che, ne sono certa, poco prima non c'era. Mi voltai anche io accorgendomi che stavamo fissando tutte quante un qualcuno. Non ne riconobbi il volto, ma mi saltò all'occhio il camice da laboratorio. D'improvviso l'ambientazione cambiò e mi ritrovai all'interno del laboratorio dell'ASG.

«Dobbiamo farlo, è necessario» l'uomo parlava muovendo leggermente la bocca. Sembrava che fosse un'eco a parlare per lui. La voce giungeva più lontana di quanto fosse in realtà. La Lion cambiò improvvisamente espressione. Ora deglutiva a fatica e aveva gli occhi lucidi. Stringeva la bambina tra le sue braccia.

«È inutile tentare di scappare, e lo sai. Ma potrai sempre rimanerle accanto» la voce dell'uomo continuava a rimanere calma. Stava aspettando un cenno dalla professoressa, ma lei non si muoveva. Rimaneva composta in quella posizione, in balia delle emozioni.

«Si dimenticherà di me»

«È necessario»

«Andrà contro suo padre»

«È necessario» l'uomo continuava a ripetere la frase, come se questa potesse aggiustare il dolore della Lion, come se questa potesse ricomporre il mio cuore, come se non avesse conseguenze. Poi un vento forte iniziò a soffiare. Mi entra la polvere negli occhi e la vista mi si annebbiò fino a sparire. Mi sentii afferrare e portare via. Mi ritrovai in un'altra stanza, un altro laboratorio. Vidi la bambina intubata. Era come vedere il mio riflesso. La vedevo brillare di una luce intensa e calda, sorridermi, allungarmi la mano. Poi voltó lo sguardo. Lì di fianco, celato dall'oscurità della stanza, c'era Obscurity. Il suo mantello cercava inutilmente di celare il candido dei suoi capelli. Prese in mano la bambina, e la coccolò, accarezzandole la nuca, e lei ricambiò con un sorriso. La stanza, però, diventò rossa, mentre da ogni parte arrivavano soldati dell'Agenzia. L'uomo abbandonò la bimba nel suo lettino.

«Sarò sempre con te, Ginevra» lasciò solo un sorriso, una lacrima, una frase. Poi svanì, diventando un'ombra.

Tutto intorno a me diventò scuro. I miei occhi erano sgranati per la sorpresa, mentre la sua voce si addolciva sulle ultime parole. Si passò una mano tra i capelli bianchi prima di dire il mio nome, prima di concludere la mia storia, ed allontanarsi da me. Allora, ogni pezzo andava al suo posto, incastrandosi alla perfezione. In quel momento capivo tutto: l'emarginazione, il ritrovamento, l'odio degli altri Guardiani, la tenerezza della Lion, il mio legame con Obscurity, le mie visioni.

Qualcuno, qualcosa stava cercando di riportarmi alla verità, di farmi scoprire il passato.

E davanti ai miei occhi avevo mio padre, la mia pazzia, il mio odio verso l'ASG.

Ma perché lasciare che divenissi Guardiana? Forse per tenermi sotto controllo, per tenermi legata a quel mondo, per potermici riportare un giorno? Ma io lo volevo davvero? Le prove che avevo di fronte ora cambiavano tutto, mostravano una nuova prospettiva dei fatti, un'angolazione che non avevo mai considerato.

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